Ingrao: non sono d'accordo

Ingrao: non sono d'accordo Il leader della sinistra rientra dalla Spagna e boccia la proposta di Occhetto Ingrao: non sono d'accordo Nel pei si fa più aspra la battaglia sul nome ROMA. Pietro Ingrao, il «grande vecchio» della sinistra comunista, ha detto che non è d'accordo. Una doccia fredda per Occhetto, un pugno nello stomaco per i quarantenni al vertice di Botteghe Oscure, un sospiro di sollievo per quanti — dirigenti o semplici militanti — sono contrari alla proposta di cambiare nome al partito comunista. Ma il segretario ed i suoi «colonnelli» sono decisi ad andare avanti, convinti della giustezza della loro iniziativa, ma altrettanto consapevoli che non possono più tornare indietro. Occhetto sa che se ci ripensasse dovrebbe dimettersi e che il partito si troverebbe allo sbando. E' per questo che ieri, rinunciando anche al viaggio a Torino per insediare alla segreteria regionale il fedelissimo Fassino, si è dedicato alla stesura della relazione che terrà lunedì prossimo al comitato centrale. Certo, Occhetto aveva previsto delle resistenze, ma non di questa portata. Sperava, soprattutto, che Ingrao non sarebbe stato così drastico nel bocciare la sua proposta. Ma il settantacinquenne ex presidente della Camera, come nel suo stile, è stato lapidario: «Ho letto la relazione del segretario del partito, non sono d'accordo, dirò al comitato centrale di lu¬ nedì prossimo i motivi». Ingrao era in Spagna quando mercoledì, per telefono, qualcuno lo ha informato «sommariamente» di quanto succedeva a Botteghe Oscure. «Sarei rimasto in Spagna più a lungo, per i funerali di Dolores Ibarruri, ma, ricevuto quel colpo di fulmine, ho anticipato la mia partenza». Nel pei tutti sanno che l'influenza e la popolarità di Ingrao supera largamente la cerchia di coloro che condividono le sue posizioni politiche. Pertanto, il suo dissenso — più di quello di Armando Cossutta, che ieri ha chiesto un referendum tra gli iscritti sulla proposta di cambiare nome e simbolo — può diventare punto di riferimento del malessere che c'è nella base del pei. Ma i «no» sono tanti. A cominciare dallo stesso presidente del partito, Natta, che ieri ad Alessandria per un convegno su Luigi Longo ha detto che non c'è motivo per cambiare «un nome glorioso» e che una decisione in tal senso non è affatto scontata. E la stessa cosa affermano i ministri-ombra del pei Adalberto Minucci e Sergio Garavini: «Le reazioni in atto nel partito, le prese di posizione di sezioni o di singoli militanti stanno già influenzando e condizionando la discussione». Pastorini, Cerniti e Gianotti A PAG. 3

Luoghi citati: Alessandria, Roma, Spagna, Torino