Scoprì l'Arca e trovò marito a Agatha Christie

Scoprì l'Arca e trovò marito a Agatha Christie Ricordi di un incontro con l'archeologo Léonard Woolley, a 60 anni dal suo libro più celebre Scoprì l'Arca e trovò marito a Agatha Christie «Lawrence d'Arabia scavava con me, ma pensava alla rivolta» LONDRA DAL NOSTRO INVIATO Gli occhi di Sir Léonard scintillavano, ed erano, con le folte sopracciglia e l'aria buona, motivo principale di quel suo fascino straordinario. Il grande archeologo m'aveva appena raccontato con tono pacato di quando, sulle pendici dell'Ararat, aveva scoperto quell'accumulo di pece e di sarchiarne, discusso relitto dell'Arca di Noè. Léonard Woolley, che aveva allora settantotto anni — si era nel settembre del 1958 , sarebbe venuto in Italia l'anno successivo. In.un club di Park Lane, dove i miei ospiti me lo fecero incontrare, quella prima volta, si parlò degli scavi che aveva condotto per dodici stagioni consecutive, dal 1922 al 1934, portando alla luce in Mesopotamia oltre duemila tombe, le tracce del diluvio, la patria di Abramo, una metropoli, la famosa Ur dei Caldei, e una civiltà. Una storia ben nota, parte integrante dell'archeologia moderna. Gli stessi amici che m'avevano introdotto presso Woolley m'hanno nei giorni scorsi appena ricordato come si compia di questi giorni giusto un sessantennio dall'uscita del libro che l'archeologo scrisse nel 1929, quale resoconto dei primi sette anni di scavi condotti fra Baghdad e l'estremità orientale del Golfo Persico, per scoprire Ur, con i suoi tesori. Woolley non amava dire di sé. ero stato avvertito, restìo a parlare anche dei collaboratori che aveva avuto. Rimasi cosi stupito quando, buttando là come per caso qualche frase su Aga tha Christie, di cui continuavano allora a mandare in scena a Londra una commedia di gran successo, ammise sorridendo: «L'abbiamo fatta rimaritare noi, voglio dire mia moglie ed io, soprattutto mia moglie». E mi spiegò come Kathanne, appunto la consorte di Woolley, avesse letto con interesse L'as sassinio di Roger Ackroyd e fosse quindi desiderosa di conoscere la scrittrice. Quando la Christie, in viaggio nel Medio Oriente, capitò a Ur mentre c'erano i Woolley, non potè non divenire subito loro amica. «Pensi che le suggerii perfino uno o due intrecci per dei futuri romanzi, ma mi accorsi che Agatha, con molto garbo, più che consigli li riteneva un po' un'intrusione, come se lei avesse detto a me qual era il modo migliore per effettuare nuovi scavi». Woolley mi raccontò particolari che, alcuni anni più tardi, annotai con piacevole sorpresa essere confermati dalla stessa Christie nelle pagine di An Autobiography. Ma Agatha non s'innamorò soltanto di Ur e dei Woolley. Ritornò un'altra volta nel deserto, per un'invincibile attrazione; si era ormai lasciata alle spalle la delusione del primo matrimonio con il maggiore Archibald Christie, sposato nel lontano 1914. Il divorzio era avvenuto nel 1927. Katharine Woolley, che aveva abbastanza il vezzo di decidere i firogrammi degli altri, grazie ala sua personalità piuttosto volitiva, pensò che Agatha doveva visitare Najaf e Kerbela, soprattutto per non perdersi la necropoli di Najaf, e decise che ad accompagnarla sarebbe stato Max Mallowan, insostituibile assistente di Woolley. «Max fece da guida e la con dusse nel deserto, ma la macchina andò in panne a causa della sabbia e fu una faccenda complicata rimetterla in moto», mi spiegò Woolley. «Il deserto, forse più ancora che mia mo glie, facilitò le cose. Fu naturale che Agatha e Mallowan si sposassero. Accadde, mi