«Spero non ci sia una scissione» di Alberto Rapisarda

«Spero non ci sia una scissione» «Spero non ci sia una scissione» Craxi: vedremo che cosa farà il pei in concreto LISBONA DAL NOSTRO INVIATO Lo sapeva già da lunedì. Forse era stato informato dagli stessi dirigenti del nuovo corso comunista che pensavano al cambiamento del nome, forse da altri. Ora Bettino Craxi può ostentare pacata attenzione verso il terremoto innescato tra i comunisti italiani. Misurato, sorridente e pontificale si concede di guardare da lontano ai turbamenti di Achille Occhetto con una vena di comprensione mista a rimprovero. «C'è stato molto ritardo. E purtroppo bisogna dire che negli ultimi mesi i comunisti hanno lisciato il pelo del partito nel senso dei suoi antichi vizi». Se pensa di aver segnato un punto a suo favore, non lo dice esplicitamente. «Noi socialisti a realizzare i nostri cambiamenti ci abbiamo pensato più di vent'anni fa. Quando diventai segretario nel 1976 le resistenze erano forti, c'erano dei problemi nel psi. E' stata una fatica per me negli anni passati anche vedere come la storia del partito socialista procedesse lentamente. Ma noi quel che dovevamo cambiare lo abbiamo cambiato nei tempi giusti». La riflessione implicita è che ora tocca ad Occhetto il turno di affrontare e, se possibile, risolvere i suoi guai. Sino ad arrivare ad una scissione nel pei come avvenne per i socialisti quando parteciparono al centro-sinistra? «Non mi auguro nessuna scissione. Mi auguro solo decisioni coerenti e convincenti». Diventa più probabile ora l'unificazione delle forze di sinistra in Italia? «Ci sono anni davanti. La fortuna è che oggi in Italia i cambiamenti possono avvenire in un contesto sociale forte». Se il pei si chiamasse, per esempio, «democrazia socialista», potrebbe entrare più facilmente nell'Internazionale socialista? «Vedremo. Occorre vedere cosa farà il pei concretamente. Per stare all'immediato, sarà sempre antiproibizionista per la droga? Che fa?» La stessa risposta la danno i dirigenti degli altri partiti socialisti europei presenti al vertice che deve discutere di cosa fare nei confronti dell'Est in ebollizione e come redigere la carta dei diritti dei lavoratori europei. Calma e riflessione, lasciar raffreddare la situazione. Sembra quasi che i capi socialisti europei temano di essere travolti da avvenimenti troppo precipitosi, e all'unisono frenano. Bussano alla porta dell'Internazionale socialista gli ex comunisti dell'Ungheria e i probabili ex comunisti italiani? «Non basta cambiare nome — risponde cauto Gerard Fuchs, che per i socialisti francesi è segretario per gli Affari europei —. Il gruppo socialista in Europa ha una sua identità e non può allargarsi troppo rapidamente. Per i comunisti italiani e per gli altri, per il momento, si può pensare ad uno statuto di osservatori ma non ad una adesione. «Come diciamo noi francesi, oggi è urgente attendere. Credo che potremo cominciare ad affrontare il problema alla riunione della Internazionale socialista convocata il 23 novembre a Ginevra». Il possibile cambio di nome dei comunisti italiani non mette dunque fretta a nessuno, e a Fuchs suggerisce una battuta: «Mi fa pensare che finalmente Marchais potrà dire che è diventato lui il capo del più grande partito comunista europeo». Anche Antonio Cariglia, nel suo piccolo, frena. Dice il segretario del psdi, il primo spezzone di socialismo italiano che si avvicinò all'Occidente nel lontano 1948: «Per noi più che il cambiamento del nome del pei conta il cambiamento della politica. Il che non avverrà in breve tempo». In attesa di altri cambiamenti, Craxi ripete il suo altolà ai democristiani italiani. Le riforme elettorali negli enti locali debbono essere parte di una ri¬ forma generale del sistema. Se ne può parlare nella maggioranza, «ma non ho pregiudizi. Se ne discuta in una sede appropriata e responsabile. Ma non vorrei che si cercasse l'occasione per innescare una manovra politica diretta contro il governo e la stabilità politica di questo periodo». Il tempo diventa una sorta di esorcismo anche per frenare le impazienze dei socialisti tedeschi, in agitazione di fronte alla prospettiva della possibile riunificazione delle due Germanie. La Spd ha chiesto che l'Europa dia aiuti economici anche alla Germania dell'Est oltre che alla Polonia. No, hanno risposto gli altri con gli italiani in testa, avrà solo solidarietà e futura cooperazione. Alla fine la socialdemocrazia tedesca otterrà che nel documento conclusivo si dica che «le relazioni fra i due Stati (tedeschi) fanno parte del processo di riawicinamento tra i due Paesi». Nulla di più. Alberto Rapisarda

Persone citate: Achille Occhetto, Antonio Cariglia, Bettino Craxi, Craxi, Fuchs, Gerard Fuchs, Marchais, Occhetto

Luoghi citati: Europa, Germania Dell'est, Ginevra, Italia, Lisbona, Polonia, Ungheria