UNA VITA UN ADDIO

UNA VITA UN ADDIO UNA VITA UN ADDIO Afe/A? lettere della Cvetaeva amore, poesia, suicidio Desertiluoghi (lettere. 1925-1941), che usciràfra qualche giunto da.Ulel/ihi. e di cui diamo qui alcuni /tassi, conclude l'epistolario di Marina ( ivlurtxi, inizialo ranno scorso con II paese dell'anima (lettere 7909-1925). liellu poetessa russa il lettore indiano ha già pittato leggere molle liriche (Poesie, Dafni la llussiu; I. 'accalappiato/ti) e prose (Indizi terrestri. Lettera (di'Amazzone, Il diavolo e altri racconti. Nalal'/u ( ioncamra. Incontri, Racconto diSonocka, Le noltifiorenline, Il poeta e il tempo, Il mio l'uskin). Anche in Hussia, la ( 'veatea, grazie al nuovo clima politico e morale, è definitivamente uscita dall'indice degli Innominaliili. Qualcuno, qui da noi. ha /tarlalo di -moda", dievetaevomania», di «caso letterario», èurifenomeno: èuri fenomeno mollo /tiù semplice, è la /urla del Tempo, che ha voluto restituire alfa ( iriderà, ili col/Hi e tulio insieme, quanto le aveva sottratto con lenta e melodica ferocia: dai lettori alla vita stessa. E'il/infondo senso di colpa del lemZia, che con lunlira generosità oggi affida alla vicenda di Marina il molo di Milo: crudele /xmilxi/a della condizione dei poeti nel mondo e della tragedia che si è al>lhiliiiiu sulla Hussia del nasini secolo (laro PasternàK ultima speranza Meudon, 31 dicembre 1929 BIORIS, con te io ho paura di tutte le parole: ecco perché non scrivo. Perché oltre alle parole Inoi due non abbiamo nulla, alle parole siamo condannati. Perché tutto quello che con gli altri avviene senza parole, attraverso l'aria — quella tiepida nuvola da-a — in noi si compie attraverso le parole, parole afone, senza la correzione della voce. Il poco pronunciato (l'aria inghiotte!) è già affermazione, tacito urlo. In ogni rapporto umano, Boris, le parole sono solo soccorso — nel caso vada male: ed è sempre un caso maligno. Le pronunciano, infatti, nell'attimo dell'addio. Stepun ha una definizione, non so se sua, ma esauriente: «I romantici si sono perduti perché vivevano sempre ultimi». Ogni nostra lettera è ultima. Una cosa è ultima prima dell'incontro, altra cosa - ultima per sempre. Forse perché ci scriviamo di rado, perché ogni volta — tutto di nuovo, dall'inizio. L'anima si nutre di vita — nel nostro caso: l'anima si nutre di anima: autodivoramento, vicolo cieco. E ancora, Boris, io credo di temere il dolore — questo semplice coltello che fruga e scava. L'ultimo dolore? Credo che sia stato allora, in Vandea. quando tu decidesti di non scrivermi più, e le lacrime, veramente, mi scendevano dagli occhi nella sabbia — nella vera sabbia delle dune. (Le lacrime per Rlilke] — quelle ormai non scendevano: volavano, verso l'alto, proprio come il Tamigi durante l'alta marea). Da allora nella mia vita non c'è stato più nulla. Più semplicemente: non ho amato nessuno per anni — e anni — e anni. L'ultima cosa a carne viva è ciò da cui è nato il Poema della fine, sei anni fa. La nascita di Mur ha cancellato tutto, tutto questo, e anche tutto quanto era russo. Ho avuto paura di: di nuovo! E ho avvertito la mia intangibilità. E sono tornata alla mia giovanile fama di «inaccessibile». Tutto — senza parole. Più semplicemente: non ho baciato nessuno per anni — eccetto Mur e i miei, quando partivano. — Ma hai forse bisogno di saperlo? E tutto questo — comincio a pensarlo — per lasciare molto spazio intorno a te, perché sulla strada a me tu non incontrassi neanche un'anima viva, perché venissi a me lungo me stessa (nel bosco — attraverso il bosco!), e non lungo braccia e gambe di battaglie. E — nessuna tentazione. Tutto ciò che non sei tu è nulla. L'unica forma di fedeltà per me possibile. Ma di questo mi rendo conto solo ora, in superfìcie mi sono soltanto fatta di pietra. Ah, Boris, ho capito: semplicemente, in me stessa do (coltivo) spazio a ciò che è ultimo, tuo, a ciò che se non si realizzerà mi verrà reciso dalla carne — a tutto ciò che deve-ancora-cssere - a tutto ciò su cui io segretamente costruisco — tutto. Boris, è l'ultimo giorno dell'anno, la terza ora del nuovo. Se morirò senza aver aspettato con te una mattina così, il mio destino non si sarà realizzato, io non mi sarò compiuta, perché tu sei la mia ultima speranza in tutta me stessa, in quella' me che esiste e a cui senza te non è dato esistere. Cerca di comprendere il grado di essenzialità, per me, di questa alba. U . Manna lo e mio figlio sulla strada Severceva, 27 agosto 1940 E1GREGIO compagno Pavlenko, vi scrive una persona in una situazione disperata. Oggi è il 27 I agosto, il 1° io e mio figlio, con tutte le nostre cose e un'intera biblioteca, saremo per strada, giacché nella stanza che ci era stata temporaneamente affittata