Così Parigi incorona David

Così Parigi incorona David Successo della grande retrospettiva allestita al Louvre e a Versailles Così Parigi incorona David //pittore della Rivoluzione e dell'Impero Taf] PARIGI M EL 1863 i fratelli Gon■ court scrivevano nel loro 1 Journal a proposito della è, 11 grande tela con l'Incoronazione oggi al Louvre dipinta nel 1805-7 da David per Napoleone: «Non, le plus mauvais peintre de foire n'a jamais fait de la peinture plus grotesque et plus bète» («No, il peggiore pittore da fiera non ha mai fatto pittura più grottesca e bestiale»). Era soltanto una delle spietate critiche che colpivano l'artista parigino morto nel 1825 a 77 anni in esilio a Bruxelles. Anche durante la vita, nonostante momenti di celebrità, si era scontrato con un pubblico duro, giornalisti ed intellettuali capaci di trovare difetti in ogni dipinto. Dopo la morte la famiglia deve svenderne le opere o te- ' nerle in casa tra l'indifferenza generale. Più fortuna hanno i disegni e i ritratti finiti, ma quelli non finiti, molti e bellissimi, sono svalutati come lo splendido Madame Trudaine (Louvre) venduto per 40 franchi nel 1835. Le grandi composizioni storiche sostano a lungo dimenticate negli ateliers dell'artista, solo più tardi acquistate a minor prezzo dalle istituzioni pubbliche. In questa sfortuna, durata sino al nostro secolo, hanno giocato le invidie dei contemporanei, il ruolo politico importante di David durante la Rivoluzione e l'Impero, la difficoltà di comprenderne l'atteggiamento non sempre chiaro. Oggi l'ampia retrospettiva, che riunisce eccezionalmente tra il Louvre e il museo del castello di Versailles, 84 dipinti e 165 disegni provenienti da 14 Paesi, accompagnata da un ponderoso e documentato catalogo (ed. de la Réunion de musées nationaux, pp. 654) permette di rivalutare l'artista al di là del suo ruolo politico. «Padre della pittura moderna» come lo aveva definito Delacroix, maestro di puristi e romantici sino al realismo storico, è un ambizioso interprete del suo tempo attraverso forme attinte dall'antichità, un lavoratore accanito ed esigente, che elabora progetti con centinaia di disegni, ed anche, naturalmente, il regista per immagini delle battaglie repubblicane e dei fasti napoleonici. Al Louvre, nelle sale della galerie Molhen, 6 sezioni cronologiche ci portano, tra disegni e dipinti, dalla giovinezza all'esilio, integrate dalle gigantesche tele esposte a Versailles (Giuramento della Pallacorda 1790, replica dell'incoronazione 1808-22, La distribuzione delle aquile 1810, e disegni preparatori). Incontriamo ad apertura le prime opere della fine del 1760, inizi '70, una accesa tela con Giove e Antiope, del museo di Sens, i ritratti dello zio e della zia Buron, eleganti e pingui borghesi, i pezzi per i concorsi del Grand Prix de Rome [Il combattimento di Minerva contro Marte, del 1771, La morte di Seneca del 1773, Antioco e Stratonice, del 1774, tutti da collezioni parigine), schizzi preparatori e studi. Vivaci, pittoreschi, enfatici, rivelano l'impronta del pittore Boucher (parente dell'artista), conoscenze di Carle Van Loo e Fragonard. Sono le scelte del primo David iscritto nel 1766 all'Accademia Reale ai corsi del più classico Vien. ^Antioco e Stratonice, un bel dipinto un po' più calmo, gli vale il Grand Prix, che lo porta a Roma, all'Accademia di Francia, dal 1775 all'80. David in Italia disegna i grandi maestri del '500 e '600 e gli antichi rilievi visti in Vaticano e nelle collezioni private, come dimostrano i numerosi fogli di taccuino «da Guercino, Veronese, Reni, Raffaello, Daniele da Volterra», accompagnati da invenzioni personali e poetici paesaggi ispirati a Lorrain e Poussin. Il Combattimento di Diomede, il primo disegno di grandi dimensioni del 1776 e lo schizzo dipinto due anni dopo con i Funerali di Patroclo, preannunciano nelle fantastiche e complesse visioni il pittore di storia. E' un grosso tirocinio, gli effetti si sentono nei dipinti della fine del 1770. Le due grandi Accademie di nudo, dette «Ettore» e «Patroclo», di Montpellier e Cherbourg, il filosofo barbuto di Bayeu, il tragico e caldo S. Girolamo di Quebec — accostati in una sala — dicono in che misura l'artista, già di altissimo livello, interpreti Caravaggio, Reni, Guercino. Al rococò francese — le «traces frangaises» tanto odiate — si è sostituito il classico, venato dalla luce inquieta del '600. Il S. Rocco e gli appestati di Marsiglia, del 1779-80, destinato alla cappella del lazzaretto di quella città, è un quadro drammatico, forte. Impone ad un vecchio soggetto un nuovo schema e anticipa nell'appestato in primo piano, Gros e Géricault. Vediamo quel volto intenso, che il pittore aveva dipinto più volte a Roma, battendo alle porte del maestro Vien — anche lui là come direttore dell'Accademia francese — per chiedere consigli, anche