Baggio, come un Pablito rovesciato di Curzio Maltese

Baggio, come un Pablito rovesciato Baggio, come un Pablito rovesciato Nella hit-parade Rossi resta davanti al nuovo campione VICENZA DAL NOSTRO INVIATO L'ultimo teatrino azzurro per una volta non ha protagonista Tacconi, ma Vicini. Il capo convoca la truppa al centro del campo prima dell'allenamento per richiamarla all'ordine, soprattutto nelle interviste. Il tutto in favore di telecamera, naturalmente. Roberto Baggio, l'uomo del giorno, invece dell'occhio televisivo e dei taccuini farebbe volentieri a meno. Fa capolino dalla porta dello spogliatoio, e si ritrae. Poi, rassegnato, avanza con sotto braccio la targa del sindaco di Caldogno, la città natale. C'è scritto: «A Roberto Baggio, campione di Caldogno, che porta alto il nome della sua terra in Italia e nel mondo». E' grigia, levigata, fredda come il rispetto che la gente di queste parti riserva al calciatore che ha fatto innamorare l'Italia. Non si può certo dire che Baggio sia stato il bersaglio dei cacciatori d'autogra¬ fi, tutti o quasi milanisti eccitati al passaggio di Baresi o Maldini, qualcuno perfino seccato di non poter ammirare Donadoni. Questo è un feudo rossonero; lo era prima della comparsa di Farina e lo è rimasto dopo, nonostante Farina. Quaranta Milan Club in provincia, quasi altrettanti della Juve. A Baggio, nessuno. Il figlio di Caldogno ricambia con eguale distanza. Da quattro giorni viene furiosamente intervistato come fosse, lui, un ventiduenne, reduce dalla Grande Guerra: ricordi Roberto? E Roberto, per cortesia, finge di ricordare, poco e con forte accento toscano. Nei momenti d'imbarazzo ridacchia alla Benigni. Perché poi Vicenza dovrebbe adorarlo, non si sa. Nel Vicenza | ha giocato davvero una sola stagione, la terza (29 presenze, 12 gol), e sono passati cinque anni. L'ultima gara al «Menti» fu Vicenza-Reggiana, gol su rigore; la domenica dopo, a Rimini, il terribile incidente che lo portò ai confini del ritiro. Baggio finì all'ospedale, non partecipò neppure alla festa della promozione. Del resto, tutti sapevano da mesi che era ormai della Fiorentina. La gente di qui ricorda molto di più Paolo Rossi, che con la maglia biancorossa visse una parabola altrettanto breve, tre anni, ma intensissima. La promozione in A, il secondo posto in campionato alle spalle della Juve, l'esplosione al mondiale di Argentina, la retrocessione in B nell'anno che avrebbe preceduto gli scandali. A Pablito, che sarà in tribuna forse con la moglie Simonetta dopo una lunga crisi coniugale, andrà l'applauso più vero. A Baggio, in campo, l'affetto e il rispetto che si deve a un parente diventato altrove adulto e famoso. Per questo l'idea di Vicini di regalargli una maglia azzurra che potrebbe anche essere l'ultima, in un clima di restaurazione, lo lascia perplesso: «In realtà — dice Baggio — sarebbe stato forse più facile giocare a Wembley che non a Vicenza. Qui la gente ora pretende da me i numeri». Senza contare — Baggio non lo dice ma lo pensano in tanti — che fare brutta figura contro l'Algeria è più facile che contro l'Inghilterra. Ma è il destino di Roberto Baggio, un Pablito rovesciato. Un vicentino emigrato a Firenze contro un toscano esploso a Vicenza. Una mina vagante per la nazionale di Vicini, il salvatore della patria di Bearzot. Uno che dall'azzurro è stato riabilitato e un altro che dalla nazionale torna ogni volta più depresso. Pablito che ha vinto in anticipo il mondiale col Brasile, e Baggio che col Brasile il mondiale l'ha forse perso. Eppure questi due piccoli miracoli del calcio, paragonati entrambi a Peppino Meazza, si sentono stranamente vicini. Rossi ha detto di divertirsi allo stadio grazie a Baggio più che a ogni altro. E lui? «Qualche volta ho pensato anche a Paolo Rossi quando ero in ospedale. Quando mi dicevano che avrei smesso col calcio, che ero finito. Sono cose terribili, a vent'anni. Ci vuole una grande spinta per lavorare tutti i giorni, con metodo, vincendo il sospetto che tutto quello che fai, tutto il tempo che dedichi al lavoro piuttosto che al resto, sia completamente inutile. Dopo, è come rinascere». E chissà che non sia uguale anche il finale della storia, un finale in bianco e nero. L'ultima voce è che Baggio abbia cambiato casa a Firenze, dove punta a restare fino al '92. La Fiorentina non se la sente di affrontare la rivolta dei tifosi. Tra l'altro il suo procuratore Caliendo non è in rapporti precisamente amorevoli con Boniperti. Vero Baggio? Scrolla le spalle: «Una sola cosa è certa: che il mio futuro lo decido'io, prima del procuratore e della Fiorentina. Dove andrò? Vediamo...». Curzio Maltese Paolo Rossi, sempre idolo a Vicenza