«Il futuro tedesco è cosa nostra» di Alfredo Venturi

«Il futuro tedesco è cosa nostra» Kohl replica a Gorbaciov e cavalca la tigre dell'unità, duro scontro al Bundestag «Il futuro tedesco è cosa nostra» «Il comunismo è un fallimento non solo nella Ddr» Brandt: parlare di riunificazione ricorda il nazismo BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Acceso confronto al Bundestag sul tema intertedesco fra governo e opposizione. Il cancelliere Helmut Kohl ha insistito sulla sua linea, il borgomastro socialdemocratico di Berlino Walter Momper lo ha attaccato con particolare durezza. I Verdi hanno anche accusato il capo del governo di infedeltà, durante la recente visita in Polonia, al solenne impegno del Parlamento a garanzia dei confini. Quanto al ministro degli Esteri Hans-Dietrich Genscher, ha preso implicitamente le distanze dal suo Cancelliere, insistendo sul fatto che Bonn rispetterà le libere decisioni dei tedeschi dell'Est, e che se essi sceglieranno un modello diverso non per questo verrà meno la solidarietà nazionale. Il dibattito ha confermato con quanta intensità emotiva la classe politica tedesca viva questa fase aperta dalla caduta di Honecker e culminata nella caduta del Muro. Lo sforzo di una valutazione di ampia prospettiva è visibilmente contrastato da riduttive preoccupazioni elettorali. E' fin troppo chiaro che il Cancelliere vuole cogliere la grande occasione, offertagli dagli sviluppi a Berlino Est, per risalire la china della popolarità. Per raggiungere questo obbiettivo Kohl cavalca disinvoltamente la tigre unitaria, e incurante dei richiami internazionali alla cautela esercita sui nuovi dirigenti orientali una decisa pressione. Eppure lui stesso, nel discorso con cui ieri mattina ha aperto questo dibattito al Bundestag, riconosce che l'evoluzione in corso nell'altra Germania richiede circospezione. Lui stesso concede che il governo rispetterà, ovviamente, qualsiasi decisione dovesse uscire dall'e¬ sercizio da parte dei tedeschi orientali del diritto di autodeterminazione: e questa sottolineatura è da registrarsi come una novità nel senso della moderazione. Ma subito dopo aggiunge, rispondendo indirettamente a Gorbaciov: ciò non significa che sia opportuno cercar di convincerli che «la divisione della nostra patria in due Stati sia la cosa migliore». Kohl usa una parola impegnativa, Vaterland, che non indica sem¬ plicemente, come Heimat, la terra natia, ma proprio la patria intesa in senso statuale. E sferra un duro attacco al sistema socialista, di nuovo replicando a Gorbaciov secondo cuila rivoluzione comunista non è stata un errore: «nessuno può negare che il socialismo si è rivelato un fallimento e non solo in Ddr». Al pedale unitario, il Cancelliere alterna poi la leva della pressione economica. Mentre lo stesso presidente federale, Richard von Weizsaecker, sostiene in un'intervista alla televisione di Berlino Est che l'altra Germania non ha bisogno dei consigli di nessuno, Kohl continua a far dipendere l'offerta di aiuti federali da condizioni politiche. Poiché di quegli aiuti la disastrata economia orientale ha ormai disperato bisogno, questa connessione risulta fortemente vincolante. L'imposizione di questo vincolo, il Cancelliere la teorizza: sostenere il cambiamento oltre il Muro, dice, è nostra «responsabilità nazionale». Poi cerca di attenuare il tono, dicendosi disposto a fornire aiuti immediati, e senza contropartite, per esempio nel settore sanitario. L'opposizione, Momper soprattutto, muove all'attacco degli «aiuti condizionati» di Kohl. Il borgomastro protesta anche per il «denaro del benvenuto», cento marchi che vengono regalati a ogni visitatore dall'Est. Non sarebbe più dignitoso cambiare i marchi orientali a un tasso ragionevole? Anche Willy Brandt, sia pure più conciliante, ha qualcosa da dire al Cancelliere. Il presidente dell'Internazionale socialista liquida in poche battute l'incidente della scorsa settimana, quando Kohl a Berlino fu fischiato dalla piazza. E' deplorevole, dice, ma nessuno si permetta di definire «plebe» quella folla (lo aveva fatto Kohl, n.d.r.). Chiediamoci piuttosto se il nostro linguaggio sia sempre adeguato alle circostanze, e di quale utilità possa essere l'arroganza. E ha aggiunto di «avere dei problemi» con la particella «ri» di riunificazione: lascia pensare che le cose potrebbero tornare ad essere come erano in precedenza, cioè all'epoca nazista. Poi Brandt insiste sull'opportunità di una risposta corale alla sfida che viene da oltre il Muro. I «temi tedeschi di questi giorni» non sono di competenza esclusiva del governo. Essi richiedono una larga risposta nazionale, non una politica ristretta alla lotta fra i partiti. Non si vuole la tavola rotonda proposta dall'Spd? Ebbene, non importa che il tavolo abbia degli spigoli, ciò che conta è che vi sia posto per tutti coloro che hanno qualcosa da dire. Alfredo Venturi Guardie di frontiera tedesco-orientali assistono, dall'alto del Muro, a uno spettacolo di giocolieri nella zona Ovest

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