Ritorna la spada di Conan il conquistatore

Ritorna la spada di Conan il conquistatore In due antologie la saga completa di un protagonista della fantasia eroica letteraria e fumettistica Ritorna la spada di Conan il conquistatore In antiche città, fra tigri, serpenti e piovre demoniache 11 UOMO si accigliò e si lanj ciò uno sguardo alle spai- V I le. Nonostante la corporaI i tura massiccia e muscolo MA I sa, si muoveva con l'agile sicurezza di un leopardo. Portava solo uno straccio attorno ai fianchi e aveva gambe e braccia tutte graffiate dai rovi e incrostate di fango secco. Una benda macchiata di sangue era legata attorno al muscoloso braccio sinistro. Sotto la chioma nera, il volto era sparuto e teso. E gli occhi ardevano come quelli di un lupo ferito». E' Conan, l'eroe barbaro della «fantasia eroica» che torna con il suo volto nelle storie scritte del suo autore, Robert Ervin Howard (1906-1936) che in vita pubblicò un solo romanzo di Conan, quello in cui ò detto «il conquistatore». Si deve a due altri scrittori amanti del genere, Lin Carter e Lyon Sprague de Camp, l'aver messo ordine nella produzione di Howard e nelle avventure del suo inimitabile eroe. Conan è, di avventura in avventura, detto appunto «il conquistatore», ma poi «l'avventuriero», «lo zingaro». Gigantesco barbaro della Cimmeria, nato su un campo di battaglia e reso schiavo dagli Hyperboreani, diventa gladiatore, ladro spericolato, mercenario, pirata, generale, re, e — siccome: «male riposa testa coronata» — si ricomincia daccapo. Conan ò anche dittatore del genere letterario e fumettistico che non conosce tramonto: la «fantasia eroica». Scrive in proposito Sprague De Camp: «Genere di storia del sovrannaturale ambientata in un mondo immaginario (che può essere su questo pianeta — in qualche passato remoto fittizio o nel lontano futuro — sia un altro mondo o un'altra dimensione) dove opera la magìa, dove tutti gli uomini sono forti e coraggiosi, tutte le donne bellissime, tutti i problemi semplici e la vita è un susseguirsi di avventure. Questo tipo di narrativa, iniziato con William Morris alla fine dell'Ottocento, proseguì con Lord Dunsany ed Eric R. Addison all'inizio del '900: Howard, scrivendo agli inizi degli Anni 30, fu uno degli autori che contribuirono maggiormente a conferirgli la sua attuale fisionomia». Con un'abile mossa editoriale, l'Editrice Nord (nota per l'eccezionale esperienza nel campo della fantascienza e per l'abilità nel fornire ottime traduzioni a prezzi abbordabili), ha rimandato Conan tra le sue pagine leggendarie. E così pubblica due antologie che saranno le strenneprincipe di finn anno dov'è racolta la saga completa di Conan: «Seguendo fedelmente il corpus originario delle avventure scritte da Howard, sottoposte al paziente e appassionante lavoro di ordinamento, revisione e integrazione di L. Sprague De Camp e Lin Carter e culminato nella storica edizione americana Lancer». Scrisse H. P. Lovecraft, maestro del nero: «Howard fu l'insuperato maestro nella descrizione di colossali città megalitiche della più remota antichità: nei loro cupi torrioni e nei meandri dei loro sotterranei aleggia una genuina atmosfera di negromanzie e di terrori preumani che nessun altro scrittore seppe uguagliare». Eppure Conan non può prescindere dalla maschera cinematografica che gli ha imposto Arnold Schwarzenegger che, per fortuna, non ne ha fatto il supernonno di Rambo: «Non farei mai la parte di Ercole — dice spiegandosi con una parabola — perché è un personaggio unidimensionale che spacca templi e colonne, ma non è un vero essere umano con cui la gente possa simpatizzare. Non si può simpatizzare con un eroe che non è vulnerabile. Va bene per i bambini... Io andavo a vederli questi film, ma a mio padre non piacevano. La gente ha bisogno di schierarsi dalla parte di un personaggio e non solo vedere un uomo che fa sfoggio della sua forza fisica». Robert E. Howard per certi versi somiglia a Emilio Salgari. Questi si inventò tutti i suoi eroi senza mai muoversi dal corso Casale a Torino, l'altro demonizzò la