Borsa di Calvi Documenti del Sismi casa del gesuita di Giovanni Bianconi

Borsa di Calvi Documenti del Sismi casa del gesuita Mons. Hnilica: «Fui ingannato» Borsa di Calvi Documenti del Sismi casa del gesuita ROMA. Il Vaticano comincia a prendere le distanze da monsignor padre Hnilica, il gesuita cecoslovacco che ha distribuito a destra a e manca assegni a vuoto dello Ior. Dai documenti ufficiali non risulta che sia mai stato consacrato vescovo; c'è solo la «nomina», del 1964, ad una sede, la Mauritania, che non esiste più. E la versione del prelato sulla sua consacrazione avvenuta in clandestinità appare sempre meno credibile. Vero o falso vescovo, comunque, monsignor Hnilica non disdegnava di firmare assegni in favore di chiunque, probabilmente sempre tramite il faccendiere-imprenditore Flavio Carboni. Oltre ai due titoli da seicento milioni ciascuno finiti nelle mani del falsario Giulio Lena per l'«operazione Calvi», ne compaiono altri in varie inchieste che impegnano tuttora la procura di Roma. Alcuni, per un totale che supera i quattro miliardi di lire, sono stati trovati a casa di Vittore Pascucci, un avvocato romano finito in carcere per possesso di oltre otto miliardi di Bot falsificati. E' stato lo stesso Carboni ad ammettere di aver cambiato alcuni assegni del gesuita presso Pascucci «con esito positivo». «Non riesco adesso a ricordare altri nomi — aveva detto agli inquirenti il faccendiere sardo in un interrogatorio del 1988 —, anche se ricordo che taluni assegni sono stati negoziati da altre persone cui mi sono rivolto». Un altro titolo di credito firmato dal monsignore è saltato fuori nell'inchiesta per il fallimento di un giornale romano, «Italia sera», che dopo pochi mesi di vita chiuse i battenti nel 1987. L'assegno dello Ior, sottoscritto da Pavel Hnilica, era di novecento milioni, e fu versato sul conto della società editrice Eur International. Doveva servire a finanziare «Italia sera», ma era a vuoto, come tutti gli altri. Quello scoperto viene adesso indicato come una delle cause del fallimento del quotidiano. Ma gli intrecci tra padre Hnilica e Carboni non si fermano agli assegni a vuoto. Il gesuita si è difeso dall'accusa di aver partecipato alla compravendita della borsa di Calvi dicendo di non saperne nulla e di essere stato raggirato. Eppure durante la perquisizione del suo appartemento a Roma sono stati trovati documenti riservati del Sismi sulla fuga di Roberto Calvi conclusasi con l'impiccagione ad un'impalcatura sotto il ponte dei frati neri a Londra. Sarebbero appunti sull'inchiesta relativa alla morte del presidente del vecchio Banco Ambrosiano condotta dal servizio segreto militare insieme con gli uomini di Scotland Yard. Secondo l'ipotesi più accreditata dagli investigatori, a consegnare al gesuita quelle carte potrebbe essere stato proprio Carboni, fornendo così al gesuita cecoslovacco una credenziale della sua attendibilità nel momento in cui gli proponeva l'affare sulla borsa di Calvi. Ieri pomeriggio Flavio Carboni è stato interrogato fino a tarda sera nel carcere di Regina Coeli dal giudice istruttore Mario Almerighi, che conduce l'inchiesta suTl'«operazione Calvi» oltre a quella sul traffico di banconote false nella quale sono pure coinvolti sia Carboni che Lana. Proprio i rapporti tra i due sono una delle questioni ancora aperte in relazione a questa nuova puntata del caso Calvi. Al magistrato Carboni non ha voluto rispondere. Secondo la prima versione di Carboni infatti, lui conobbe Lena solo quattro anni fa. Eppure il falsario sarebbe l'uomo che nel 1982 si adoperò per far avere quel passaporto intestato con poca fantasia a «Gianroberto Calvini» che il presidente del vecchio Ambrosiano aveva in tasca quando fu trovato morto. A far avere il documento a Calvi fu Ernesto Diotallevi, un boss legato alla banda romana della Magliana. Diotallevi collaborò alla fuga del banchiere dall'Italia insieme al braccio destro di Carboni, Emilio Pellicani, e ad un amico del faccendiere, Silvano Vittor. Lo stesso boss avrebbe dunque fatto parte del «giro» di Carboni, e il fatto che fosse a sua volta in contatto con Lena fa pensare che in realtà i rapporti tra il falsario e l'imprenditore-faccendiere risalgano fin da quell'epoca. Giovanni Bianconi Flavio Carboni non ha voluto rispondere alle domande del magistrato

Luoghi citati: Italia, Londra, Mauritania, Roma