in una splendida replica disegnata durante il ritorno in Francia. Conclude il soggiorno italiano il Ritratto del conte Potocki a cavallo (Varsavia), finito a Parigi, criticato o amato, ma di indubbio fascino nell'interpretazione di Van Dick e Rubens, negli accordi di colore e nello sfondo nudo con quelle colonne doriche, che preludono agli Grazi e al Bruto. Poi, il ritorno nel 1781 a Parigi e la nascita di capolavori, i primi «neoclassici» della storia francese ed europea. Belisario che domanda l'elemosina (Lille) e il Dolore di Andromaca (Parigi) sono grosse novità: silenziosi scenari archeologici, in cui i personaggi rivestiti di costumi antichi, dialogano in un'amosfera densa di significati morali. Sulla stessa linea, ma ancor più austeri ed essenziali, i quadri storici per Luigi XVI, il Giuramento degli Grazi, dipinto a Roma nel 1785 per respirare l'aria giusta e i Littori portano a Bruto i corpi dei figli, finito nel 1789 in piena presa di Bastiglia. La teatralità e il rigore di spazi e gesti, l'accentuata «pietas» repubblicana, li trasformano in simboli dei tempi nuovi e aprono la strada all'impresa giacobina della Pallacorda. La rivoluzione è in atto, comincia per David la grande avventura politica. Nel 1790 abbandona l'Accademia, nel 1792 si schiera con i rivoluzionari ed è eletto deputato alla Convenzione, nel 1794 è imprigionato al Luxembourg. La mostra ne segna le princi¬ pali tappe artistiche: a Versailles possiamo ammirare ciò che rimane della grandiosa tela abbozzata con il Giuramento della Pallacorda, del 1790 (celebra il giuramento dei deputati del Terzo Stato del 20 giugno 1789); un enorme frammento, il bozzetto e la massa di studi preparatori, che rivelano il ricorso a Michelangelo, Raffaello e l'antico per immortalare la complessa scena d'attualità. E poi i sette, fantasiosi, progetti ad acquerello per la riforma dei costumi ordinatigli nel 1796 dal Comitato di Salute Pubblica. Al Louvre, sfilano i «martiri» della rivoluzione: il famoso Marat (Bruxelles) del 1793, l'«ami du peuple» ripreso su un fondo nudo come un cristo del Caravaggio, il tredicenne eroe di Vandea Bara (Avignone), trasformato in un delicato nudo classico, VAutoritratto, deciso e un po' stravolto, con la tavolozza in mano, il giorno dell'arresto «9 Termidoro» 1794 all'Hotel des Fermes, quando aveva voluto uno specchio per ritrarsi: inguaribile mania di artista. Insomma, siamo in piena atmosfera giacobina. Il 26 ottobre 1795 David è liberato. Ad affascinarlo, poco dopo, è Napoleone, celebrato in grandi tele o nei ritratti. Ecco il giovane generale repubblicano, sguardo imperioso, nell'abbozzo del 1797 (Louvre), con tutto il fascino del non-finito o l'«eroe» che valica il S. Bernardo (Malmaison), con quel vibrante cavallo al galoppo, o ancora il «legislatore», in piedi dopo una notte insonne (Washington), ordinato da un committente scozzese e dipinto nel 1812. Una parata ufficiale, degna del Primo pittore dell'Imperatore, come questa famosa Incoronazione, che occupa un'intera parete. David vi aveva assistito da un palco come cronista e, per dipingere gli oltre cento personaggi, li aveva fatti passare nel suo atelier nella vecchia chiesa di Cluny. Dopo tanti quadri celebrativi, doveva essere un sollievo anche per il pittore dedicarsi agli amati soggetti storici. Le Sabine del 1795-7, dipinto senza committenti, e Leonida alle Termopili del 1814, concepiti come pendants, ed ora vicini, con i loro complicati intrecci di nudi e l'organizzazione scenica da bassorilievo antico, arrivano a risultati sorprendenti. Densi di messaggi patriottici e insieme di riferimenti a Reni, Poussin, Raffaello, sono già intrisi di quell'ambiguo erotismo che caratterizza l'ultima fase. Proprio come quell'intellettualistico Saffo e Amore, del 1809, arrivato da Leningrado. Una stagione, quella dell'esilio, a Bruxelles (1816-25), discussa ma certamente affascinante con i suoi colori esaltanti e brillanti e «nel gusto semplice ed energico dell'antica Grecia» per dirla con David. Lo dimostrano, a chiusura, alcune feschissime tele, «puliste» e «nazarene», come Telemaco e Eucharis (Malibù) del 1818, Vira di Achille del 1819 (Forth Worth). E l'audacissimo, ancora una volta rivoluzionario, Marte disarmato da Venere (Bruxelles), dove in un immaginario Olimpo, sospeso tra le nuvole, di fronte ad un arco trionfale giocano gli dei: reale e ideale si mescolano in un ambiguo miscuglio. E' l'ultimo quadro, David ha quasi 80 anni. Maurizia Tazartes Sopra, l'autoritratto di Louis David conservato a Parigi al Museo del Louvre ,'. r>j; Zf'UX ..." Qui sotto, «Ritratto di Madame Pastoret» dipinto da David nel 1792 (Chicago, Are Institute) Jacques-Louis David: «Accademia di nudo (Patroclo)», 1780, conservato a Cherbourg, Museo Thomas Henry, ed attualmente esposto a Parigi al Museo del Louvre