Neffa un talento ma non commuove Burgnich di Franco Badolato

Neffa un talento, ma non commuove Burgnich Nella quieta Cremona muove i primi passi italiani il calciatore-prodigio scoperto in Paraguay dalla Juventus Neffa un talento, ma non commuove Burgnich E Chiorri (preferito dal tecnico) confessa: «Può emulare Baggio» CREMONA DAL NOSTRO INVIATO Nella banca del commendator Luzzara, il grigiorosso football club, la Juventus ha depositato da dodici giorni un lingottino d'oro proveniente dal Paraguay, Gustavo Neffa, 18 anni il 3 novembre. E' un'operazione costata a Boniperti 300 milioni (l'opzione nei confronti dell'Olimpia di Asunción). Nello Governato, l'uomo-mercato che l'ha seguito durante la Coppa America, oggi viene a Cremona per vederlo ancora. Magari solo per un tempo, contro la Fiorentina di Baggio ma priva di 1 lunga (malato) oltre a Kubik e Dertycia fuori per scelta tecnica. La Cremonese lo sta allevando in prospettiva di un passaggio alla Juventus, magan insieme con il gioiello viola. Da martedì 17 ottobre Gustavo Neffa divide Una stanza dell'hotel Continental con' il padre Eduardo, massiccio commerciante di legname che ha lasciato nelle mani di un socio l'attività pur di non perdere di vista la pepita d'oro estratta dalia Juve nel lontano Paese sudamericano. E' arrivata ieri sera per festeggiare Gustavo vicino al compleanno la mamma Marina Asunción. Dal 3 novembre, dunque, per la nostra legge Gustavo sarebbe maggiorenne ma in Paraguay bisogna aspettare i vent'anni per avere le chiavi di casa. La sua vita è confinata in questo scenario di provincia al1 interno del quale è facile misurare i suoi passi: dall'hotel allo stadio Zini sono 400 metri. Neffa sogna il debutto dall'inizio, Burgnich, tecnico della Cremonese, afferma: «Il suo nome non influenzerà le mie scelte. Se dimostrerà di essere superiore a chi gioca attualmente avrà un posto. Altrimenti un anno di panchina non gli farà male, tutti gli stranieri hanno da imparare dal nostro campionato. E' un elemento interessante, lo dovrei vedere in una partita intera». Ma il debutto dall'inìzio è rinviato. Dice Neffa: «Sarebbe bello confrontarsi con Baggio sul campo. L'ho visto in tv, in Paraguay trasmettono sempre una partita del vostro campionato. Forse io sono più attaccante e ho un buon tiro sia in corsa che da fermo, come lui. Ma Baggio è più fantasioso di me, nel dribbling è quasi impareggiabile». E Chiorri, fantasista casereccio, afferma: «In un buon organico Neffa potrebbe giocare anche dietro due punte, un po' come Baggio». I paragoni volano, anche Maradona è stato scomodato. Neffa si rende conto per primo che è tutto così prematuro: «Boniperti mi ha detto: "Gioca bene, non pensare ai grandi campioni". Ha ragione, io sono Neffa e basta». Ma chi è questo paraguayano esploso in fretta, già in Nazionale da sei mesi, precoce come solo Rivera forse ha saputo essere? Quando ha capito di poter diventare un buon giocatore? «Avevo quattordici anni quando dalle giovanili dell'Olimpia Asunción è venuta la prima chiamata importante, la nazionale juniores. Poi il 14 gennaio '87, a 15 anni appena compiuti, la prima volta da titolare». Nella scorsa primavera e nell'estate Neffa è entrato al centro dell'attenzione prima con la doppia finale di Coppa Libertadores con il Mcdellin «persa nel ritorno a causa dell'altura, abbiamo sofferto il mancato acclimatamento», poi le sfide di Coppa America. Infine la chiamata della Juve, l'arrivo sotto il Torrazzo, proprio mentre in tutta la Padania cominciava a scendere la nebbia. «Ad Asunción ci sono 40 gradi all'ombra, qui fa freddo, il clima credo che sarà il mio nemico peggiore». I suoi primi passi in Italia sono stati guidati, oltre che dal padre («ho lavorato una vita per mettere insieme 5000 dollari, ora rum la crescita di questo ragazzo»), anche da un commerciante di pellami di Ospitaletto, Daniele Martinelli, che fa da interprete alla famiglia Neffa. Si sta anche interessando per far sì che Gustavo, cui mancano quattro esami per il diploma di scuola secondaria, possa terminare gli studi a Cremona. La musica dei Mercury, il gruppo preferito, i film d'azione, gli spaghetti e la pizza non possono bastare. «Ma gli allenamenti qui sono più pesanti che in Paraguay. E in partita si picchia di meno. L'Italia mi migliorerà senza togliermi l'abitudine alla sofferenza in campo. Mi sento già un po' italiano, auguro agli azzurri la finale mondiale. Con chi? Credo Germania o Brasile». Franco Badolato