Il capostazione:ho cercato di fermarlo di Pierangelo Sapegno

Il capostazione: ho cercato di fermarlo Lo scontro ferroviario a Crotone: dalle indagini emerge l'intreccio di errori umani e carenze tecniche Il capostazione: ho cercato di fermarlo L'ultima parola al macchinista Il vescovo: quei morti sono martiri CROTONE DAL NOSTRO INVIATO Dietro l'altare, seduto sullo scranno, piange da solo un chierichetto. Il vescovo, i preti, lo strazio dei parenti. E le dodici bare allineate lungo la navata. Fuori, nella piazza, il lungo silenzio è rotto dal brusìo. Gli studenti issano un cartello: «Inutili i falsi telegrammi di cordoglio. Indispensabili binari doppi. Stop». Racconta Ferdinando che «l'altro cartello l'hanno portato via quelli della polizia prima che cominciasse la funzione». C'era scritto: «Caro Schimberni, non prenda voli speciali, ma usi i nostri rami secchi». Lontano dalla basilica, all'ingresso di Crotone, dove il nuovo cavalcavia corre sopra la ferrovia, le lamiere bruciacchiate e le motrici e i vagoni dilaniati non ingombrano più la massicciata. Si ritorna alla normalità, lentamente. E ancora più lontano, all'ospedale di Catanzaro, un ufficiale giudiziario veglia Pasquale Fiora, macchinista, 40 anni, la testa tutta bendata: solo lui adesso può raccontare la verità sulla tragedia di giovedì, quando due treni sono stati lanciati uno contro l'altro sull'unico binario, come una bomba. Ieri, il locale 8437 ha ripreso servizio da Cariati a Catanzaro, e anche il diretto CatanzaroTaranto. Erano le 11,36, quan¬ do è passato l'Espresso proveniente da Bari, il primo treno che ha stantuffato lentamente su quell'unico binario, al km 237, davanti alla folla di curiosi, alle gru dei vigili del fuoco e ai carabinieri, e nella stazione ammutolita. Lì, giovedì alle 13,20, i due convogli squassati dall'urto hanno lasciato 12 morti e 34 feriti. Viaggiavano tutt'e due a 100 km all'ora, forse addirittura 110, hanno stabilito le prime perizie. Quei morti, allineati con cura davanti all'altare, lasciano adesso altri strascichi, nuovi veleni. Non ci sono soltanto le tre inchieste — una della Procura, l'altra delle Ferrovie e l'ultima del ministero dei Trasporti —, aperte per accertare la verità sulla sciagura. Un altro processo è già cominciato. Pino Vrenna, sindaco di Crotone, tuona: «Si tratta senza dubbio di un pluriomicidio colposo dovuto alla indifferenza di quanti parlano del Mezzogiorno, e della Calabria in particolare, come se si trattasse di una colonia». E dal pulpito, nella Chiesa affollata, monsignor Giuseppe Agostino, arcivescovo di Crotone, figlio di ferrovieri, lancia un monito: «Li possiamo considerare dei martiri, questi dodici poveretti, cioè testimoni del bisogno di strutture più adeguate in una terra che non vuole solo parole, che non vuole apparire vestita di nuovo in un corpo vecchio. Essi dicono a tutti, e in particolare alle autorità responsabili, di non disattendere questo bisogno». Gli fa eco Rosario Olivo, presidente della giunta regionale: «E' innegabile che ci si trova davanti a una realtà dove sembra che il tempo si sia fermato. Qui si pongono seri problemi di ammodernamento delle Ferrovie in Calabria, dal raddoppio delle linee alla elettrificazione. Per questo abbiamo chiesto un in¬ contro urgente con la direzione delle Fs a Roma». Certo è che, a scorrere bene i numeri e i dati resi noti dall'Ente Ferrovie, non è solo la Calabria a soffrire di questi ritardi. Così, si può scoprire che in Italia i treni corrono lungo 16 mila chilometri di strada ferrata e che la maggior parte, addirittura diecimila, sono a binario unico. Nel Sud, questi scompensi sono ancora più esasperanti. Un esempio: in Euro- pa le merci sono trasportate su ferrovia per il trentadue per cento, in Italia per l'undici, in Meridione solo per il quattro. E quell'unico binario che da Crotone porta a Capo Rizzuto, nel tratto dov'è avvenuto l'incidente, è stato costruito all'inizio del secolo e mai più ammodernato. Giovedì, prima dello scontro terribile, l'impianto elettronico era stato disattivato. In questo caso, spiega Elio Costa, il procuratore capo che coordina le indagini, si ricorre ai vecchi metodi. Telefonate e permessi scritti, poi paletta e fischietto per poter partire. Francesco Nocito, il capostazione di Crotone, giura di non averlo mai dato quel permesso. L'ha raccontato al magistrato, l'ha ripetuto davanti alla commissione. Se è vero, se lui non ha dato il via, allora la colpa è del macchinista sulla motrice in testa al treno proveniente da Cariati. Lui, Francesco Nocito, giura che è la verità: «Il treno s'è mosso, lentamente. Mi ha avvisato un collega vicino: guarda, che fa?, quello parte. M'è preso un colpo. Mi sono messo a correre, a gridare: fermati, fermati. Musacchio, un manovratore, ha fischiato, l'abbiamo rincorso tutt'e due. Niente da fare. Allora ho telefonato a Capo Rizzuto, sperando che l'altro treno non fosse ancora partito. E invece se n'era già andato. Sono uscito, ho preso la macchina, una corsa folle per inseguirlo: sono passato con il rosso, ho guidato a tavoletta. Non ho sentito rumori, nessun boato. Ho visto soltanto del fumo, da lontano. Saliva, saliva in cielo, lo vedevo sempre più vicino, e m'è sparito il cuore, dentro. Ma ehe potevo fare di più?». Ma sarà tutto vero? Il giudice, per ora, gli crede. Otto testimoni ripeterebbero questo racconto. Ma per l'ultima parola, non resta che aspettare il testimone più importante. Pasquale Fiora, aiuto macchinista, è ancora al'ospedale in prognosi riservata. L'hanno operato al cervello, le sue condizioni migliorano, dicono i medici dell'ospedale di Catanzaro. Lui ha visto se il capostazione s'è messo o no il berretto in testa e ha alzato la paletta verde, come vuole il vecchio regolamento. Pierangelo Sapegno I parenti di una delle vittime davanti alla bara II funerale è stato celebrato nella cattedrale di Crotone