La vendetta di Nancy

La vendetta di Nancy Sta per uscire il libro di memorie dell'ex first lady Usa La vendetta di Nancy Non risparmia neppure Reagan WASHINGTON dal nostro corrispondente Il pettegolezzo più ghiotto naturalmente riguarda Raissa Gorbaciov. E' vero: Nancy Reagan la trovava insopportabile. Lo conferma di persona l'ex first lady, nel suo libro di memorie d'imminente pubblicazione. Il libro si intitola «Il mio turno». Ma forse sarebbe stato più appropriato «Come regolo i conti». Nancy Reagan lo ha scritto con William Novak, il biografo di Lee Iacocca, il boss della casa d'auto Chrysler, anch'egli non noto per la sua delicatezza. Non è stata una fatica da poco, nemmeno per l'editore, Random House, che lo ha pagato la bellezza di 2 milioni di dollari, circa 2 miliardi e 700 milioni di lire. Sono parecchi a uscire scottati dalle memorie dell'ex first lady di ferro. Stando alle anticipazioni — il settimanale Newsweek pubblicherà oggi un estratto di 12 pagine — Raissa è solo l'antipasto. Vengono rosolati a fuoco lento anche il presidente Bush — un pavido — e il segretario di Stato Baker — un ambizioso. Lo stesso «Ronnie», Ronald Reagan, è accusato di aver sbagliato la scelta degli uomini. Emergono quali anime nere dell'amministrazione reagania- na il dispotico capo di gabinetto Donald Regan e il direttore della Cia Casey, giudicato da Nancy — una rivelazione — il responsabile dello scandalo Irangate. E poi alcuni squarci angosciosi della vita familiare, con la ribelle Patti in primo piano. Raissa innanzitutto: la signora Gorbaciov è descritta come una pomposa, petulante ideologa. «Fin dal principio ci furono dei momenti spinosi», confida Nancy Reagan. «Ci sbatterono insieme con molto poco in comune, e idee molto diverse sul mondo». L'ex first lady si presentò al primo incontro nell'85 a Ginevra «con molto nervosismo, non sapendo che cosa dire». «Scoprii subito che non importava nulla. Dal momento che mi vide, Raissa parlò, parlò, parlò. Parlò al punto che a malapena riuscii a infilare una battuta o due nel discorso. Forse era insicura», opina Nancy con palese irritazione, «ma in una dozzina d'incontri in tre Paesi differenti è mia impressione che non smise mai di parlare. Anzi, per essere più accurata, di tenere dei veri sermoni». George Bush e James Baker. Il presidente ricorda don Abbondio: uno il coraggio non se lo può dare. Si reca da Nancy, la Richelieu in gonnella della Casa Bianca, all'apice dello scandalo Irangate. «Donald Regan deve dimettersi, è tutta colpa sua» le dice. «Sono d'accordo», ribatte lei, «ma non posso essere solo io a insistere con Ronnie. Fallo anche tu». «Nancy, non è il mio ruolo», risponde l'allora vice presidente. «E' esattamente il tuo ruolo invece» ribatte la signora Reagan, senza peraltro ottenere alcun risultato. Il segretario di Stato Baker è raffigurato come un uomo di maggior coraggio e capacità, ma interessato soprattutto a se stesso. «Jim ha fatto molto per mio marito, ma in funzione della propria carriera. Non mi sorprenderei se un giorno decidesse di candidarsi alla Casa Bianca». Donald Regan. Nancy ammette che sarebbe stato molto meglio se nell'85 il consorte avesse costretto l'ambiguo Baker a rimanere capo di gabinetto — «sebbene di nascosto desse troppe notizie ai giornali» — anziché permettergli di scambiarsi di posto con Regan, allora ministro del Tesoro. «Fu il più grave errore della sua presidenza», scrive. «Regan non seppe prevenire l'Irangate». E'noto che la ex lady di ferro rese la vita impossibile al marito finché cacciò il temuto e irascibile Regan. Questi si vendicò svelando nel suo libro di memorie, uscito nell'88, che il presidente e la consorte si consultavano con un'astrologa. Probabilmente il capitolo sull'astrologa, Joan Quigley di San Francisco, sarà uno dei più divertenti de «Il mio turno». Nancy cerca di demolire il mito secondo il quale Reagan governò con l'aiuto di una chiromante, chiedendole quando prendere o rinviare iniziative, viaggiare o restare a Washington e via di seguito. «Ricorsi a Joan», spiega l'ex first lady, «dopo l'attentato a Ronnie dell'81. Ero sconvolta. Mi fece bene e continuai. La pagai di tasca mia — salatamente — tramite un'amica californiana. Ma non è vero che Joan fu un consigliere clandestino della Casa Bianca, come non è vero che io fui la donna-drago del gabinetto. La mia influenza sulla politica di Ronnie fu sempre limitata». Nel libro si mescolano drammi e commedie, e l'Irangate e lo scandalo dei vestiti presi a prestito ne sono un buon esempio. Il direttore della Cia William Casey, che avrebbe organizzato i baratti clandestini con l'Iran, morì di cancro al cervello all'inizio dell'87. La signora Reagan sostiene che il male lo aveva già intaccato nell'86, quando scoppiò l'Irangate: «Poveretto, non aveva più le idee chiare». Nancy soffrì dello scandalo politico assai più di quello dei vestiti, anche perché temette del- la salute del consorte. «Quella dei vestiti fu una sciocchezza. Sicuro, ne presi molti a prestito e ne restituii solo una parte. Ma è prassi corrente dei grandi sarti americani. Il mio errore fu che non ne parlai subito. Finì in una bolla di sapone». La vita familiare. La gelida, imperiosa dama di ferro appare ferita dal comportamento dei quattro figli, due di primo letto di Reagan, due suoi. «Sono spiacente che i ragazzi ci abbiano creduti così legati come marito e moglie da non lasciare posto per loro nei nostri affetti e si siano sentiti esclusi. Di tutti gli alti e bassi nei rapporti con i nostri figli >più dolorosi sono stati quelli con Patti, mi hanno davvero amareggiata e causato i massimi dispiaceri della mia vita». Patti è la primogenita dei coniugi Reagan; dopo una breve carriera di attrice, si è messa a scrivere romanzi a sfondo autobiografico, molto critici nei confronti della politica del padre e del carattere della madre. «Qualsiasi cosa io abbia fatto — si lamenta Nancy — ci siamo sempre scontrate. E' stato così fin dall'inizio». Ennio Carette II «ballo» di Nancy alla Casa Bianca è durato otto anni. Nelle sue memorie lancia frecciate a Raissa Gorbaciov