Piemontese all'università di Maurizio Lupo
Piemontese all'università Un gruppo di professori chiederà una cattedra di cultura subalpina Piemontese all'università Appena l'ateneo torinese sarà autonomo TORINO. La cattedra di «cultura e lingua piemontese» verrà chiesta per l'Università di Torino non appena diventerà operativa la legge che dal maggio scorso prevede la concessione dell'autonomia agli atenei italiani. «Mi attiverò allora personalmente insieme ad altri colleghi assicura Giuliano Gasca Queirazza, professore di filologia romanza alla facoltà di Magistero di Torino — affinché il nuovo ministero dell'Università intre-uca nello statuto del nostro ateneo l'insegnamento di "cultura e uso linguistico piemontese", una disciplina che bisognerà concepire in modo equilibrato ed attento, affinché sia mezzo di tutela di tutte le parlate storiche della nostra regione. Già una dozzina di anni orsono avevo chiesto che fosse inserita nello statuto della nostra facoltà la disciplina di franco-provenzale e provenzale-alpino. Roma rispose no, ma ora con l'autonomia universitaria le cose potranno cambiare, la decisione finale spetterà a noi». Anche perché l'ateneo torinese ha tradizioni, talenti e ricerche che se venissero sostenuti potrebbero riverlarsi utili non solo per la cultura subalpina, ma anche per quella di tutte le etnie locali d'Italia. C'è chi ora attende che la Regione si decida ad approvare la legge sulla «Tu¬ tela, studio, promozione, divulgazione del patrimonio linguistico e culturale del Piemonte», ma già da anni il mondo accademico piemontese opera, quasi inascoltato da Roma, per garantire il pieno riconoscimento delle lingue regionali. Si deve al professor Ferruccio Deva, direttore dell'istituto di Pedagogia del Magistero torinese, quel passo che nei programmi didattici ministeriali per la scuola elementare sancisce dal 1985 che l'insegnamento della lingua deve «rispettare l'eventuale uso del dialetto in funzione dell'identità culturale del proprio ambiente». «E' un'indicazione — spiega Deva — che finora non mi sembra sia stata molto sottolineata, ina che comunque permette a una futura legge regionale di trovare conforto in una norma già esistente sul piano nazionale». L'Università di Torino possiede anche uno dei sussidi didattici più completi che esistano in Italia per studi approfonditi sul patrimonio etnico. E' «l'Atlante linguistico italiano», un'opera faraonica di 5 milioni di schede e 10 milioni di fotografie, che censiscono parole, costumi ed usi delle comunità locali di tutta la penisola, con dati raccolti in mille centri italiani, grandi, medi e piccoli. E' una ricerca avviata nel 1924 dal filologo friulano Ugo Pellis e dai glottologi torinesi Matteo Bartoli e Giulio Bertoni. L'opera è stata compiuta nel 1964, dopo 60 anni di lavoro. In virtù di una convenzione firmata con l'Istituto Poligrafico di Stato verrà pubblicata in venti tomi che permetteranno la consultazione di 2 mila carte linguistiche. «Peccato però — nota il professor Arturo Genre, diret¬ tore dell'Atlante — che non abbiamo nemmeno una persona per seguire un simile lavoro. Ci mancano anche i fondi. In un anno si sono ottenuti solo 5 milioni dal Cnr. Abbiamo bisogno di aiuto e pertanto un anno fa ho chiesto un appuntamento all'assessore alla Cultura della Regione Piemonte, ma non mi ha mai risposto. E Roma, in attesa che il nuovo ministero dell'Università diventi operativo, non dà supporti. Ben vengano quindi quei provvedimenti che ci permettano di introdurre lezioni di cultura regionale. E' assurdo che si viva senza conoscere il proprio retaggio, solo perché c'è uno Stato che si concentra su Roma e insegna la storia con ottiche di Roma». La scarsa attenzione al problema ha già creato dei danni. «La cattedra di dialettologia italiana istituita alla facoltà di Lettere di Torino — ricorda il preside Adriano Pennacini — non è attivata da tempo. Era del professor Corrado Grassi, discepolo del grande Benedetto Terracini. Venivano quasi sempre curati temi di carattere piemontese. Ora però da quando Grassi è andato ad insegnare a Vienna non siamo più riusciti a sostituirlo. Eppure l'interesse per la cultura piemontese c'è. In attesa di sviluppi gli studenti possono concordare piani di studio direttamente con gli insegnanti. I professori Riccardo Massano e Gianluigi Beccaria hanno seguito tesi di letteratura piemontese. Ne sono scaturiti lavori interessanti, quali ad esempio quelli sul drammaturgo rinascimentale Giovan Giorgio Allione o sulle opere di Angelo Brofferio». Maurizio Lupo L'ingresso di Palazzo Nuovo: vi si insegnerà il piemontese?
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