Satana al congresso dei vescovi

Satana al congresso dei vescovi L'appello del cardinale Martini per rilanciare la vera «questione morale» Satana al congresso dei vescovi «Non si sa più che cosa siano Inferno e Paradiso» ■« ti ELLA diagnosi della conI* dizione delle Chiese euro■ pee fatta nei giorni scorsi » dal loro presidente, il .4" I card. Martini, sembra apparso in scena una volta Satana e il suo Inferno: questa volta, in un discorso serio, che ha soprattutto il grande merito di non nascere estrapolato dalle realtà fondamentali in cui il cristiano è vincolato a credere: la morte, la resurrezione, l'Inferno, il Purgatorio, il Paradiso. Satana c'entra di conseguenza, ma non come antagonista di Dio. La denuncia non viene da un esorcista, bensì da un pastore di forte logica, grande cultura biblica, fede e autorità qual è il presidente dei vescovi europei Martini, durante l'incontro rumano con i vescovi del Continente, ha lamentato non tanto che i cristiani non credono più all'esistenza di Satana, bensì che sono in crisi nel Vecchio Continente la fede e l'accettazione dei «Novissimi», cioè i cardini di quel dopo, di quell'aldilà in cui, in virtù della verità della resurrezione, garantita da Cristo, i cristiani non possono non credere. Sono in crisi, o vi si crede sempre meno, secondo Martini, le «rappresentazioni escatologiche» dell'Inferno, del Paradiso, del Purgatorio, del giudizio fina le, della resurrezione. Traballano, insomma, e si annebbiano i cardini della sopravvivenza dell'uomo dopo la morte, i «luoghi» e le «condizioni» in cui, nella vita dopo la vita, il merito dell'uomo è chiamato a rendiconto per sempre. «Una parte dell'eredità cristiana — ha detto Martini — è passata più o meno sotto silenzio, perché non si sa più come rappresentare il Purgatorio. l'Inferno, il Paradiso. Molti credono spontaneamente all'immortalila dell'anima. Ma come si articola questa credenza con la resurre/ i zione?». Dove metterla, dopo, quest'anima, dove pensare questo corpo, come credere di ritrovare le persone amate? Martini non rilancia dunque Satana come tale, isolato dal suo contesto poliforme di terrori e orrori. Parlare solo del Diavolo, o soltanto dell'Inferno, non è buona teologia, fa capire il biblista Martini; buona teologia e retta fede è credere nell'insieme dei destini della vita e della morte, del «qui e osa» e «dopo». Saggiamente, Martini ha voluto piuttosto denunciare una crisi di cultura della fede, non annunciare catastrofi. E' uomo di speranza, non è pessimista. Vede la realtà, ci invita a farci i conti, dalla vita al dopo vita, nel bene e nel male, con davanti il Paradiso o l'Inferno. «Non sarà necessario ha detto Martini— convocare un Concilio ecumenico». Basta il catechismo, soprattutto quel «catechismo universale» in corso di elaborazione da troppi anni. Il valore concreto delle indicazioni di Martini sta tuttavia nell'appello alle Chiese europee perché cambino o riformino il lessico, gli argomenti, i valori di una predicazione dogmatica e pastorale in grado di rieducare il popolo cristiano alla fede. Le Chiese europee, secondo Martini, sono «sempre più senescenti, decadenti o minoritarie in società che esse stesse lasciano secolarizzare». Sono dunque Chiese che non credono più nell'esistenza di Satana, magari per espiare l'eccesso negativo del passato in cui Satana e l'Inferno, nella predicazione più spicciola, avevano il primato sulla stessa dottrina della misericordia di Cristo Redentore e Salvatore? Non parrebbe, perché anche la fede nel Paradiso è oggi vacillali te, e l'argomento è sempre più emarginato o ridotto quanto ! quello sull'Inferno. Sembra che un conformismo imponderabile, neutro, asettico ma implacabile, eviti il punto-chiave che esaltava da sempre la fede nei grandi secoli cristiani, fede fondatasi sì anche sulla «paura» dell'Inferno, ma soprattutto garantita dalla certezza della salvezza, cioè del Paradiso. L'«Inferno può attendere», sembra dire il basso profi lo attuale della predicazione complessiva delle Chiese del Vecchio Continente. Di colise guenza, «può attendere» anche il Paradiso. E «disoccupati» resterebbero sia Dio che il Diavolo. Il vero ateismo, la più nullificante «idolatria», nella società del benessere non avrebbe né fiducia in Dio né paura di Satana. Sarebbe una società cristiana che tira a campare, che teme soprattutto il disturbo dei «Novissimi» che restano pur sempre i cardini su cui si gioca nella vita, in camminc verso il «tempo elenio» di Dio. «Ben unni Sala na», dice qualche leolo^u io Dio vien ridoito <i una «camomilla Martini ha collo in una sititi -i asciutta e rigorosa soprattutto questo pericolo, questo calo di responsabilità delle Chiese per aver favorito, anche se in buona fede, se non la scomparsa, certo la pulviscolarizzazione dei «Novissimi». Si ha l'impressione che più si moltiplicano anche in Italia gli esorcisti e i convegni su Satana, più manchi il discorso fondamentale teso a chiarire in buona teologia e in realistica sociologia una piena cultura della fede. La foiza anche sociale, e persino politica, di questo rilancio della vera «questione morale» universale è ancora quasi tutta da liberare rimettendo in circuito, anche nella vecchia e nuova Europa, nelle coscienze personali e collettive, tanto dei credenti che dei laici, la verità ultima. Perché la vera fede e l'autentica laicità esigono, con pari intransigenza, che non abbiamo «altro Di»/, di non adorale alcun «ido lo». Num eoo FahtM etti nichelando "Il Giudizio universale (Roma. Cappella Sistina, particolare)

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