pare, nel 1930». «Comunque fosse poi andato quel matrimonio — aggiunse Woolley — la responsabilità di ogni cosa sarebbe stata un po' di mia moglie e questo l'ho sem prepensato. Non per nulla, Ka tharine suggerì ad Agatha di aspettare almeno due anni pri ma del fatale sì con Max. Mia moglie, forse, aveva avuto qual che rimorso». Wolley raccontava scegliendo con cura le parole e non raccoglieva le domande, che per la maggior parte, forse, gli sfuggivano. Colpito da una evidente sordità, captava le voci grazie al congegno acustico che gli causava spesso qualche problema. Estraeva allora di ta sca le pile e, scrollandole, gli riusciva facile dare la colpa a loro se non aveva inteso bene. Più difficile, ma soltanto sulle prime, far parlare Woolley di un altro suo eccezionale collaboratore,. Lawrence d'Arabia. «Lo conoscevo sin dal tempo degli studi, dai tempi di Oxford, voglio dire. Era di otto anni più giovane di me. Lo incontrai ad Aleppo nella primavera del 1912. Lawrence era smanioso di fare, se ne andava in giro ve stito da arabo, affamato di letture e di scoperte; un cervello forse troppo ricco per un solo corpo, per un'unica esistenza». Woolley mi raccontava queste cose e dalle finestra di quella sala in cui ci trovavamo si vedeva un ampio tratto del parco di Kensington, con quell'angolo che aveva contribuito a ispirare a Barrie il suo Peter Pan. Ma forse, oltre i vetri, Woolley scorgeva il deserto, le dune, Ur, gli scavi. «Compimmo con Lawrence un lavoraccio per scavare a Karkemish. Alla sera, quand'e ravamo tutti sfiniti, lui parlava di Senofonte, di Alessandro, della Bibbia, come non avesse alcuna intenzione di distendersi per dormire. E tornava soven te a dire di quando, all'inizio del suo cammino, aveva dormi¬ to su un masso, a Vezelay, all'ombra dell'abbazia. Non sopportava i turisti, i visitatori occasionali. Le intrusioni lo disturbavano, come succedeva del resto anche a noi, che cercavamo però di non rivelarlo». «Così ebbe alcuni scontri con Gertrude Bell, che si era fermata un giorno a Karkemish. Doveva essere la primavera del 1911. La scrittrice era di temperamento alquanto stravagante, piuttosto xittoriana di opinioni, ma furono contrasti momentanei, poi tornò subito il sereno». Lawrence e Gertrude presero poi parte insieme alla Conferenza del Cairo del 1921. presieduta da Winston Churchill. Rammento il sorriso che distendeva le rughe sul volto di Woolley, quando disse: «E, forse anche per allontanare gli indi screti, a Kermemish allevammo anche un magnifico animale, un leopardo delle nevi, a cui Lawrence era attaccatissimo. Lo accarezzava lentamente mentre alla sera s'inventava incredibili storie di fantasmi, ma lo faceva per rendersi ancor più interessante. Poi dovemmo occuparci. Lawrence e io, di compiere rilievi topografici ad Akaba e nel Sinai. Lawrence amava l'archeologia, senza dubbio, ma aveva già nel cuore la fiamma insopprimibile della grande Rivolta araba, soprattutto dopo che a noi s'era aggiunto Neweombe, il leggendario capitano del genio, un abile sabotatore. Ma tutto ciò con l'archeologia non aveva molte assonanze. I turchi ebbero perciò qualche problema con noi, e giunsero a spedirci fuori dal territorio. Fu un bel momento, un'avventura che non ho mai dimenticato». Schegge d'appunti che m'affrettai a fissare nel taccuino, affascinato dal grande archeologo e dai personaggi che evocava. Woolley morì nel 1960. Renzo Rossetti Sir Léonard Woolley scoprì i tesori di Ur e l'Arca di Noè Lawrence d'Arabia: «Lo conoscevo sin dal tempo degli studi, a Oxford»