De Michelis: un fatto grave di Andrea Di Robilant

De Michelis: un fatto grave Il ministro degli Esteri convoca l'ambasciatore ma evita rotture De Michelis: un fatto grave «Però in Libia c'è una nuova apertura» ROMA. Il ministro degli Esteri De Michelis ha riconosciuto ieri in una conferenza stampa che la misteriosa uccisione di Roberto Ceccato a Tripoli è «un fatto molto gravo e molto pericoloso, quali che siano state le motivazioni». A ventiquattr' ore ore dall'annuncio della morte del tecnico padovano, la ricostruzione è ancora molto confusa. Nell'attesa di informazioni più precise, i rapporti tra l'Italia e la Libia si fanno sempre più tesi, anche se per il momento la Farnesina non prevede ritorsioni severe nei confronti di Gheddafì. Il ministro De Michelis ha spiegato di aver già convocato l'ambasciatore libico Abdul Rahman Shalgam alla Farnesina. «E gli abbiamo fatto presente - ha detto — che esiste un collegamento oggettivo fra il clima che si crea e questo tipo di incidente». L'uccisione di Ceccato e soprattutto il clima anti-italiano che il colonnello Gheddafì sembra aver fomentato in questi giorni a Tripoli, hanno spinto alcuni partiti della maggioranza — in particolare pli, pri e psdi — a criticare De Michelis per il suo atteggiamento nei confronti del leader libico, giudicandolo eccessivamente conciliatorio. A questi; osservazioni, il ministro degli Esteri ha reagito con impazienza: «Si dice che dobbiamo farci valere di più. Ma come? L'Italia è una grande nazione occidentale e noi non risponderemo con intemperanze verbali». Del resto, l'obiettivo principale dell'Italia rimane «la pacificazione del Mediterraneo» e per questo cerca di ridurre le tensioni. In un opuscolo diffuso a Tripoli in occasione della Giornata di lutto per i caduti della guerra coloniali, Gheddafì ha usato toni assai inccndiarii verso l'Italia, minacciando azioni violente se la questione degli indennizzi non verrà riesaminata. De Michelis ha definito inaccettabili le minacce, ma ha detto che «non è opportuno rifarsi a questo tipo di documenti» per formulare la propria politica. Piuttosto, ha aggiunto il mi¬ nistro, «sono i fatti che contano e in questi ultimi 18 mesi sono stati registrati vari fatti positivi, tali da ridurre le tensioni nel Mediterraneo». In particolare, De Michelis ha parlato del recente incontro tra Gheddafì e Mubarak e della successiva intervista rilasciata dal colonnello a un giornale egiziano in cui emerge «un suo parziale ripensamento critico». Anche il presidente del Consiglio Andreotti ha parlato ieri di un'evoluzione del colonnello. «La Libia — ha detto — sta facendo da tempo una politica estera saggia: la fine delle ostilità nel Ciad, la collaborazione con !a Tunisia, l'Algeria, il Marocco, il ritiro dei soldati inviati in Libano e l'incontro di Ghed¬ dafì con Mubarak». Ma Andreotti ha notato «un paradosso», e cioè che accanto agli sviluppi positivi, «si accentuano viceversa i toni della propaganda contro l'Italia, eccitando vecchi risentimenti e confondendo problemi e tempi storici». Come reagire? «L'Italia — ha detto Andreotti — non ha mai raccolto provocazioni, come si addice ad una democrazia seria e responsabile. Ma ora c'è un morto e se fosse legato a queste manifestazioni di ostilità anti-italiana sarebbe gravissimo». Il ministro degli Esteri ha detto ieri che da più di una settimana «sapevamo che ci sarebbe stata un'accentuazione della fase propagandistica» contro l'Italia. «Del resto era arrivata alla nostra ambasciata a Tripoli la richiesta di concedere circa duecento visti per motivi di pellegrinaggio. Si trattava di un numero insolitamente alto, ma abbiamo accettato». Ma poi c'è stato «un fatto nuovo, imprevisto»: l'arrivo del traghetto con altri 846 libici senza visto. «Abbiamo ritenuto inopportuno accoglierli perché non c'erano le condizioni, sia per il taglio sia per il tono delle richieste. Nemmeno l'ambasciatore Shalgam, del resto, era a conoscenza dell'arrivo del traghetto». Andrea di Robilant