Dietro l'intervista un vecchio sgarbo di Alberto La VolpeSimonetta Robiony

Dietro l'intervista, un vecchio sgarbo Dietro l'intervista, un vecchio sgarbo / retroscena della trattativa per avere il colonnello in tv ROMA. Che cosa c'è dietro l'intervista di Alberto La Volpe a Gheddafi? Come ha fatto il direttore del Tg2 a convincere il leader libico a ripondere sull'assassinio di Boberto Ceccato? Quante domande erano concordate e quante no in questa intervista televisiva a mezzo satellite che tanto sta facendo discutere? «La prima risposta di Gheddafi mi ha gelate — confessa La Volpe —. Tutto mi aspettavo, tranne che il colonnello mi dicesse di non saperne niente della morte del tecnico Boberto Ceccato. Pur conoscendo da anni il suo personaggio sono rimasto sconcertato. E' state ovvio, a quel punto, lasciar da parte la scaletta concordata con il suo ambasciatore a Boma e andare a ruota libera, insistendo con due o tre domande, per capire quali scuse Gheddafi offriva per giustificare il suo essere all'oscuro dai fatti. Più lardi, a mente fredda, riflettendo, mi sono venute in mente alcune spiegazioni». Quali per esempio? «Una è che Gheddafi si trincera spesso dietro il fatto di non avere cariche ufficiali nel suo Paese dove, non a caso, viene solo indicato come il leader. Anche stavolta l'ha fatto. E l'ha fatto, probabilmente, per prendere le distanze dalle polemiche suscitate in questi giorni. L'atteggiamento di Gheddafi sul terrorismo sta cambiando. E' per questo, a mio parere, che ha sostenuto di non aver notizia alcuna né della morte del tecnico italiano, né della nave dei libici ferma a Napoli. Del resto anche alla domanda su chi debba considerarsi responsabile dei morti innocenti provocati dagli attentati terroristici. Gheddafi, quasi a voler ripristinare una mentalità legalitaria, ha risposto che i responsabili sono solo quelli che li compiono». Perché parlando davanti alle telecamere il leader libico l'altra sera assumeva atteggiamenti tanto stravaganti, come cercasse l'ispirazione per la risposta? «Fa parte anche questo del suo personaggio. Gheddafi usa toni mistici, ascetici per accentuare, quando gli fa comodo, il suo apparente distacco dai fatti del mondo. Non a caso nel suo Paese tiene ad alimentare la voce di non leggere mai giornali ma di passare molte ore sui libri che contengono più verità della stampa». Dietro l'intervista di Gheddafi alla televisione italiana, intervista richiesta nel pomeriggio di venerdì all'ambasciatore libico a Boma e ottenuta intorno alle otto di sera, subito dopo l'invio attraverso l'ambasciata di una serie di domande scrìtte, c'è un piccolo, curioso antefatto. Qualche anno fa Alberto La Volpe, che all'epoca era capo degli Speciali del Tgl, dopo accordi preventivi, era andato a Tripoli per intervistare il colonnello: l'attesa in albergo era durata tre giorni. Alla fine, convocato nel bunker dove Gheddafi vive accuratamente protetto pcr realizzare nello studio tele- visivo personale del leader libi- co l'intervista, era stato fatto passare da una stanza all'altra, tra tè alla menta e dolcetti, per poi esser liquidato senza alcuna giustificazione cinque ore dopo. «Credo — dice La Volpe che i motivi per cui noi, tra i tanti che l'hanno chiesta, abbiamo avuto questa intervista esclusiva sono due: il primo, il più evidente, è che Gheddafi aveva voglia di parlare, l'altro è che il suo ambasciatore voleva risarcirmi per la beffa subita». Fino all'ultimo momento comunque la redazione degli Speciali del Tg2 dubitava di riuscire nell'impresa. Un dubbio espresso in televisione dall'uso del condizionale durante il telegiornale della sera quando ne è stato dato l'annuncio, un dubbio che si era tramutato in certezza dieci minuti prima dell'inizio del programma alla richiesta fatta da Tripoli di illi¬ ziare la trasmissione con l'in tervista a Gheddafi, perché, cs sendo lui il leader, aveva il di ritto a parlare per primo, Bacconta La Volpe: «Ero in regia pronto a partire. Ho spie- bato che questa era la tv italiana e non quella libica, ho ribadito che prima doveva parlare il padre del tecnico ucciso a Tripoli e il nostro ministro degli Esteri De Michelis, ho ripetuto che non ero disposto a cambiare di una virgola il programma. Non so come l'ho convinto». Intervistare Gheddafi, in diretta via satellite dal suo studio televisivo del bunker di Tripoli, è impresa che riesce a pochi: le tv europee l'hanno tentata senza ottenerla, quelle americane invece ce l'hanno fatta. E ieri mattina per prima cosa Alberto La Volpe ha voluto ringraziare l'ambasciatore libico per averlo aiutato. «Vede? Nella vita bisogna sapere aspettare», gli ha risposto l'ambasciatore. Simonetta Robiony

Luoghi citati: Napoli, Roma, Tripoli