Per battere la mafia digiuno a pane e acqua di A. R.

Per battere la mafia digiuno a pane e acqua Agrigento, appello del vescovo ai sacerdoti Per battere la mafia digiuno a pane e acqua AGRIGENTO. «Contro la mafia un digiuno a pane e acqua, preghiere e suppliche, memori del comandamento del Signore: Chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto». Questa l'esortazione del vescovo di Agrigento, Carmelo Ferraro, ai sacerdoti della sua diocesi. Nella sua lettera al Presbiterio il monsignore rileva con amarezza che «la paura fa chiudere le porte del cuore. Uomini ridotti a carne da macello vengono assassinati con ferocia bestiale, c'è una cultura pagana prepotente, maledetta, segno di disumanità, per cui teorie aberranti fondate sull'onore penetrano nel cuore e conducono nelle regioni dell'ombra e della morte, travolgendo in una tragedia sempre più vasta le famiglie e le comunità cristiane». Come uscire da questo spargimento di sangue che in Sicilia causa più di 400 omicidi l'anno? Il vescovo afferma che «per liberarci di questo segno di Satana» è il caso di digiunare con pane e acqua come s'imponeva un tempo ai carcerati che si erano ribellati e come si autopunivano i peccatori. Il vescovo enumera i paesi della diocesi maggiormente esposti al rischio della mafia e osserva che la popolazione vi ha «assistito alla prevaricazione violenta sul dono intangibile della vita». Vi sono Palma di Montechiaro, teatro di un'interminabile faida mafiosa, 22 mila abitanti, cittadina poverissima; Canicattì, 30 mila abitanti, che invece per la eccezionale espansione dei vigneti che producono l'uva Italia è una sorta di Eldorado economico ma non certo sociale; Favara, Camastra, Naro, Campobello di Licata, Ribera, Raffadali, Montallegro, Realmonte, Siculiana, Bivona, Calamonaci, Burgio, insomma quasi tutta ia provincia, [a. r.]

Persone citate: Carmelo Ferraro