LE MIE VITE

LE MIE VITE LE MIE VITE Henri Troyat e le biografie: «Ecco il vero Flaubert» EPARIGI una notte sognai Dostoevskij. Avevo comincialo a scrivere la sua vita, ma ero a un punto morto. Esitavo davanti alla mia prima biografia. Così, nel sonno, vidi Dostoevskij entrare nella stanza. Chinarsi su di me. Vicinissimo. Sentii l'odore, l'alito di un vecchio. Orrore!». Qualche decennio più tardi, le spalle coperte da cinquanta romanzi e quattordici biografie, Henri Troyat non ha più incubi, lì se guarda indietro alla sua strada già lunga (è dell' 11 ), movimentata (fuggito rocambolescamente dalla Mosca rivoluzionaria, russo il suo nome vero, Lev Tarassov), molto gratificante (è uno dei quaranta accademici di Francia, nel '38 ha vinto il Goncourt, tre suoi romanzi hanno venduto tre milioni di copie ciascuno), nulla gli ha dato un piacere più intenso dell'aver rivissuto i giorni di quattordici grandi, scelti tra russi e francesi del secolo scorso. E di potersi chiamare, per entusiasmo dei lettori e numero di ristampe, il «principe della biografia letteraria». Non forse il più erudito, ma il più leggibile e attento nell'azionare qussto o quel riflettore. Di quest'arte della biografia, Henri Troyat ha dato due nuove prove. Saldato il conto con le radici lontane (la vita di Tolstoj, Turgenev, Cechov, Gorki... e di numerosi protagonisti della storia russa), riproposta con straordinaria memoria e intuizione la sua prima patria in tanti romanzi (come il celebre ciclo Tant que la terre durerà...), approda alla Francia con un Flaubert (esce ora da Rusconi, pp. 340, L. 35.000) e, in scia, con Maupas sant (pubblicato questa settimana da Flammarion). Perché Flaubert, per inaugurare le vite francesi? «E' una questione di gratitudine. Quand'ero ancora bambino e già volevo diventare scrittore, leggevo una pagina di Flaubert e la riscrivevo a memoria. Poi facevo un confronto tra le due per vedere la differenza tra perfezione e imperfezione. «E di venerazione. Man mano che si conosce Flaubert (e per questo la sua corrispondenza e il Journal dei Goncourt sono le fonti più preziose) si scopre in lui il prototipo dello scrittore che ha rinunciato a tutto per comporre meglio, dimenticandosi di vivere, sfruttando a questo fine anche l'epilessia. In un certo senso Flaubert ò stato il primo a giustificare la deformazione professionale». Troyat riceve in un salottino appartato, che si raggiunge scortati da un cameriere silenzioso. dopo tante porte imbottite, campanelli, velluti, e finalmente librerie assediate dalle traduzioni dei libri del padrone di casa. La casa (dove vive da 25 anni) ha visto nascere Manel; è in Rue Bonaparte, accanto alla Senna. Epistolari, edizioni complete e attrezzi da biografo nascondono gli angeli custodi di Troyat. Sono tre ritratti di Tolstoj. Uno di Rcpm, un altro di Jan Styka, il terzo del padre di Pasternak. Operando a penna, Troyat s'immerge in ogni nuovo soggetto finché «sento che questo personaggio non è più un articolo di dizionario nella mia testa, ma vive in me, trasmettendomi il calore, l'odore, la forza...». Cosa l'ha colpita in Flaubert? «La somma delle contraddizioni in quest'uomo ingenuo e severo (nei confronti del suo lavoro). Detronizzava i borghesi, ma ha vissuto come il più meschino borghese di provincia. Criticava i governi e odiava le rivoluzioni. Sognava i viaggi, eppure era a Croisset che voleva sempre tornare. Venerava le donne. Ma non si sposò e rinunciò quasi all'attività sessuale». Cosa ci si aspetta da un bio grafo non scientifico? Che sappia dare sfon do e giustificazioni a quei sospetti, in positivo e in negativo, al wishjul thinking maturato da chi ha letto con passione le opere di un autore e non ne conosce ancora la vita. Troyat ci presenta il Flaubert che desideriamo e che commuovo. L'energumeno che diffida della vita, l'urlatore a caccia della sonorità nella sua prò sa. L'amico generoso e il parsimonioso amante di Louise Colet. La paura della decadenza fisica con le veglie senza risparmio davanti al tavolo e alla Senna dai rimorchiatori assidui. La fedeltà agli amici e ai corrispondenti (George Sand e Turgenev su tutti), le novecento ore di applicazione per trenta pagine di Un cuore semplice. L innamoramento per Elise Schlesinger (la Mme Arnoux dell'Educazione sentimentale). «Flaubert fece di tutto — dice Troyat — per conservare intatto questo ideale amoroso, quasi a bilanciare i suoi appetiti sessuali rimossi». Tutto fino alle perdite di amici, parenti, proprietà, verso quell'ultimo decennio «completa mente solo in solitudine», tormentato dai due scellerati, Bou vard et Pécuchet. Ad alleggerire la pena di questi