Hurt,un bello da conquistare di Masolino D'amico

Hurt, un bello da conquistare Stagione di novità teatrali a New York: attesissimo il ritorno alle scene dell'attore Hurt, un bello da conquistare Fra i nuovi autori, un uomo d'affari sfortunato a Wall Street La sua commedia, «I soldi degli altri», è fra le migliori di oggi NEW YORK DAL NOSTRO INVIATO Ho visto tre commedie americane di oggi. La più recente, «Beside Herself» di Joe Pintauro, contiene una situazione alla Tennessee Williams, col risveglio della sessualità in una donna anziana e solitaria, risveglio provocato dall'arrivo casuale di un giovane di estrazione sociale inferiore, ingenuo e un po' imbranato, attirato in un gioco che non comprende del tutto. La novità (oh, molto relativa) è che la donna dialoga continuamente con tre fanciulle di forse dodici, diciotto e ventisei anni, proiezioni di sé stessa in varie fasi; rispetto a Williams il tono è leggero, colorato da una sorta di dolce ironia. Ma malgrado l'eccellente interpretazione di Lois Smith, veterana di questo tipo di teatro, e dell'Oscar di due anni fa William Hurt, che per l'occasione riappare nel teatrino off-Broadway donde mosse i primi passi verso la fama, non credo che il fragile testo riuscirà a spiccare il gran balzo verso le sale commerciali e i grossi incassi. Non così le altre due «pièces». Una, «The Heidi Chronicles», è approdata a Broadway già da un po', e ha vinto tutti i premi possibili, fra cui il Tony e il Pulitzer, per la stagione 1989. Scritta da una donna, Wendy Wasserstein, contiene una succosa parte principale femminile, ben valorizzata da Christine Lahti. Seguendo alcuni momenti nell'evoluzione di un pugno di amici durante una quindicina d'anni, la commedia fa il punto sulla generazione dei cosiddetti «boomers» o figli del «baby boom», l'esplosione delle nascite nel dopoguerra: coloro insomma che avevano quindici anni quando arrivarono i Beatles, e venti nel Sessantotto. Mentre Heidi, una studiosa di sociologia dell'arte, conquista la propria indipendenza (fra l'altro non si sposa, e alla fine adotta una bambina), gli altri amici partecipano via via alle varie mode culturali o comportamentali, si liberano sessualmente, si aprono o si chiudono. Ci sono buoni momenti specie nella seconda parte, quando alcuni membri del gruppo si rivedono per commentare la morte di John Lennon e scambiarsi le notizie, o quando tre di loro capitano insieme in una trasmissione televisiva del mattino; alcuni luoghi comuni sono osservati con spirito, e la causa del femminismo viene presentata con simpatia «liberal». Aggiungete l'ottima esecuzione, con un paio di caratterizzazioni particolarmente felici (l'ipocrita donnaiolo e futuro politicante, il buon medico omosessuale), e capirete il buon esito del tutto. Premiato anche come miglior testo «off-Broadway» e certo in procinto di trasferirsi uptown il miglior lavoro da me visto nella Grande Mela, «Other Peo- ple's Money» (ovvero, «I soldi degli altri»), scritto da Jerry Sterner, uomo d'affari cinquantenne che sei anni fa si è ritirato per dedicarsi al teatro, e che come spiega nel programma si augura che la commedia gli faccia recuperare qualcosa di quello che ha perso in Borsa il 19 ottobre 1987. Emozionante come un «courtroom drama», o dramma dialettico, in cui le due parti espongono le loro ragioni a turno, «Other People's Money» presenta la situazione di una sonnacchiosa fabbrica del New England, a conduzione quasi familiare, improvvisamente minacciata da uno squalo di Wall Street che ne sta rastrellando le azioni allo scopo di metterla in liquidazione e ricavarne un enorme profitto per sé. Nel conseguente scontro fra industriale e finanziere, il primo rimprovera al secondo di non produrre nulla e di non essere altro che un parassita, e il secondo accusa il primo di essere un cadavere ambulante, in quanto non più competitivo (adesso l'industria si può fare soltanto in paesi «che adorano l'inquinamento e dove migliaia di tipetti con gli occhi a mandorla lavorano felici dalla mattina alla sera per dodici cents l'ora»). Il «buono» è l'industriale, un vecchio gentiluomo che non vuole deludere né gli azionisti né gli operai; ma tutte le battute devastanti sono del «cattivo», un deforme, cinico e a modo suo appassionato ebreo venuto su nel Bronx e convinto della propria missione storica. A questi si oppone brillantemente la giovane legale newyorchese figlia della segretaria dell'industriale, che ha dalla sua intelligenza, ambizione, mancanza di scrupoli e un paio di bellissime gambe... Come ha scritto un critico solitamente feroce, «non sarà grande arte, ma certo è ottimo intrattenimento». Al quale collaborano, ammirevolmente diretti dalla regista Gloria Muzio, cinque eccellenti attori fra cui spiccano Mercedes Ruehl, l'avvocatessa, e Kevin Conway, l'eloquente e, benché mostruoso, irresistibile prevaricatore Carfinkel. Masolino d'Amico William Hurt protagonista della commedia «Beside Herself»

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