Cento Stati uccidono ancora

Cento Stati uccidono ancora Amnesty chiede l'abolizione della pena di morte in un convegno a Torino Cento Stati uccidono ancora «Vendetta» disumana, degradante e inefficace Sono ancora tanti gli Stati che uccidono, almeno cento secondo il rapporto di Amnesty International discusso sabato in occasione del convegno «La pena di morte nel mondo», organizzato dal movimento in collaborazione con l'assessorato per la Cultura del Comune di Torino. Nella sala dell'appena ristrutturato Museo dei Cinema dove è avvenuto l'incontro, ad ascollare c'erano soprattutto i giovani, numerosissimi e partecipi, studenti delle superiori e dell'Università. I posti a sedere si sono subito dimostrati insufficienti e molti si sono sistemati a lena, nei corridoi. Dietro i microfoni, intellettuali (Carlo Ottino, docente di storia e filosofia al liceo Alfieri, Amedeo Cottino, docente di sociologia del diritto a Palazzo Nuovo, Ayad Al Abbar, lettore di lingua araba, Ermis Segatti, sacerdote, docente di teologia), responsabili di Amnesty (Alberto Viberti, Paola Bonini, Maurizio Lana), politici (l'assessore Marziano Marzano, il deputato Bianca Guidetti Serra). Tesi comune e obiettivo dell'attuale campagna di Amnesty International: abolire la pena di mone a livello mondiale, mobilitare con decisione l'opinione pubblica per far pressione sui governi dei vari Paesi in cui vige ancora la pena affinché questo estremo provvedimento I venga assolutamente abbandonato. I relatori hanno ricordato come la pena di morte, disumana e degradante, non abbia particolari poteri di dissuasione del crimine e come spesso venga utilizzata per eliminare dissiI denti e oppositori politici. Inoltre il ricorso alla pena ca' pitale non è giustificabile da I nessun punto di vista perché ! questa forma di violenza legai lizzata «è anche sostanzialmen! te sprovvista di capacità preI ventiva — ha sostenuto Amej deo Cottino — dato e non con| cesso che la pena inflitta in ge! nerale possa vantare di • possedere tale capacità». Amnesty International ha se- i gnalato 3399 esecuzioni, avvenute tra il 1985 e la prima metà ', del 1988. Questi sono solo i casi 1 noti. Purtroppo le violazioni dei i diritti umani sfuggono di gran lunga ad ogni statistica. Negli | Stati Uniti in cui la pena è in viI gore, si sostiene la legittimità di | questo mezzo, ritenuto indij spensabile per combattere l'omicidio, il traffico di droga, il i terrorismo, la corruzione e l'adulterio. Ma la riduzione della criminalità attraverso l'applicazione della pena di morte, cosi come l'infallibilità del giudizio umano, sono indimostrabili. «L'abolizione della pena di morte è l'unico modo per essere sicuri che non vengano giustiziati degli innocenti», si legge nel documento di Amnesty. «In molti Paesi essa è applicata in modo sproporzionato nei confronti dei poveri e delle minoranze razziali o etniche. E' spesso strumento di repressione politica; inoltre il suo uso arbitrario è irrevocabile». Sono in molti a prendere ap¬ punti, a dimostrarsi davvero interessati Durante il break di mezzogiorno c'è chi avvicina i relatori. Alcuni vogliono sapere della strage in piazza Tien An Men, della situazione cinese «ormai relegata dai mass-media nel dimenticatoio», dicono. Altri consegnano a Paola Bonini (responsabile del coordinamento nazionale Asia di Amnesty Internationale) dei foglietti con gli interrogativi di sempre: «E' legittima la pena di morte per crimini di particolare efferatezza?», «E con Jack lo squartatore come la mettiamo?». Al di là delle intenzioni dell'anonimo interlocutore (rimaste sconosciute: goliardia, provocazione, ingenuità?), la domanda comunque ha la sua legittimità, se il senso è: cosa fare davanti alla violenza gratuita, alla bestialità esplosa senza perché? La risposta di Amnesty International è netta: nessuno va punito con la pena di morte. Alla coscienza di ciascuno continuare la riflessione. Paola Campana

Luoghi citati: Asia, Comune Di Torino, Stati Uniti, Torino