Il baratto dell'Oder-Neisse di D. Q.

Il baratto dell'Oder-Neisse Il baratto dell'Oder-Neisse 1confini tedesco-polacchi da Stalin a Brandt Per quelle pianure tra Germania e Polonia, eterna frontiera d'Europa, da secoli si dissanguavano grandi imperi e milioni di uomini erano caduti sui campi di battaglia della seconda guerra mondiale. Eppure, nel novembre 1943, alla conferenza di Teheran Churchill e Roosevelt regalarono in pochi minuti a Stalin le frontiere destinate a pesare, ancora una volta, come una ferita aperta nel cuore del Continente. Quando i tre Grandi si riunirono per ridisegnare la carta del mondo la vittoria era una speranza lontana. Fu il «senso di colpa» di Inghilterra e Stati Uniti a segnare il destino di milioni di tedeschi e di polacchi: la Russia sopportava da sola l'urto nazista, il tanto promesso secondo fronte per ora si riduceva allo sbarco in Italia, un mezzo fallimento. Churchill e Roosevelt, per «rimorso», si mostrarono condiscendenti verso le richieste di Stalin. Fu proprio il futuro inventore del¬ la guerra fredda a gettare sul tavolo del negoziato il problema polacco e a proporre di spostare verso occidente la frontiera del Paese primo martire dell'aggressione hitleriana, «anche fino al fiume Oder» per compensare a spese della Germania le «esigenze territoriali» dell'Urss a Oriente. Di rimettere in discussione le terre polacche annesse da Stalin nel '39 grazie al patto diabolico con Hitler sembrò a tutti inopportuno. Il primo a essere sorpreso fu proprio Stalin: prudentemente chiese se l'accordo poteva essere sottoscritto senza consultare i diretti interessati. Churchill, senza battere ciglio, rispose che con il governo polacco si sarebbe potuto discutere «più tardi». Due anni dopo a Potsdam i polacchi erano presenti: ma questa volta Stalin giocò in attacco e fece della frontiera Oder-Neisse un punto irrinunciabile. Attlee, nuovo premier inglese, cercò di riparare all'errore del suo predecessore e di salvare per la Germania Breslavia, il porto di Stettino, una vasta fascia agricola. Ma Stalin diede un saggio del suo cinismo diplomatico: in quelle regioni non ci sono più tedeschi, disse beffardo (infatti erano fuggiti -terrorizzati davanti all'Armata Rossa), tanto vale lasciarle ai polacchi. Il padre dei popoli, al contrario dei suoi incerti «alleati», aveva,già programmato le mosse: la Polonia stava per diventare il nuovo palcoscenico di quella «tattica del salame» che in breve tempo avrebbe trasformato l'Est in un feudo di Mosca. Gli occidentali si consolarono con la convinzione che l'assetto deciso a Potsdam era provvisorio e tutto sarebbe stato rinegoziato nei trattati di pace. Nel frattempo, alla Polonia venne affidata l'amministrazione degli ex territori germanici ad Est di una linea che andava appunto dal Baltico, lungo l'Oder, fino alla Neisse occidentale. Dal «grande baratto» in realtà la Polonia usciva perdente: rinunciava a favore dell'Urss ad un terzo del suo territorio (181 mila chilometri quadrati) e come compenso (provvisoriamente) ne otteneva 101 mila. Si consolò con la considerazione che i nuovi territori aumentavano del 66 per cento le sue risorse potenziali di carbone e del 100 per cento quelle di zinco e di piombo. Ci sono voluti 25 anni perché la nuova Germania accettasse quei confini «provvisori»: l'ennesimo gesto di coraggio della Ostpolitik di Brandt che sfidò uno dei grandi tabù tedeschi, il rimpianto per le terre perdute. Un accordo paradossale perché due Stati si accordavano su un confine che non esisteva; tra loro la guerra fredda aveva fatto nascere la Ddr. Ma a Berlino Est allora comandava con pugno di ferro Honecker, il Muro era incrollabile. Tante speranze (e paure) sembravano fantapolitica, e non storia. [d. q.]