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Tredici anni di errori nel «caso Carlotta» di Giuliano Marchesini
Tredici anni di errori nel «caso Carlotta» Riaperto il processo per l'omicidio di Padova Tredici anni di errori nel «caso Carlotta» VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO Margherita Magello, 24 anni, studentessa, morta lacerata da 60 coltellate. Chi l'ha uccisa? E' stato Massimo Carlotto, 32 anni, ex militante di lotta continua? Oppure c'è un assassino lontano da quasi 13 anni? Massimo Carlotto, assolto dalla corte d'assise di Padova per insufficienza di prove, nel maggio del '78, e condannato a 18 anni in appello, il 19 dicembre del '79. La sentenza confermata dalla Cassazione il 20 novembre '82. Una lunga battaglia perché il caso non fosse chiuso, anche l'intervento di un comitato «prò Carlotto» composto da intellettuali italiani, francesi e inglesi. Le perplessità, gli interrogativi rimasti al di là del processo di terzo grado, l'ultimo scrupolo giudiziario: la decisione della Cassazione, il 30 gennaio, di disporre la revisione del procedimento. Adesso, davanti ai giudici della corte d'assise d'appello di Venezia, si riapre il «caso Carlotto». Uno dei rarissimi casi di revisione di un processo. In questo lungo rievocare, resta l'immagine di Margherita Magello, quieta ragazza padovana, prossima ella laurea in lingue, travolta da una furia in casa sua, probabilmente per una passióne non corrisposta. I libri, le passeggiate in centro, i soliti amici da incontrare, rancori nei confronti di nessu¬ no: questa era Margherita. Tra i conoscenti, anche Massimo Carlotto. Nel pomeriggio del 20 gennaio '76, questa studente^ j è trovata riversa, nuda, nello sgabuzzino della sua villetta in via Faggin, nel quartiere dcll'Arcella. Quel che si raccoglie, su questo «giallo», viene soltanto dai tanti interrogatori cui è stato sottoposto Carlotto. Lui è uscito di casa alle 17 e si è infilato in bici nelle strade dell'Arcclla. All'altezza del civico 29 di via Faggin ha sentito gridare: «Cosa mi fai, cosa mi fai?». Le grida provenivano dall'abitazione dei Magello. La porta a vetri era semiaperta. Carlotto è entrato, ha cercato, ha fatto irruzione nello sgabuzzino, s'è chinato su Margherita protendendo le braccia. Lei si dimenava, ripeteva: «Ti ho dato tutto, fra poco arriva mia madre». Gli ultimi istanti del delirio. E che ha fatto, Massimo Carlotto? S'è guardato il cappotto, i guanti, le scarpe, sporchi di sangue per il contatto con quel corpo pieno di ferite. E' indietreggiato, ha avuto paura, è fuggito: poteva essere accusato del delitto. Ha inforcato la bicicletta ed e sparito, mentre Margherita moriva. Più tardi si è consultato con un avvocato e ha deciso di presentarsi ai carabinieri: da «testimone» ad accusato, all'arresto, ai processi. Ci sono elementi contraddittori che la corte Suprema ha tenuto in considerazione nell'ordinare la revisione: riguardano certe presunte macchie di sangue sui guanti di Carlotto, soprattutto l'impronta di una suola che non corrisponde a quelle delle scarpe di Massimo. Poi la possibile incompatibilità tra la modalità del delitto e lo stato degli abiti del ragazzo: se fosse stato lui a vibrare le 60 coltellate, sostiene la difesa, i suoi vestiti sarebbero stati cosparsi di macchie più vistose. Ci vorranno perizie, ovviamente, per rispondere a questi quesiti. E i giudici potranno pronunciarsi per una soluzione soltanto nel caso in cui i risultati siano favorevoli all'imputato: non potrà, in sostanza, rivedere il giudizio sulla base delle risultanze dei processi precedenti. Intanto Carlotto assiste, sulla panca dell'aula del palazzo di Giustizia, al quarto procedimento nei suoi confronti. E' uscito dal carcere, provvisoriamente, per motivi di salute: la sua libertà scadrà il 14 novembre: «Ma chiederò una proroga». Ora ascolta la fitta relazione del giudice Luigi Lanza, che cerca di ricostruire attraverso gli atti di tre processi la tragedia di Margherita Magello. Poi Carlotto si mette davanti ai giudici. Lo sguardo inquieto, dice poche parole: «Confermo quel che ho ripetuto in questi 13 anni. Sono innocente». E affida a una «memoria» scritta questa sua ultima accanita difesa. Giuliano Marchesini
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