CHI COMANDA IN REDAZIONE di Indro Montanelli

CHI COMANDA IN REDAZIONE CHI COMANDA IN REDAZIONE GIORGIO Bocca è stato ed è uno dei buoni maestri di un paio di generazioni di giornalisti del dopoguerra. Per i meno giovani, lo è insieme al sempreverde Indro Montanelli e sopra tutti al troppo dimenticato Arrigo Benedetti, al quale il giornalismo italiano moderno deve moltissimo. Quando era all'Europeo di Giorgio Fattori, non ancora salito del tutto l'astro di Oriana Fallaci, i suoi reportages erano sempre il piatto forte di ogni settimana, sia che si occupasse del Medio Oriente, sia raccontasse l'orribile uccisione di un vecchio barbone ad opera di giovinastri ubriachi in un paesino della civilissima Lombardia. Al Giorno di Italo Pietra, il direttore, spesso caustico con i suoi redattori, usava dire: «In questo giornale tutti vogliono boccheggiare». A quarant'anni era già un modello. Nel frattempo era cambiato anche il suo stile di vita. Qualcuno gli rimproverò con rimpianto di aver diradato sempre più le serate con i vecchi compagni di lavoro, qualche volta con i suoi competenti interventi personali in cucina o da guida altrettanto competente di escursioni gastronomiche da Milano nel vecchio Piemonte. Anche se non ha mai indossato abiti da damerino, dagli Anni Sessanta in poi ha frequentato salotti milanesi importanti e ricevuto gente che conta. Molti di quelli che oggi chiama «padroni» li ha conosciuti bene fuori dai loro luoghi di potere. Bocca scrive sempre di persone e cose che conosce. Dotato di una fortissima vitalità e di un'incredibile capacità di lavoro, specialmente dopo aver incontrato l'unica donna che lo ha «messo in riga», come ha detto lui, nella seconda moglie Silvia Giacomoni, Bocca ha prodotto anche libri di accurata ricerca storica, fra i quali restano importanti «La guerra partigiana» e «Togliatti». Ora a 68 anni, con questo «Il padrone in redazione», fa una specie di bilancio dei profondi cambiamenti avvenuti nel mestiere di giornalista nel corso della sua lunga e brillante carriera. Un documento di prim'ordine per chiunque si interessi del destino dei mass media. Ci sono pagine di rimpianto accorato per il giornalismo di un tempo nel quale, peraltro, le «disinformazie», come le chiama, circolavano allegramente anche se meno frequenti e più identificabili di oggi. Gli articolóni sul caso Montesi e sul caso Lavorini cominciano a ingiallire, ma si leggono ancora. Nel nuovo libro ci sono pagine di verità indiscutibili sull'attuale .crescente rapporto fra marketing e stampa, con quei sondaggi di mercato che fanno ridere quando si indaga sulla fattura di un giornale con la stessa tecnica usata per il lancio dei formaggini: «Preferisce il tipo dolce o quello amaro?». E' verissimo che messi di fronte a un giornale gli intervistati diranno in improbabile maggioranza che sono interessati soprattutto alla cultura. Ma ci sono anche pagine di esasperati giudizi sull'attuale influenza della pubblicità nella stesura dei servizi, che non tutti i giornali e i giornalisti si meritano. Non si possono ragione¬ volmente confrontare i reportages pilotati del caso Amica di Pietroni con gli articoli di Repubblica, del Corriere o della Stampa, dove di regola funziona il controllo su eventuali implicazioni pubblicitarie di un testo redazionale. Si resta particolarmente colpiti dalla forte antipatia che Bocca mostra di nutrire verso gli inserti tematici che da qualche anno si fanno nei giornali, libri, scienza, viaggi, casa, eccetera. E' verissimo che le direzioni commerciali e marketing dei grandi quotidiani, compresa La Stampa, possano aver giustamente pensato, al loro apparire, che costituissero anche dei contenitori di nuovi avvisi detti «tabellari», ma non hanno avuto niente che fare con queste iniziative. Anzi è finita che «quelli della pubblicità» si sono arresi di fronte alla difficoltà di far accettare ai clienti una collocazione giudicata marginale al giornale. Tanto è vero che (a enorme differenza degli inserti nei giornali americani) in generale i nostri non ne hanno. Quanto alla pubblicità redazionale, salvo incidenti, negli inserti viene controllata con la stessa severità del resto del giornale. Memorabili, infine, resteranno le intense pagine che Bocca dedica nel suo nuovo libro alla nascita «pura» di Repubblica e all'evoluzione del giornale, fino all'attuale situazione che vede questo straordinario successo editoriale inserito nel gruppo Mondadori, divenuto nel frattempo parte dell'impero finanziario De Benedetti. Addio dunque editoria pura, dice l'Autore. Ma diavolo d'un Bocca: conclude che la salvezza saranno i piccoli giornali di opinione. Sta a vedere che prima dei 70 anni inventa ancora qualcosa. Franco Pierini Giorgio Bocca Il padrone in redazione Sperling & Kupfer pp. 210.L 19.500

Luoghi citati: Lombardia, Medio Oriente, Milano, Piemonte