TOMBA DI S. PIETRO GIALLO IN VATICANO di Mirella Serri

TOMBA DI S. PIETRO GIALLO IN VATICANO TOMBA DI S. PIETRO GIALLO IN VATICANO HROMA A ottantasette anni, un sorriso gentile, capelli bianchi tenuti fermi da una leggera retina, occhiali pronti a scivolare fino alla punta del naso, doppio filo di perle, gonna e giacca in lambswool grigio: è Margherita Guarducci esperta di fama mondiale, indiscussa autorità nel campo degli sludi di archeologia e di epigrafia. Tutta la vita l'ha passata in mezzo ai graffiti, alle antiche iscrizioni greche o latine. Ha lavorato ai poderosi volumi delle «Inscriptiones Creticae» e a quelli della «Epigrafia Greca», si è impegnata in rivelazioni che hanno messo a rumore il mondo degli esperti sul- j la Fibula Prenestina. la più antica epigrafe latina, individuata invece come un falso ottocentesco. E si è dedicata infine alla sua più gigantesca impresa: la identificazione della tomba di San Pietro e delle reliquie del Santo. Proprio su questo argomento sta per uscire dell'instancabile epigrafista un libro di memorie e di ricordi, «La tomba di San Pietro. Una straordinaria vicenda» (Rusconi, pp. 171, L. 24.000). Un libro che è costruito come un vero e proprio «giallo archeologico» in cui Margherita Guarducci ripercorre tutte le tappe della sua avventurosa indagine iniziata ne! 1952 per volontà di Pio XII nella necropoli vaticana. E che nel corso degli anni si affolla di misteri, si riempie di ombre inquietanti. Tra incertezze, emozioni, timori, sorprese, l'archeologa si impegna per seguire ìe tracce c i complicati segnali che testimoniano dell'esistenza del sacro loculo, ma la sua ricerca è ostacolata da azioni di vero e proprio sabotaggio, da tentativi continui di rallentare il corso degli scavi, addirittura di far sparire e di sottrarre preziosi reperti. L'origine di questi pesanti attacchi, racconta la Guarducci, è proprio negli am- bicnti vaticani. Nasce dalla denuncia che la studiosa fa del modo in cui sono stati condotti i lavori dal 1940 al 1949 dall'equipe che l'ha preceduta nella ricerca della tomba di San Pietro. Guidato da monsignor Ludwig Kaas, segretario-economo della Fabbrica di San Pietro, un gruppo di scavatori è intervenuto con mano pesante su un patrimonio artistico di grande valore. «Erano state violate le più comuni regole degli scavi archeologici. La prima volta che entrai nella necropoli documentai subito con foto e con testimonianze dirette lo spetta colo di imorcssionante disordi¬ ne, lo stato di confusione e di irregolarità. Che andava dalla casualità con cui si avanzava — completamente a! buio, senza un'ipotesi, riducendo in detriti quello che non sembrava interessante alla mancanza di un giornale dei lavori», ricorda Margherita Guarducci. Siamo nella sua grande casa a via della Scrofa dove vive fin dagli Anni Trenta tra cuscini ricamati, quadri con fiori secchi, lampade liberty con la sorella Maria che le batte a macchina i lavori, la segue nelle sue ricerche e le assomiglia come una goccia d'acqua. «Avevano lavorato malissi mo — continua — utilizzando la "cartoccia'. un rozzo arnese con cui è stato facile distruggere preziosi reperti. Era impiegata addirittura per compiere sondaggi o per rimuovere con forti colpi quello che era di ostacolo per il raggiungimento della tomba di San Pietro. Sempre con lo stesso obiettivo furono sfondati pavimenti, venne tolta di mezzo una tomba cristiana del IV secolo, distrutta la colonnina marmorea di un'edicola del II secolo che si reggeva quasi per miracolo sorretta dalle molte costruzioni posteriori. Nel mausoleo dei Valerii, uno dei più importanti della necropoli, sfuggirono agli scavatori circa 50 bolli laterizii, tre maschere funerarie. Come potevo non rivelare questo scandalo? Così iniziarono gli interventi contro la mia già difficile esperienza». Il suo libro è ricco di episodi di questo genere. Lei racconta della diffusione per Roma di false epigrafi quando arrivò ad identificare il nome di Pietro. Come mai dà notorietà solo adesso ad un fatto così singolare? «E' la prima volta che ne parlo. Nel mio lungo rapporto con il Vaticano mi sono sentila depositaria di "tante segrete cose'' e ho desiderato che alcune di queste venissero alla luce Non ho scritto assolutamente nulla che non sia documentato. Per mettere in dubbio il riconoscimento dell'epigrafe di Pietro si tento di screditarmi: con la comparsa di epigrafi cristiane che poi risultarono clamorosamente false. Apparvero sui muri del Palatino, del Foro, dei Mercati Traianei». Un'altra vicenda da lei rievocala riguarda la scomparsa di una preziosa testimonianza: un frammento di intonaco con l'iscrizione del nome di Pietro. Che spiegazione individua per un'iniziativa del genere? «Non so dare nessuna interpretazione. A tenere nella propria stanza per più di cinque anni il pezzo di intonaco fu il gesuita padre Antonio Femia che aveva partecipato agli scavi compiuti in precedenza dal 40 in poi. Fu obbligato a restituire l'intonaco che aveva presentato in fotografia nel 1954 ad un convegno di archeologia cristiana. Pio XII. tramite il generale dei Gesuiti, intervenne perché padre Forma consc gnasse il frammento alla Fab Erica di San Pietro Comunque l'opposizione di quello che considero un gruppo molto conservatore, ostile in Vaticano a lavori scientificamente compiuti non si è certo esaurita'». In che modo si manifesta? •E' quasi incredibile. A me che ho lavorato in quei sotterranei per circa vent'anni è stato negato il permesso di accedervi, mi è stato proibito l'uso dell'archivio, non ho ottenuto le riproduzioni fotografiche che avevo chiesto per il libro Pietro in Vaticano che doveva uscire firesso l'Istituto Poligrafico delo Stato». E' un quadro certamente sconfortante. Come lo interpreta? «Sono fatti gravissimi. Ma io non mi scoraggio Sono molto religiosa e credo ch< le forze del male, gli impulsi negativi esistano nella vita delie persone, e che si manifestino proprio quando è più importante l'obiettivo». 11 suo metodo di lavoro quale è stato? «Anche negli scavi compiuti in Vaticano mi sono sempre mossa attraverso il rigore del ragionamento e della logica, della non casualità dei risultati li vero lavoro dell'epigrafista è come quello dell'antropologo: investe tutti gli aspetti della vita di una società, dall'economia al diritto, dalla religione all'arte. Le antiche iscrizioni si ritrovano in numerosi campi e per interpretarle bisogna affrontare numerose esperienze». Dopo questo libro, come prevede che saranno i suoi rapporti con il Vaticano? «La Chiesa esce indenne dalle mie conclusioni e io credo che bisogna difendere la verità a qualunque costo». Mirella Serri j // ìxilUt di M. I tnicius ( 'murili Uhi toni Marmino)

Persone citate: Antonio Femia, Guarducci, Ludwig Kaas, Margherita Guarducci, Pio Xii, Valerii

Luoghi citati: Roma