Falk e Capolicchio si è ormai spezzata l'ala della giovinezza di C. A.
Folk e Capolicchio si è ormai spezzata l'ala della giovinezza L'opera di Tennessee Williams Folk e Capolicchio si è ormai spezzata l'ala della giovinezza MILANO. Sul palcoscenico del Manzoni è apparsa l'altra sera la «Dolce ala della giovinezza» di Tennessee Williams, dramma alla sua prima messa in scena in Italia, realizzata dal Teatro Eliseo di Roma. Un ritorno di Williams, lo scrittore che tanto piacque da noi nei primi decenni del dopoguerra per il suo realismo, la sua violenza, la sua rappresentazione di vizi e colpe in cui si dibattono gli individui e la società. Molti i suoi titoli famosi: «Zoo di vetro», «Un tram che si chiama desiderio», «Estate e fumo», «La gatta sul tetto che scotta». Affascinava il suo Sud, quell'America che urla in un pantano per disperazione. Lui era di Columbus, nel Mississippi, dove nacque nel '14. Lo trovarono morto in una camera d'albergo a Manhattan nel febbraio dell'83. Le uniche immagini che qui si avevano della «Dolce ala* erano quelle del film con Paul Newman e Geraldine Page, che Richard Brooks diresse nel '62. Tre anni prima il dramma era stato rappresentato a New York con gli stessi attori e la regia di Kazan. Ed ecco la prima scena. Una stanza d'albergo in una cittadina del Sud americano. Valigie, bauli, un letto. Sul letto geme Rossella Falk. E' la principessa Kosmonopolis, attrice non più giovane distrutta dal ricordo della sua ultima rappresentazione. Fugge di città in città con la sua Cadillac dalle trombe d'argento. Beve vodka, fuma droghe, paga giovani da amare. L'ultimo è li con lei. E' Chance Wayne (Lino Capolicchio). Facova il bagnino in un albergo, vuol fare invece l'attore: registra le parole di lei, la ricalta. E' stato lui a fermarsi in quel posto: perché è la sua città, dove vivono gli amici d'un tempo, che sempre l'hanno deriso per la sua voglia di scappare e di emergere. Chance sogna in patria il riscatto dal fallimento. Dopotutto il suo nome significa occasione, opportunità. D'improvviso una telefonata è la salvezza di lei: il mondo del cinema la chiama ancora, tornerà a Nord, vivrà. Lui invece resta. La giovinezza, come incoscienza e innocenza, l'ha già abbandonato. Niente più desiderato paradiso: la sua ragazza d'un tempo (Heavenly, da «heaven». cielo) non lo vuole più. Resta nel Sud, cioè nel luogo dove li; passioni e gli istinti si rivelano e sono puniti: un purgatorio per la principessa Kosmonopolis, un inferno per lui. Le scene e i costumi sono di Aldo Terlizzi. Il palcoscenico è su due livelli, sullo sfondo si proiettano palme e cicli rossi. La regia di Patroni Griffi sotto linea i toni ora sognanti ora violenti del testo, tradotto da Masolino d'Amico. Un sax accompagna l'azione. E' un po' il coro, una fiamma sonora che abbraccia i perdenti. Al termine, applausi contenuti. I più convinti erano per Rossella Falk. [c. a.]
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