sua fantasia imprigionandosi per la maggior parte della sua vita a Cross Plains, un villaggio di 1500 abitanti dove si era trasferito il padre medico condotto. Ebbe pochi contatti con il mondo degli editori e degli scrittori, ma non si vide mai rifiutare un'opera. Talvolta descriveva troppo, ma per via del fatto che all'epoca gli scrittori venivano pagati un tanto a parola. Si deve più a Sprague De Camp che non a Lin Carter (definito da Manlio Bonati: «Uno scrittore lento ed imitativo, di serie C, per nulla avvincente») se Howard ci viene restituito «ripulito», nella sua prosa incalzante, priva delle lungaggini per così dire «economiche». Riccardo Valla, torinese, massimo esperto editoriale del genere, primo traduttore delle avventure di Conan (sempre per l'Editrice Nord, negli Anni 70), di Howard ci dice: «Beh, Lin Carter scrive di tutto, mentre il compare De Camp è ragionevole e rimane freddo: il suo eroe è quello che ha avventure dissennate in mondi improponibili, ma alla fin fine sta meglio a casa». Difficile, impossibile capire perché nessuno è riuscito a superare il naif Salgari (neanche scaltri epigoni come Luigi Motta), così come Tarzan resta il marchio di Edgar Rice Bourroghs (che pure scrisse pregevoli avventure di John Carter di Marte) e al contrario l'ottimo Kull di Valusia o il metafisico Salomon Kane dello stesso Howard, siano stati a petto di Conan, misconosciuti. Si domanda Valla con sarcasmo: «E allora perché Ettore Fieramosca no, mentre i tre moschettieri sì? Forse Dumas era meglio di D'Azeglio?». Non è un caso se, nell'introduzione di Kull di Valusia (del 1975) a proposito di Salmomon Kane — un rinsecchito quacchero, «pallido in viso anche dopo mesi di Africa nera», senza gioielli e fronzoli, un taciturno che fa giustizia in nome di Dio — egli scrive: «Forse Howard deve aver letto molto in gioventù e ne ebbe l'idea leggendo Vent'anni dopo di Dumas, in cui uno dei personaggi, il figlio di Milady, è molto simile». «Howard era pazzo — dice con entusiasmo Riccardo Valla —. Nel suo tempo la fantascienza così come la concepiamo oggi, era praticamente inesistente. E non c'era niente o quasi del genere fantasy. E lui con vitalità, immetiatezza da selvaggio, da naif autentico, scriveva qualsiasi cosa, senza preoccuparsi... Sempre in bilico tra il vivere ragionando o vivere seguendo l'istinto primordiale... Howard tifava per le istituzioni, ma scriveva il contrario». Gli fa eco John D. Clarck, il primo antologista di Howard: «Faceva man bassa di tutto ciò che più gli piaceva, prendendo gli aspetti più spettacolari di ogni epoca e ogni Paese: armi di ogni terra, classi e costumi di tutto il mondo antico e medioevale... Poi aggiunse una buona manciata di sovrannaturale per dare un po' di gusto alla cosa, e ottenne un universo dalle forti tinte: rosso, cremisi, oro, dove si può trovare di tutto fuorché la noia». Conan il barbaro. Con poche pelli addosso e una spada. Con qualche borchia ridondante e un elmo cornuto e un'ascia in pugno. O con gli stivali, i bracciali e la lama di un re. Una bajadera chiapputa da difendere. Una tigre preistorica o un mago, uno zombie di gran casata da annientare. Sempre con: «Gli occhi che ardono come quelli di un lupo ferito». Si tramanda anche nei bar di tutto il mondo, in quei videogiochetti dove porta un altro nome magari, ma le stigmate dei bicipiti e i nemici sono quelli di sempre: serpenti, scimmie, piovre demoniache e ancora femmine senza età che portano sempre alla perdizione, fuochi fatui eppur corposi, eppur senza immagine. Conan, il muscoloso barbaro che si spiega attraverso Frank Frazetta, pittore, in una pagina probabilmente decisiva per l'arte americana. Il muscoloso come nuova frontiera dell'immaginazione (partorirà il Rambo cinematografico, ahimè!, assai dissimile dall'unico romanzo che lo generò). «Siamo bravi anche senza le pistole da estrarre fulmineamente!», ma soprattutto in quello della virtù. Nel '78, Giancarlo Del Re scriveva: «Michelangelo fu scultore e pittore; Frazetta è pittore di figure che nell'ardimento, nell'orrore, nella