Corea,boom con laurea

Corea, boom con laurea L'economia di Seul accelera le spese per la ricerca e l'istruzione Corea, boom con laurea // 70% va a scuola fino a 18 anni ROMA. E' molto probabile che nell'anno 2000 il Paese al mondo che dedicherà la più alta frazione del suo prodotto interno lordo alle spese di ricerca non sarà la Germania, o il Giappone o gli Stati Uniti; sarà la Corea del Sud che prevede di arrivare al 5% (dall'attuale 2%) contro il 3-4% dei Paesi più avanzati. La previsione è riportata da Alice Amsden del Mit nell'ultimo numero di Technology Revievv edizione italiana. La Corea pertanto continua a stupire: da ex pevera colonia giapponese ha visto crescere dell'8,8% annuo il suo prodotto interno lordo per oltre un quarto di secolo. Ci è riuscita facendo andare d'accordo il libero mercato con un deciso intervento del governo nella politica industriale. Nel 1950 la Corea si presentava infatti con tutte le caratteristiche del Paese sottosviluppato: reddito procapite 350 dollari (in dollari 1988), vita media 50 anni e 80% dell'occupazione in agricoltura. Oggi siamo a 3000 dollari procapite, a 69 anni di vita media e ad una occupazione in agricoltura inferiore al 25%. La Corea sta completando rapidamente la sua rivoluzione industriale. Una rivoluzione assai diversa da quelle degli altri Paesi avanzati. «Negli Stati Uniti — spiega la Amsden — si tende a credere che il successo della Corea sia dovuto al fatto che quel Paese ha sposato i principi del libero mercato. Ma questo modo di vedere applica un modello economico ormai datato a ciò che, invece, è una nuova forma di sviluppo industriale. I Paesi di tarda industrializzazione hanno inventato un approccio del tutto nuovo ai pioblemi della produttività, della concorrenza internazionale, del ruolo del Governo nella vita economica e lo hanno derivato dalla constatazione di una impossibilità: quella di competere sulla base delle innovazioni tecnologiche». In quella britannica la forza motrice era stata l'inventiva; nuove tecnologie nascevano tra esperimenti ed errori senza alcun ruolo diretto, di rilievo, del governo. Per raggiungere e superare il concorrente britannico, Germania e Stati Uniti, all'inizio del ventesimo secolo non solo importano tecnologie, ma combinano ricerca e produzione di massa; grandi imprenditori fanno nascere colossi industriali il cui processo di crescita viene favorito decisamente dai rispettivi governi. Le nuove tecnologie giocano comunque un ruolo centrale. Questo non è accaduto fino a ieri in Corea: la Corea si è industrializzata soprattutto... imparando. I veri protagonisti sono stati non tanto gli imprenditori o i magnati dell'industria ma, assieme al governo, i tecnici e gli ingegneri, come «lavoratori dipenden ti». Negli ultimi venticinque anni mentre l'assunzione dei quadri dirigenti è solo raddoppiata, quella del personale tecnico è aumentata di dieci volte; in moltissime società i nuovi assunti con formazione superiore devono prestare lunghi periodi di servizio nei tre turni delle fabbriche; alla Hyundai Motors tutti i capi reparto debbono essere laureati. Ma oltre ad industrializzarsi imparando la Corea ha saputo anche evitare un errore tipico, e tragico, per la grande maggioranza dei Paesi in via di sviluppo, quello di industrializzarsi volendo sostituire con produzioni interne le proprie importazioni di prodotti di base. La Corea non ha preteso di fare da sé ciò che importava, ma ciò che meglio la struttura socioeconomica del Paese poteva produrre ed esportare. Si è concentrata all'inizio non sulle attività di base che necessitano di alti investimenti, ma sulla manifattura dei beni di consumo con alto contenuto di mano d'opera, la sua risorsa più abbondante, una.mano d'opera il cui solo vantaggio era all'inizio il basso costo, e che oggi è tra le più istruite del mondo; oltre il 70% dei coreani infatti va a scuola fino a 17-18 anni. Cresce l'istruzione media e cala il rapporto tra il numero dei dirigenti e quello degli operai, esattamente il contrario di quanto succede ad esempio negli Stati Uniti. I Chaebol, i grandi gruppi diversificati e con comando di tipo familiare (Goldstar, Samsung, Hyundai...), che caratterizzano la struttura produttiva coreana, vengono aiutati dal governo con sussidi che richiedono il rispetto di rigorosi standards di rendimento. In certi campi anche la protezione sul mercato interno diviene forte: l'industria automobilistica, per esempio, per venti anni non ha praticamente avuto concorrenza. II governo può procedere con grande forza ed autorità perché l'intero settore industriale si è andato sviluppando apparentemente in modo privatistico, ma in realtà con fortissimi legami con le strutture dello Stato. D'altra parte manca anche un potenziale condizionamento da parte del latifondo, come in India o in Brasile, perché la Corea, analogamente a Giappone e Taiwan, ha goduto dopo la guerra di una riforma agraria che ha creato un sistema di piccoli proprietari terrieri. In realtà chi fino ad oggi ha condizionato e condiziona di più il governo sono gli studenti, divenuti protagonisti nel momento in cui l'istruzione ha assunto un ruolo determinante nell'industrializzazione del Paese. E' bello pensare che la scuola, fattore di crescita di ieri, lo diventi anche di vita politica democratica domani. Alessandro Ovi Direttore Centrale Iri

Persone citate: Alessandro Ovi