«Sì, noi commercianti siamo evasori»

«Sì, noi commercianti siamo evasori» Parla il vicepresidente della Fiepet: è il solo modo per coprire le spese sostenute «in nero» «Sì, noi commercianti siamo evasori» Per la prima volta una autodenuncia da parte di esercenti FIRENZE. «Sì, è vero. I commercianti non pagano le tasse, ma lo fanno per difendersi dalle mille storture di un sistema che stimola a lavorare "al nero". Non ne possiamo più di essere criminalizzati quando in realtà ci salta il cuore in gola ogni volta che nei nostri ristoranti entra uno sconosciuto con una "24 ore" in mano. Rivendichiamo il diritto a vivere' tranquilli e a pagare tasse giuste». Non è lo sfogo anonimo di un qualsiasi esercente, ma l'autodenuncia con tanto di nome e cognome di Sante Collesano, socialista, vicepresidente nazionale della Fiepet, la Federazione degli esercizi pubblici e turistici aderente alla Confesercenti. Una confessione che arriva a 16 anni dall'introduzione in Italia della riforma fiscale e che vuole essere un appello ai sindacati dei lavoratori dipendenti, alle altre organizzazioni di categoria, al governo per rivedere e correggere un meccanismo che «costringe i commercianti all'evasione». Mai, in passato, un'associazione del commercio aveva ammesso quello che tutti sospettano da tempo. E cioè che nel settore del piccolo dettaglio si annida la grande evasione fiscale. «Se oggi abbiamo deciso di uscire allo scoperto — dice Collesano — è perché la categoria non ne può più di essere nel mirino dell'opinione pubblica, della stampa, dei Nas, dei sindacati e di uno Stato nullafacente che ci impone di pagare sempre di più in cambio di niente. La verità è che la bugia fiscale per noi è solo una difesa, illegittima certo, contro le paghe al nero, contro i proprietari dei locali che ci ricattano con minacce di sfratto e pretendono parte dell'affitto sottobanco, contro un sistema di adempimenti farraginoso, penalizzante e costosissimo». Per Collesano, che è anche presidente della Fiepet fiorentina, è ora di sfatare il mito che l'evasione si traduce automaticamente in un utile per il commerciante. Il vero reddito dell'esercente — dice — deriva dai conti «in chiaro». Il resto serve solo a pagare il personale che non si accontenta della paga sindacale e pretende consistenti «fuori-busta», forniture che non devono comparire, prestazioni di altri lavoratori che non rilasciano fattura. Una spirale perversa, insomma, che costringerebbe a far sparire le entrate almeno nella parte che corrisponde ad uscite che non si possono iscrivere in bilancio. I sistemi di evasione vanno dal mancato rilascio della ricevuta alle pressioni sul grossista perché nelle bolle dichiari un peso inferiore delle merci, all'Invim sulla compravendita dell'esercizio. «Se dichiarasse il valore effettivo — sostiene Collesano — il venditore dovrebbe trasferire nelle casse dello Stato più di quanto ha ricevuto dall'acquirente». La spiegazione è semplice: a fronte dell'Invim che incide sull'intero valore della compravendita, il denaro fresco che passa tra i soggetti dell'affare è appena un 30% del totale, mentre il resto se ne va in cambiali. Ecco quindi la «necessità» di dichiarare somme lontanissime dal vero. Ma cesa ha spinto la Fiepet all'autodenuncia? La gente capirà? «Ci chiedono qualificazione e professionalità — è la risposta di Collesano — e noi abbiamo il dovere di dare una risposta positiva in questo senso. Ma non esiste qualificazione se non c'è dignità totale. Qualcuno forse ci prenderà in giro. Noi abbiamo fatto la nostra parte. Ma siamo pronti anche a portare dal giudice chi ci chiede una paga sottobanco». Enrico Buffoni

Persone citate: Collesano, Enrico Buffoni, Sante Collesano

Luoghi citati: Collesano, Firenze, Italia