Il ritorno dei «magnacucchi» di Maria Antonietta Macciocchi

Il ritorno dei «magnacucchi» Convegno sugli «eretici di Reggio Emilia», deputati pei cacciati nel '51 Il ritorno dei «magnacucchi» Difesero Tito contro Stalin e Togliatti REGGIO EMILIA. Non li trattarono certo con i guanti, il Valdo Magnani e l'Aldo Cucchi, entrambi reggiani ed entrambi deputati del pei dal 1' aprile '48. Deliberandone l'espulsione dal partito, il 1° febbraio del '51, il Comitato federale di Reggio Emilia accusò il primo di «tradimento», di tentativi per «colpire infamemente il compagno Togliatti», di essere «un volgare e spregevole strumento nelle mani della reazione». Quanto a Cucchi, la Federazione pei di Bologna lo bollava come «uomo senza princìpi e senza carattere, falso e provocatore agente del nemico». E Togliatti, sull'«Unità» del 28 febbraio successivo, non trovò di meglio che liquidare i due «traditori» così: «Anche nella criniera di un nobile cavallo da corsa si possono sempre trovare due o tre pidocchi»... Ma che cosa avevano fatto i due «pidocchi», fino a poco tempo prima stimati dirìgenti del partito, con un passato di tutto rispetto nella. Resistenza, per meritarsi simili appellativi? Come verrà ricordato nel convegno su Valdo Magnani, scomparso a 69 anni nel febbraio '82, che si terrà venerdì e sabato a Reggio Emilia («La ricerca di una sinistra autonoma e democratica») a cura della Lega nazionale delle cooperative in collaborazione con l'Istituto Gramsci e le Fondazioni Nenni e Basso, i due avevano manifestato apertamente il loro dissenso dalla linea del partito sulla subordinazione alla politica sovietica e, in particolare Magnani, il rifiuto della scomunica staliniana — e quindi anche togliattiana — lanciata contro la via jugoslava al comunismo imboccata da Tito. Convinto inoltre che in Italia «la rivoluzione democratica della classe operaia si fonda sulla capacità della classe lavoratrice di realizzare in questo periodo l'unità nazionale», e non sul comunismo esportato con l'Armata Rossa, Valdo Magnani espresse coraggiosamente le sue convinzioni, all'epoca ideologicamente «deviami», al VII congresso provinciale della Federazione pei di Reggio, il 19 gennaio '51: l'accoglienza fu talmente gelida che sei giorni dopo, a Roma, Magnani e Cucchi, che condivideva le sue idee, rassegnarono le dimissioni dalla Camera e da ogni incarico di partito. Il pei non si accontentò delle dimissioni, che respinse, per espellere i due «Magnacucchi» (la definizione, più sprezzante che ironica, fu di Maurizio Ferrara) come «volgari traditori». In seguito Cucchi e Magnani seguirono strade diverse: il primo confluì nel psdi; il secondo, dopo aver fondato prima il Mli, Movimento lavoratori italiani, poi l'Usi (l'Unione socialisti indipendenti), finì per entrare, nel '57, nel psi. Nel '61 la nuova svolta di Magnani: il rientro nel pei. Motivo? «E' semplice — spiegò egli stesso in un'intervista a Giampaolo Pansa pochi giorni prima di morire —. C'era stato il XX Congresso del pois, con la condanna di Stalin. E anche il pei stava cambiando: gradatamente, ma cambiava... e oggi, nel pei, si può parlare, dissentire». Il pei di oggi, ancor più di quello dei primi Anni 80 cui si riferiva Magnani, assomiglia molto al partito che il deputato reggiano sognava fra il '46 e il '51: e questa è una ragione in più per rendere attuale la discussione sulla figura di Magnani che si terrà nei prossimi giorni a Reggio. Giancarlo Pajetta ricorda bene quel periodo, la condanna di Tito, l'espulsione di Cucchi e Magnani. Fu, quest'ultima, una decisione sofferta? «Niente affatto. Magnani era