«Russi,altri 6 anni di sacrifici» di Emanuele Novazio

«Russi/ altri 6 anni di sacrifici» Abalkin, consigliere di Gorbaciov: cresce il numero di chi incolpa il comunismo «Russi/ altri 6 anni di sacrifici» Vertice di economisti: la crisi è gravissima MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «I primi benefici della perestrojka si faranno sentire soltanto nel '95», avverte Leonid Abalkin, consigliere economico di Gorbaciov: sei anni ancora, dunque, che le cifre amare della produzione in discesa, le vampate inflazionistiche e le tensioni sociali rendono ricchi di incognite e azzardi. Anche perché per ottenerli, quei benefici, serviranno «urgenti misure fortemente impopolari» senza le quali «saremo costretti a tornare indietro, al vecchio sistema dirigista dell'economia, totalmente compromesso». E soprattutto perché «la gente è delusa», «ha la tendenza a perder fiducia nell'avvenire e a dubitare della correttezza delle decisioni prese»; e perché cresce il numero di chi attribuisce le difficoltà economiche alle «colpe del comunismo», un fatto «che prova l'esistenza di dubbi sul sistema socialista»: un quinto dei cittadini sovietici, secondo un sondaggio citato ieri da Abalkin e anticipato nei giorni scorsi nelle sue conclusioni più clamorose. Gli economisti sovietici in conclave, da ieri e per tre giorni alla presenza di Michail Gorbaciov, hanno ascoltato le diagnosi crudeli e le amare profezie del numero due del governo con un allarme unanime, e con l'unanime convinzione che «bisogna far presto» perché «la situazione è molto difficile e sfavorevole». Ma sulle risposte da dare alla crisi non c'è accordo. Le misure invocate da Abalkin sotto lo slogan «decisioni vigorose e prudenti», da mettere in atto in un «periodo di transizione» di cinque o sei anni a partire da una stretta fiscale, da una prima graduale liberalizzazione dei prezzi, dalla chiusura delle aziende in deficit e dalla creazione della Borsa, sono troppo poco, lamenta Abel Aganbeghian, ex economista principe del Cremlino da qualche tempo un poco in disparte e in crescente polemica: «Il governo ha sottovalutato il pericolo legato oggi alla situazione del mercato dei beni di consumo. Misure davvero urgenti sono quelle delle quali la gente si accorge. Quelle senza effetti, quelle che esistono soltanto sulla carta, non sono vere misure». Anche perché i problemi si legano e rinforzano a vicenda, in una sinistra rincorsa. Nei primi nove mesi di quest'anno la produzione industriale e il tasso di crescita del reddito nazionale sono precipitati, quasi il cinquanta per cento in meno rispetto all'anno scorso; e la domanda insoddisfatta di generi alimentari e beni di consumo ha raggiunto i novanta miliardi di rubli, un quarto del fabbisogno. Gli aumenti salariali, perciò, hanno reso la gente più «ricca» soltanto di denaro che non si sa come spendere, e che ci si affanna di impegnare in qualunque bene durevole offra il mercato. Accanto a una corsa all'oggetto «prezioso», che regga le previsioni di svalutazione e consenta di attenuare quelle di inflazione, si è consolidato dunque un deposito forzato, salito a un ritmo senza precedenti. Alimentando inflazione, favorendo speculazioni, rafforzando il disagio e la sfiducia della gente, come il sondaggio di Abalkin conferma: oltre il 57 per cento degli interrogati non hanno più fiducia nel futuro. «Se il mercato dei consumi non migliorerà presto», diceva il radicale Aganbeghian, «mancheranno gli stimoli a migliorare il lavoro. Non possiamo più perder tempo». Il radical-moderato Abalkin condivide: le penurie più gravi devono essere alleviate entro un anno per impedire il successo di un'offensiva conservatrice. I segni non mancano: ieri sera, davanti alla «Sala della colonne» dove si è svolta la Conferenza, c'erano cartelli che dicevano «Attenti ad Abalkin», «Vergogna». Commentava un uomo, intervistato dalla tv: «Una volta, quando l'economia era centralizzata, c'erano ordine e un governo forte». Emanuele Novazio

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