Sul Salvador una rissa Usa-Urss di Ennio Caretto

Sul Salvador una rissa Usa-Urss Continua la battaglia, 550 morti, aumentano le «zone liberate» dai guerriglieri Sul Salvador una rissa Usa-Urss Mosca smentisce Washington: non diamo armi WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE I sanguinosi combattimenti nel Salvador, con un bilancio di oltre 550 morti, rischiano di ostacolare la collaborazione tra gli Stati Uniti e l'Urss per le crisi regionali. Il Dipartimento di ■ Stato americano ha protestato con Mosca per le forniture militari sovietiche «alle forze comuniste in Centro America» e il Cremlino ha respinto la protesta, affermando di aver smesso di armare il Nicaragua e di non aver mai fomite armi al Fronte Nazionale di Liberazione Farabundo Marti. L'altro ieri, il Fronte ha proclamato «zone liberate» un quarto circa del territorio salvadoregno. Secondo il portavoce del Dipartimento di Stato Boucher, l'Urss non ha solo fornito massicci armamenti ai sandinisti, di cui una parte sarebbe finita nel Salvador, ma ha anche venduto a Cuba un moderno caccia bombardiere Mig-29. «Si tratta di strumenti di offesa, non di difesa» ha affermato Boucher «che violano l'impegno sovietico a contribuire alla soluzione delle crisi regionali». II portavoce della Casa Bianca Fitzwater ha aggiunto che il Presidente Bush intende sollevare la questione con Gorbaciov al vertice di Malta. L'altro ieri, Bush ha criticalo pubblicamente la condotta dell'Urss, del Nicaragua e di Cuba in Centro America. Il risentimento americano nei confronti del Cremlino è dovuto anche alle difficoltà incontrate dalle forze armate salvadoregne nello stroncare l'offensiva dei guerriglieri comunisti, paragonata dal «Washington Post», non senza esagerazione, a quella del Tet in Vietnam dodici anni fa. Domenica, proclamando lo stato d'assedio, il presidente del Salvador Cristiani aveva promesso la vittoria entro 24 ore. Ma ieri i ribelli erano ancora insediati saldamente alle periferia di alcuni capoluoghi di provincia, come San Miguel e San Vincente, e in quella della stessa capitale, soprattutto nella zona nord. Sinora è stato impossibile identificare le «zone liberate» come le definiscono i ribelli. Si conoscono solo quelle intorno a San Salvador; partendo dal Sud, sono i sobborghi poveri di Santa Lucia, Soyapango, Ciudad Delgado, Ayutuxepeque, j Zacamil e Mejicanos, in cui il | governo ha imposto il totale co| prifuoco, 24 ore su 24. L'amba; sciata americana ha rivelato che vi sono asserragliati tra 500 e 800 guerriglieri, appostati sui I tetti. Radio Venceremos, l'e; mittente della guerriglia, ha in- vitato la popolazione a partecipare alla rivolta erigendo barri; cate per le strade, portando vii veri e medicinali ai combatten! ti e formando una milizia ì popolare. Il presidente salvadoregno Cristiani ha accusato i ribelli «di farsi scudo dei civili» per prevenire una controffensiva delle forze armate. Il capo di Stato Maggiore colonnello Ponce ha affermato che molti ribelli si sono comunque ritirati, e non più di 1500-2000 guerriglieri continuano a combattere in tutto il Paese. Ponce ha aggiunto che «la superiorità delle truppe governative è schiacciante» ma non può essere esercitata appieno proprio per evitare un bagno di sangue tra la popolazione innocente. Sinora un terzo delle vittime e la maggioranza degli oltre mille feriti sembrano proprio essere civili, compresi donne e bambini. Il capo della Croce rossa salvadoregna, Pedro Varela, ha ot- tenuto l'intervento della Croce rossa intemazionale per una tregua di 72 ore. «C'è gente isolata e forse ferita da quattro giorni senza medicinali e senza viveri» ha detto. Varela ha espresso la speranza che la tregua venga accettata da entrambe le parti e preluda alla fine dei combattimenti. Ha spiegato che la popolazione è rimasta neutrale, e che «la carneficina potrebbe continuare per settimane». I ribelli dispongono di circa 7 mila uomini in tutto il Salvador, le forze armate di 56 mila, con aerei elicotteri e carri armati. Gli Usa, che non sono intervenuti, hanno a San Salvador una cinquantina di istruttori militari. La guerriglia salvadoregna non è la sola preoccupazione di Bush in Centro America in vista del vertice con Gorbaciov. Mentre nel Salvador si combatte, a Washington si negozia la pace in Nicaragua tra sandinisti e contras, peraltro senza molto successo. Le trattative, incominciate all'Onu la scorsa settimana, si sono spostate lunedì nella capitale Usa sotto la mediazione del cardinale di Managua Ovando y Bravo. I sandinisti vogliono che i contras depongano le armi entro la fine del mese, in cambio della liberazione dei prigionieri politici e dell'amnistia, ma sinora hanno ricevuto un secco rifiuto. Ennio Caretto