In Nepal l'ultima sfida
In Nepal l'ultima sfida Carlo Stratta abbandona la sua carriera di alpinista In Nepal l'ultima sfida Una nuova via sull'Island Peak Carlo Stratta, di San Maurizio Canavese, uno dei più forti arrampicatori italiani, ha chiuso volontariamente a 40 anni la sua carriera di alpinista estremo, dopo aver aperto una nuova durissima via di ghiaccio in Nepal, nella zona del Khumbu in Himalaya, sull'Island Peak; una cima di 6189 metri, posta di fronte ai colossi del Lothse (dove ha perso la vita di recente il polacco Kukuczka) e l'Ama Dablam. E' finito il rischio, ma non l'attività alpinistica «normale». Stratta ha compiuto l'ultima impresa con lo sherpa Dawa Lama, amico e compagno di altre prime negli anni passati. La via, con un dislivello di 1500 metri sul seracco Sud-Ovest, è stata classificata Td inferiore con passaggi Ed, ed è stata superata in sette ore di piolettraction, da mezzanotte alle sette del mattino. E' stata anche la prima traversata integrale dell'Island Peak, su una cresta esile, lunghissima. Il pericolo maggiore, paradossalmente, non è stato in pa¬ rete, ma all'uscita in vetta, con un vento terrificante che ha raggiunto i 150 chilometri orari, e con temperature di 40 gradi sottozero. I due alpinisti hanno battuto di un giorno una spedizione giapponese che intendeva aprire la stessa via. Per non perdere l'occasione Stratta e Dawa hanno rinunciato all'acclimatamento di alcuni giorni indispensabile per non correre rischi. «Ho deciso di rinunciare all'alpinismo estremo — ha detto Stratta al ritorno — non nel momento di maggiori difficoltà, ma quando siamo tornati a valle e il leader della spedizione giapponese che era stato a guardarci salire tutta la notte dal campo base, mi ha detto "sei forte ma sei stato anche fortunato". Ed è vero. A certi livelli sono tanti i fattori imponderabili che possono intervenire; un malore lieve, un attimo di torpore, un rampone che si slaccia». Ha aggiunto: «Basta niente e a casa non si torna. E poi mi sembra anche bello smettere dopo aver fatto quella via, esteticamente straordinaria. Sarà senza rimpianti». La «prima» (ultima di 35 salire estreme della carriera di Stratta in Europa e in Himalaya) è nata in modo curioso. Stratta era partito per il Nepal soprattutto per fare un reportage sul paese (è un ottimo fotografo) sponsorizzato da Invicta, Lufthansa, Bausano e Robe di Kappa. Senonché arrivato a Katmandù l'amico Dawa Lama gli dice che ha appena rilevato un alberghetto nella regione del Khumbu e gli piacerebbe fare una grande ascensione lì vicino per valorizzare la zona. «Come al principio del secolo da noi — dice Stratta — quando le ascensioni sul Bianco servivano al turismo di Courmayeur». Piano piano infatti anche il Nepal cambia, gli sherpa diventano professionisti della montagna e nascono nelle valli, un tempo solo di agricoltura povera, piccoli lodge, posti di ristoro, locande. «Siamo partiti con Dawa, alcuni suoi fratelli e cognati, degli yak per i bagagli e ci chiamavano the family expedition. Una bella combriccola». Dawa Lama aveva già fatto la via normale dell'Island Peak con dei californiani e teneva molto alla nuova via già adocchiata dagli alpinisti del sol levante. A Khala Pattar — zona tradizionale di acclimatamento, in vista del campo base del'Everest — il gruppetto di Stratta incrocia i giapponesi che stanno arrivando. Di qui la decisione di salire subito. Una notte durissima, poi la vittoria. [r. se] L'alpinista Carlo Stratta
Luoghi citati: Courmayeur, Europa, Invicta, Khala, Lufthansa, Nepal, San Maurizio Canavese
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