fanno ritorno i proprietari. Comincio dall'inizio. Il 18 giugno 1939, poco più di un anno fa, sono tornata in Unione Sovietica con un figlio di quattordici anni, e mi sono stabilita a Bol'sevo, nella borgata Novyj Byt, nella metà di una dacia in cui viveva la mia famiglia, arrivata due anni prima. Il 27 agosto (oggi è l'anniversario) in quella dacia venne arrestata mia figlia, il 10 ottobre mio marito. Io e mio figlio siamo rimasti completamente soli, abbiamo tirato avanti in qualche modo scaldandoci coi rami secchi che raccoglievamo nel giardino. Mi sono rivolta a Fadeev chiedendogli aiuto. Mi ha detto che non disponeva di un solo metro quadro. Vivere in dacia era diventato impossibile sotto ogni punto di vista, congelavamo, letteralmente (...) E' stata una vita difficile e cupa: lampade a petrolio che continuavano a spegnersi, bisognava prendere 1 acqua dal pozzo spaccando lo strato di ghiac¬ cio, notti buie senza fine, le eterne malattie di mio figlio e i miei eterni terrori notturni. Non ho dormito per tutto l'inverno, la notte saltavo su ogni mezz'ora pensando (sperando!) che fosse già mattino. Troppo vetro (tutte quelle terrazze di vetro), troppo buio e angoscia (...). Marina Cvetaeva ( -li ultimi I >igl ietti Flabuga, 31 agosto 1941 M~ URLYGA! Perdonami, ma andare avanti sarebbe stato peggio. Sono molto malata, non sono I più io. Ti voglio un bene infinito. Capiscimi: non potevo più vivere. Di' a papà e ad Alja — se li vedrai — che li ho amati fino all'ultimo momento, e spiega loro che ero finita in un vicolo cieco. La mamma Cari compagni! Non abbandonate Mur. Imploro chi di voi può farlo di portarlo a Cistopol' da Nlikolaj] N|ikolaevic| Aseev. I piroscafi sono terribili, vi supplico di non lasciarlo partire da solo. Aiutatelo con il bagaglio — a prepararlo e a portarlo a Cistopol'. Spero nella vendita delle mie cose. Voglio che Mur viva e studi. Con me sarà perduto. L'indirizzo] di Aseev è scritto sulla busta. Non seppellitemi viva! Controllate bene. Caro Nikolaj Nikolaevic! Care sorelle Sinjakov! Vi supplico di prendere con voi Mur a Cistopol' - semplicemente di prenderlo con voi come un figlio — e che studi. Per lui non posso fare più nulla e lo sto solo rovinando. Nella mia borsa ci sono 150 rubli e cercando di vendere tutte le mie cose. Nel bauletto ci sono alcuni quaderni di poesie manoscritte e un pacco con gli estratti delle prose. Li affido a Voi, prendetevi cura del mio amato Mur, è molto cagionevole di salute. Amatelo come un figlio — lo merita. E me — perdonatemi: non ce l'ho fatta. M. C. Non abbandonatelo mei. Sarei follemente felice se vivesse con voi. Portatelo con voi, se partite. Non lasciatelo. Marina Cvetaeva ui diamo qui alcuni dell'anima (letteiriche (Poesie, Dadiavolo e altri racta e il tempo, Il mio finitivamente uscita nne firni ni. ito no, la notte salzz'ora pensando fosse già mattiro (tutte quelle o), troppo buio e Marina Cvetaeva mi 31 agosto 1941 ! Perdonami, re avanti sareb peggio. Sono alata, non sono voglio un bene mi: non potevo papà e ad Alja — che li ho amati momento, e spienita in un vicoLa mamma Non abbandoloro chi di voi tarlo a Cistopol' kolaevic| Aseev. terribili, vi supciarlo partire da con il bagaglio e a portarlo a o nella vendita ur viva e studi. perduto. L'indi è scritto sulla temi viva! Conkolaevic! jakov! di prendere con opol' - semplienderlo con voi — e che studi. so fare più nulla inando. rsa ci sono 150 o di vendere tut Nel bauletto ci aderni di poesie un pacco con gli ose. Voi, prendetevi mato Mur, è mol di salute. Amaglio — lo merita. natemi: non ce M. C. onatelo mei. Safelice se vivesse voi, se partite. o. arina Cvetaeva ( ietaera in una illustrazioni OGGI PNON NEMMUNA Ti L 31 matnica, (...) lsa, trovòzba aperdal cappassicurata a un gio. pendeva U cCvetaeva. Indossun grembiale. N(un locale ricavacomune dell'izbadivisoria che noal soffitto) vennbrevi lettere di alungo un medicoun passante a toMarina, ormai fpio Non fu sepogettò nel Kamapillole o liquidi dla morte verticalre non significal'immortalità. Saver saputo vinccioè, di nuovo(Marina CvetaevMolti credonovuoto di alcune de' 26 agosto, diimprovvisa di ospiti gentili, prceli il motivo derina Cvetaeva (qse? con chi parlòdere con tanta ucorrevano, a que«Suicidio: locche si trasformacorpo. E' come ste, colto da paudato in battagli— e quello avEroismo dell'aneroismo del co(Marina CvetaevLa Brodel'scikaver sentito un ecitato alterco iMarina e Mur lasto. Molti ricornon riusciva a pdre per averlo Mosca. Fu sepodi fossa comuneElabuga, su unaberi di pino. SsLa tomba di Mnon esiste. ( ietaera in una illustrazioni

Persone citate: Amaglio, Cvetaeva, Fadeev, Lettera, Marina Cvetaeva, Pavlenko

Luoghi citati: Alja, Mosca, Unione Sovietica