«Compagni perché tanta fretta?» di Augusto Minzolini

«Compagni, perché tanta fretta?» Il pei dietro le quinte nel giorno più lungo, mentre la direzione decideva la svolta «Compagni, perché tanta fretta?» Iprimi «no» a Occhetto, e c'è anche chi ha pianto ROMA. «Ho in mente quattro nomi, ma non li dico». Achille Occhetto sta rientrando a casa, dopo una direzione storica per il pei. In poche ore il vertice comunista ha tracciato le tappe di un cammino che in pochi mesi lo porterà a rifondarsi, un processo di cui il nuovo nome sarà solo l'ultimo passo. «Siamo andati avanti, ultraavanti» ripete con il viso affaticato, prima di entrare nel portone. «Eppure è una decisione — aggiunge — che ho maturato in tre ore. Poi ho detto tutto quello che avevo dentro agli ex-partigiani a Bologna, un po' come fece Gorbaciov». Né si attarda a spiegare quello che sente in un momento così irripetibile: «E' il racconto di una vita, dentro c'è tutta la mia storia». Nel giro di pochi giorni il segretario comunista ha deciso di affrontare una sfida decisiva in cui gioca tutto. Eppure, fino ad una settimana fa l'idea di mettere in soffitta l'aggettivo comunista sembrava lontana, era più un argomento di dibattito che altro. Certo Occhetto l'aveva in mente da parecchio tempo. Sull'aereo che lo riportava in Italia dal viaggio in Usa, dissertando sulle impressioni che aveva ricevuto nei contatti americani, il segretario rifletteva soprattutto su un dato: le idee del pei piacciono ovunque, ma c'è diffidenza verso quel nome. «Forse prima o poi bisognerà rifondare il partito» si lasciò sfuggire. Ma questa volta la storia è andata più in fretta delle volontà degli uomini e ad un anno di distanza quello che era solo un desiderio è diventata un'esigenza improcrastinabile. Ma l'operazione è tutt'altro che facile. Occhetto avrà a che fare, soprattutto, con i sentimenti della sua gente. La politica in questo caso si confonde con le emozioni, i ricordi, le passioni. E il compito del gruppo dirigente è arduo. Ieri nel «transatlantico» di Montecitorio più di un deputato non ha nascosto il proprio disorientamento. «Non capisco tutta questa fretta» ha ripetuto a più di qualcuno Diego Novelli. In un crocicchio Lucio Magri ha arringato i più frastornati: «Facciamo come il disoccupato che invece di cercare lavoro dà via un pezzo di argenteria per andare avanti qualche altro mese». Sulle scrivanie del direttore dell'«Unità» un sondaggio tra i dirigenti toscani dava i dati della perplessità per questa decisione venuta dall'alto. Sono tutti segnali di uno stato di disagio per questo ulteriore strappo con il passato, ancora più profondo di quello che richiese anni or sono Berlinguer nei rapporti con l'Urss. Gli echi della sorpresa, dei tanti dubbi sono arrivati anche a Botteghe Oscure. Per tutta la giornata il centralino ha squillato. Dall'altra parte del telefono tante domande: una donna con la voce rotta dal pianto ha chiesto se doveva rinnovare la tessera; il capo-ufficio di un ministero, invece, ha lodato il coraggio del segretario. Stessa cosa per strada. Davanti alla sede una signora vestita di rosso ha fermato Giancarlo Pajetta per dirgli: «Sono 40 anni che rinnovo la tessera, se cambiate nome non lo farò più». E anche dentro l'atrio della sede del pei qualcuno non ha capito questo nuovo passaggio, ha paura che nasconda una resa. «Sono 21 anni che sono a Botteghe Oscure — ha raccontato Salvatore, un veterano del servizio di sicurezza interno —. Ho due tagli in testa per gli scontri con la polizia di Sceiba. Quando sono venuto a lavorare al partito i primi tre mesi non ho preso lo stipendio per la vergogna di prendere soldi al pei. Ora non so se lo rifarei: qui si scherza con i sentimenti della gente». Ma, pure con le lacrime agli occhi, la maggior parte ha accettato questa ulteriore prova. Un po' l'atteggiamento che è emerso nel lungo dibattito in direzione. Alla fine tra lo sgomento di Natta e la durezza di Pajetta, solo Magri e Luciana Castellina hanno detto «no» alla proposta di Occhetto. Certo tutti hanno motivato il loro assenso con ragioni diverse. Napolitano ha messo in primo piano l'ingresso nell'Internazionale socialista. Borghini ha spiegato tutto con l'obiettivo dell'unità socialista, «sarebbe stravagante fare tutto questo per litigare ancora con il psi». Cioè, l'esatto contrario di quello che invece ha in mente D'Alema, che ha spiegato di vedere nel nuovo partito «una nuova forza di sinistra democratica, distinta da quella che sta al governo e che non rispecchia i valori del socialismo». Ma Occhetto deve fare i conti soprattutto con il sentimento. Quel moto di passione che ha spinto ieri Giancarlo Pajetta ad interrompere l'intervento di Fassino, quando l'esponete torinese, per rincuorare tutti ha detto: «Non siamo all'8 settembre» come dire non siamo alla resa. «Ricordati — gli ha detto — che in quell'occasione ero tra i vincitori». Augusto Minzolini L'onorevole Nilde lotti durante i lavori della direzione comunista

Luoghi citati: Bologna, Italia, Roma, Urss, Usa