NOSTALGIA DI OTTOCENTO

NOSTALGIA DI OTTOCENTO ARTE NOSTALGIA DI OTTOCENTO Alla Nuova Gissi una mostra delpittore Giorgio Ramella SONÒ tutte variazioni su tema queste grandi tele, ultima fatica di Giorgio Ramella: un tema che è oscuramente esistenziale. Possiamo individuarlo, senza timore di sbagliarci, come una crisi dell'uomo e del pittore. Insomma, un «aver toccato il fondo». Immaginiamo ora, «ab ovo», il pittore Giorgio Ramella nel suo studio: seduto sullo sgabello, il corpo curvo per la depressione, fissa il pavimento a listelloni di legno. E' così prostrato che non sa che cosa dipingere; pensa a quello che gli è successo e si prostra sempre di più. Afferra un tubetto di colore, ma poi lo butta per terra con stizza; anzi, lo schiaccia violentemente con il piede, il colore schizza fuori in un lungo segmento appiccicoso. Afferra una spatola e spiaccica un po' di colore fino a farne una macchia informe; rovescia un boccetto di inchiostro, butta qualche pennello... Scatta a questo punto l'ispirazione, l'impulso a creare come reazione vitale al malessere; e che cosa fa il pittore? Ricostruisce, con mezzi pittorici, sulla tela bianca tutto quello che ha fatto sul pavimento. E aUa fine, poiché il dato di vita che lo ha messo in crisi continua a rodere dentro, aggiunge al quadro un messaggio (per una certa persona, o per noi che guardiamo la teia): una richiesta di affetto, di amicizia, di conforto nella solitudine. Ecco praticamente descritto il contenuto delle tele in mostra: ma cerchiamo ora di farne una breve analisi. Qui andiamo sul difficile (perché questa mostra è difficile e le opere, belle e decorative «in superficie», vanno penetrate faticosamente) e ci spiace di riuscire a dare soltanto qualche appiglio ai lettori che poi dovranno sbrigarsela da soli. Si tratta di quadri che contengono almeno tre ordini di piani: il primo è materialmente evidente, visivo, e consiste nel parquet dello studio (che nelle varianti può essere anche di materiale plastico), splendidamente reso con i raffinati mezzi pittorici, che certo non mancano a Giorgio Ramella. Nell'ottica di questo primo piano metterei anche i tubetti di colore, i pennelli, le tazzine, le spatole che giacciono sul parquet: an- che questi oggetti sono dipinti con maestria secondo le regole del mestiere che da Courbet, passando per Manet, va fino a Matisse (il cavalletto). Il secondo piano è dato dalle macchie di colore versate con rabbia sul pavimento: queste, stranamente, non giacciono sul pavimento, ma stanno a sè, come oggetti-macchie. Il loro collegamento al pavimento non è naturalistico. Ciò comunica un senso di sdoppiamento, di disagio e immediatamente trasporta l'immagina dai tempi di Courbet ai nostri giorni. Il terzo piano è rappresentato dai biglietti, dalle lettere (sulle quali trapelano scritte affettuose) che, anch'essi resi con mezzi pittorici, giacciono sul pavimento. Questo è il piano «letterario» delle opere di Ramella, che fa riferimento al dato esistenziale in modo esplicito, in modo anche lezioso. Questi tre piani sfasati comportano una lettura complessa anche per chi è smaliziato consumatore di pittura, e certamente, mentre gli gira un po' la testa, l'ingenuo contemplatore penserà che si tratti di una ennesima forma di arte «concettuale». In parte ha ragione; bisogna però dire che qui il territorio del concettuale è percorso con mezzi squisitamente pittorici (e non solo perché sono usati pennelli e colori), mezzi robustamente «da pittore», con risultati che sono indubbia pittura, anche se modernamente complicata. Da questi dipinti, fortemente concepiti e realizzati, emana un senso dell'accadere «qui e ora» che si contrappone all'accaduto, il fatto esistenziale che li ha ispirati e di cui si parlava all'inizio. Questo accadere è cosa di poco conto (un tubetto schiacciato, una spatolata), un fatto «minimo» che riallaccia Ramella anche alla «minimal art» ma che nella foga rabbiosa del gesto testimonia una romantica voglia a fare del mondo esterno il tramite del proprio dolore. E, in fin dei conti, una romantica voglia di fare della pittura dell'Ottocento. Che male ci sarebbe? Beppi Zancan Giorgio Ramella, Nuova Gissi, p. Solferino, fino al 31/10, orario 10,3012,30 e 16-19,30; chiuso festivi e lunedì mattina. Sopra «Lettera , gialla» di Giorgio Ramella Sotto «Luce verde» di Silvio Wolf