un compagno molto stimato, ma le sue dichiarazioni contrarie alla politica del pei, la sua improvvisa ostilità, colsero tutti di sorpresa. Anche formalmente, fu un comportamento molto scorretto: la sua espulsione era necessaria». Ma era indispensabile trattare due come Cucchi e Magnani, con il loro passato nella Resistenza, da traditori? «Sono accuse e termini suggeriti dall'at¬ mosfera che si respirava allora: oggi non sarebbe assolutamente così. Ma il fatto che la stima per Magnani rimase intatta è dimostrato dal fatto che quando, dieci anni dopo, chiese di rientrare nel pei, venne accolto serenamente, nessuno chiese autocritiche». Il convegno di Reggio Emilia, promosso da istituti legati sia al pei sia al psi, può avere il senso di una riabilitazione di Magnani? «Valdo Magnani non ha bisogno di alcuna riabilitazione: e per il lavoro intenso che ha svolto con grande modestia, senza mai rivendicare il proprio passato, come sarebbe stato anche legittimo; e per il nostro riconoscimento che su Tito aveva ragione lui, che allora sbagliavamo». Il politologo socialista Giuseppe Tamburrano presiederà una parte dei lavori del convegno. Chi era Valdo Magnani? «Un personaggio emblematico, per quegli anni: lo dicono la sua posizione di non acquiescenza all'Urss, la sua ricerca di una via democratica al socialismo, che non a caso lo portarono a militare nel psi prima di tornare in un pei divenuto più aperto. Non è stato un militante "irrequieto", ma al contrario estremamente coerente. E ha lasciato un messaggio di unità delle forze di sinistra». Lo storico Carlo Vallauri parlerà a Reggio delle «Eresie socialiste degli Anni 50». Di Magnani ricorda «la gioventù nell'Azione cattolica, la laurea in filosofia con una tesi su Condorcet. Poi la ricerca di una strada autonoma, in particolare nei confronti dell'Urss, per i comunisti italiani; la chiarezza di un'esigenza di unità per la sinistra italiana, che darà vita anche a riviste come "Tempi moderni" e "Ragionamenti"». Un altro storico, Stefano Bianchini, interverrà su «Valdo Magnani fra Tito e Togliatti». Un'equidistanza dunque? Non si sarebbe detto: «Ci sono tre fasi, nella vita politica di Magnani, della sua "lettura" di Tito e Togliatti. La prima durante la guerra e nell'immediato dopoguerra, quando si formò il suo pensiero sulla democrazia progressiva. La seconda al momento della rottura con il pei; la terza durante il decennio successivo. Credo che Magnani abbia elaborato in maniera ori ginale elementi tratti da entrambi, trovandosi spesso l.o me dire, "preso in mezzo' a volte strumento consapevole di rottura, a volte ostacolo inconsapevole alla riconciliazione». Per Maria Antonietta Macciocchi, transfuga non pentita dal pei, la condizione di espulso dal pei è «tremenda»: «Uno come Magnani non poteva non sentirsi come rinnegato dalla "famiglia". Trattato come un appestato, senza più amici, lui, uomo con le carte in regola, che si è ribellato a Togliatti, e che anche i! resto dell'opaco mondo politico italiano finge di non vedere. Il convegno è importante perché apre un processo nuovo di revisione del passato da parte del pei: e chissà che non arrivi un giorno anche a ridiscutere del caso Silonc, del "Manifesto" e, perché no, dell'altrettanto grave cacciata dal partilo degli intellettuali non allineati, episodi non lontani, si badi, ina accaduti anche durante l'epoca di Berlinguer...». Maurizio Spatola Giancarlo Pajetta. Maria Antonietta Macciocchi e Giuseppe Tamburrano ripensano le «idee» dei due dirigenti comunisti Valdo Magnani: difese le «vie nazionali al socialismo» nell'immediato dopoguerra