lascivia, nella bestialità, sono soprattutto scultore; non solo, ma al contrario di Michelangelo che fu riottoso nel cimentarsi nell'affresco della Cappella Sistina, Frazetta ammette l'intenzione di farsi scultore». Nel tracciare l'unico profilo che si possa oggi leggere in Italia a proposito del genio di Frank Frazetta (rivista Gulliver, febbraio del '78), Del Re ha un momento cinico eppur necessario, che riflette il punto di vista di coloro che non amano la «fantasy» pur riconoscendogli effetti grandiosi: «Altro energumeno letterario al quale la matita e i pennelli di Frazetta conferirono la terribilità desiderata dal pubblico, fu Conan il cimméro, un barbaro dalle inclinazioni mistiche uscito dalla fosca immaginazione di Howard che si suicidò a trent'anni lasciando una serie di romanzi di fantastorie e di fantascienza, i quali sono ancora per Frazetta insostituibili livres de chevet». Puntualizzato il tragico destino dello scrittore che finora era stato taciuto, restano le sue suggestioni che coinvolgono John Milius, regista del primo film di Conan con Schwarzenegger: «Io credo che tutte le qualità che abbiamo derivano dalla forza, e Conan è la poesia della forza allo stato puro. Ma è anche un uomo complesso, sensibile, introverso, vigoroso come una quercia e fragile come un bambino. E' il trionfo di quella parte di cultura pagana che ancora vive con noi». Pretende Schwarzenegger più da plurilaureato che da copiose elezioni a mister muscolo universale: «Io sono Conan: perché io sono conosciuto nel mondo per la mia forza e il mio fisico, ma soprattutto per l'intelligenza, la volontà e la determinazione». «Conan nei fumetti degli Anni Trenta era Primo Camera — ironizza il Valla — e sempre nei fumetti, secondo Barry era quasi effeminato (curiosamente le copertine delle due antologie della Nora, ce lo restituiscono risoluto, ma tutt'altro che brutale o virilissimo, n.d.r.), per Buscema senz'altro più umanamente travolgente di tutti. Per Frazetta erano due occhi neri e spaventevoli su una maschera bianca. Schwarzenegger è senz'altro Conan. ma quello senza espressione, quello che subisce e reagisce d'istinto: gli occhi e il senso degli avvenimenti sempre altrove, oltre la sua dolorosa sorpresa». Per l'esperto, non ci sono possibili epigoni di Conan: «Dovessi dire: Indiana Jones», conclude. Ma le case editrici vanno oltre. La strenna editoriale di Arnold Schwarzenegger, edita da Sperling & Kupfer, sta uscendo in libreria con qualche anno di ritardo sulle prolifiche edizioni americane e si intitola: «Bodybuilding al femminile» ovvero: «Per le donne: un programma per sviluppare armonicamente il fisico e mantenerlo in perfette condizioni di efficienza». Intanto che rivisitiamo Conan, così com'era stato scritto, già si affaccia nel nostro futuro di barbari da reinventare l'epigono femminile. E' Red Sonja. Che nei fumetti ha già incontrato, sedotto e sopraffatto due eroi di Howard: il quacchero Salomon Kane e Kull, l'eroe di Atlantide, ma che per quanto riguarda Conan deve vedersela prima con l'ultima innamorata, la bella piratessa Belit... Ma niente è certo nelle fantasie di Howard. Conan è l'unica certezza: «L'unica realtà sensata in una scena d'incubo, follia e morte, dominata dalla mostruosa ombra vagamente umana che protendeva le sue braccia orrende sullo sfondo di un sinistro bagliore infernale». Emk> Donaggio Conan lo zingaro fu inventato da R. E. Howard, che si uccise a trent'anni nel '36. Gigantesco barbaro della Cimmeria, nato su un campo di battaglia e reso schiavo, diventa gladiatore, ladro spericolato, mercenario, pirata. E' da anni tra i re dei fumetti. Ora un editore ripubblica le pagine letterarie in cui vide la luce Il «conquistatore» a cavallo sulla copertina di «Il regno di Conan», appena pubblicato Un'illustrazione da «La leggenda di Conan», uno dei due volumi usciti dall'Editrice Nord Muscoli, stivali, bracciali e una bella da difendere: una classica immagine di Conan, eroe barbaro della fantasia eroica

Luoghi citati: Africa, Italia, Lin Carter, Sprague De Camp, Torino