anni fu anche la grande alleanza con Maupassant (figlio di Laure Le Poittevin, sorella di Alfred, intimo amico di Flaubert). Quando Maupassant pubblico Bouledesuif, Flaubert gridò: capolavoro! Prima l'aveva messo in guardia contro l'eccesso di sport e di attività sessuale: «Troppe puttane, troppo canottag¬ gio, troppo nuoto! Siete nato per scrivere versi, scriveteli! Tutto il resto è vano...». «Che differenza tra Flaubert e il suo pupillo! Quest'ultimo era così orgoglioso, triviale, sadico. Non aveva la nobiltà d'animo del maestro di Croisset. Maupassant, il "toro triste", fu ancora più infelice». Lette le ultime pagine del suo Maupassant bisogna dargli atto. L'autore di Bei-Ami, consumato dall'eccesso sessuale che lo rendeva così orgoglioso, finisce i suoi giorni a 42 anni in un ospedale psichiatrico di Parigi. Con l'ossessione della sua orina. Delira: «Non bisogna pisciare: l'orina è fatta di gioielli. E' con questi che andavo dalle donne del mondo!». Troyat, cosa la convince a scrivere una nuova biografia? «Le opere insieme alla vita del soggetto. Non scriverei di chi ha avuto solo una grande vita. Unica eccezione, per i suoi grandi voltafaccia è Gorki». I personaggi più difficili? «Lermontov, perché manca la documentazione. All'opposto, Tolstoj. Perché i dati sono troppi. Diari, scritti dei figli e della moglie. E poi tutti quelli che sono andati a trovarlo... hanno sempre descritto la visita». Come non si deve scrivere una biografia? «Non bisogna commettere l'errore, nel rievocare un episodio, di lasciar trasparire qualche conoscenza successiva, che al protagonista, ovviamente, non è ancora data. Il difficile e mantenere questa contemporaneità tra vita e conoscenza». Troyat ha indossato fino in fondo la sua nuova identità francese. Dal '17 non è mai tornato in Russia. «Preferisco conservare intatta la mia Russia in tenore. I ricordi. Ho la convinzione di essere un albero ixisso che dà solo frutti francesi». Un attimo di malinconia. Ma Troyat non sembra aver rimpianti. Impressiona la sua forza, l'occhio da ragazzo. Mezzi sufficienti per esaurire una decina di grandi francesi. Basta che siano morti almeno da cinouant'anni («altrimenti si rischia di non sapere tutto») e non siano stati danneggiati da vedove o figlie pericolosamente gelose. Cerca qualcuno che abbia già solcato le vie strette del Quartier Latin. Forse braccato dai debiti o dalla follia. Troyat cammina volentieri tra questi incroci così letterari. In attesa del giovedì pomeriggio. Appuntamento alle 15, all'Académie Francaise. «Mi siedo tra il presidente Senghor. l'amico Julien Green, il neofita Cocteau e passo una splendida oretta a parlare di un aggettivo. Può entrare nel Dizionario?». Michele Neri attrezzi da biografo nascondono gli angeli custodi di Troyat. Sono tre ritratti di Tolstoj. Uno di Rcpm, un altro di Jan Styka, il erzo del padre di Pasternak. Operando a penna, Troyat s'immerge in ogni nuovo soggetto finché «sento che questo personaggio non è più un articolo di dizionario nella mia testa, ma vive in me, trasmettendomi il calore, l'odore, la forza...». Cosa l'ha colpita in Flaubert? «La somma delle contraddizioni in quest'uomo ingenuo e severo (nei confronti del suo lavoro). Detronizzava i borghesi, ma ha vissuto come il più meschino borghese di provincia. Criticava i governi e odiava le rivoluzioni. Sognava i viaggi, eppure era a Croisset che voleva sempre tornare. Venerava le donne. Ma non si sposò e rinunciò quasi all'attività sessuale». Cosa ci si aspetta da un bio grafo non scientifico? Che sappia dare sfon Lenergumeno che diffida della vita, l'urlatore a caccia della sonorità nella sua prò ti), le novecento ore di applicazione per trenta pagine di Un cuore semplice. L innamoramento per Elise Schlesinger (la Mme Arnoux dell'Educazione sentimentale). «Flaubert fece di tutto — dice Troyat — per conservare intatto questo ideale amoroso, quasi a bilanciare i suoi appetiti sessuali rimossi». Tutto fino alle perdite di amici, parenti, proprietà, verso quell'ultimo decennio «completa mente solo in solitudine», tormentato dai due scellerati, Bou vard et Pécuchet. Ad alleggerire la pena di questi anni fu anche la grande alleanza con Maupassant (figlio di Laure Le Poittevin, sorella di Alfred, intimo amico di Flaubert). Quando Maupassant pubblico Bouledesuif, Flaubert gridò: capolavoro! Prima l'aveva messo in guardia contro l'eccesso di sport e di attività sessuale: «Troppe puttane, troppo canottag¬ prpsBso4tdsgd GiuUwe Flaubert in un i//.•a■una di I Arine copyright «N.T. Review Ujlìooks», Il/Mi e per l'Italia - Iai Stampa»

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