Da Mosca via libera

Da Mosca via libera Da Mosca via libera «Anche il pcus cambierà nome» ROMA DALLA REDAZIONE Da Gorbaciov arriva ad Achille Occhetto un cauto segnale di apertura. In un'intervista rilasciata all'Agenzia Italia, l'ambasciatore sovietico in Italia Nikolaj Lunkov sostiene infatti che «bisogna aspettare, ma si tratta certemente di un processo molto importante», quello che è in corso nel partito comunista italiano. In compenso, Lunkov sostiene di non essere d'accordo con quanto è stato scritto in questi giorni dalla stampa italiana sugli avvenimenti dell'Est: «Non si tratta affatto del crollo del socialismo, al contrario si può e si deve parlare di crollo della degenerazione del socialismo, delle deviazioni del socialismo. E noi siamo per il socialismo genuino, autentico, come dimostra la perestrojka di Gorbaciov». Sul travaglio che agita il pei, Lunkov incoraggia, sia pure con la cautela del diplomatico, la linea di Achille Occhetto: «Per esprimersi sul processo in corso — dice l'ambasciatore — occorre aspettare e noi stiamo osservando lo sviluppo della discussione: sembra si tratti di un processo di rinnovamento, il che è del tutto naturale. Ma sugli esiti di questo processo è chiaro che possono decidere soltanto i membri e i dirigenti del partito comunista italiano. Il nostro compito, il mio compito è solo quello di osservare, osservare seriamente, senza formulare giudizi». Il pei sembra disposto a cambiare nome: e il partito comunista sovietico? «Sono d'accordo con coloro che affermano che la cosa importante non è il nome, ma la politica di un partito — dice ancora l'ambasciatore Lunkov —. E poi ogni Paese e ogni partito deve considerare gli sviluppi, prendendo in considerazione tutti gli eventi. In ogni Paese gli approcci sono diversi? Si tratta in ogni caso di un processo importante». Se Lunkov è cauto sulla clamorosa ipotesi di un cambio di nome del pcus, molto più possibilista dell'ambasciatore è invece Alexandr Zipko, vice direttore dell'Istituto per l'economia del sistema del socialismo mondiale, il centro di ricerca dell'Accademia delle Scienze che prepara i dossier destinati al comitato centrale del partito comunista sovietico. «Mi rendo conto che può essere doloroso per molti militanti — dice Zipko in un'intervista all'Espresso che comparirà in edicola domani — ma la scelta prima o poi sarà inevitabile: il nome comunista va cambiato. E credo che anche nel pcus dovrà aprirsi questa discussione». Zipko spiega che su questo argomento un dibattito è già aperto, anche se non ancora pubblicamente: «Si stanno scontrando opinioni diverse. Quando se ne discuterà, e mi auguro che sarà presto, la mia proposta sarà di ridare al pcus il suo vecchio nome di partito socialdemocratico. Se il pcus cambierà nome, vorrà dire che si dà un'identità concreta al nuovo che ci stiamo sforzando di far nascere». Alexandr Zipko sostiene tra l'altro che «con Berlinguer i comunisti italiani erano andati più avanti di tutti sulla strada del rinnovamento, proprio nel campo dei contenuti; che adesso vogliano cambiare nome, mi sembra una conseguenza logica, un modo per essere più aderenti alla loro realtà».

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