Privatizzare, ma...

Privatizzare, ma... Il Cespe sull'intervento statale in economia Privatizzare, ma... Oggi convegno pei «Meglio un mix tra regolazione statalista e di mercato, distinguendo tra piccole e grandi aziende» ROMA. Il vento impetuoso delle privatizzazioni non sembra scuotere il Cespe (il Centro Studi di politica economica del pei) che avverte: il settore privato, certo, marcia meglio di quello pubblico, in molti casi sconvolto dalle lottizzazioni politiche; ma sbaglia anche chi pensa che il riaggiustamento del sistema industriale italiano è avvenuto più per capacità autopropulsive proprie che grazie al sostegno pubblico. Quindi, l'intervento dell'operatore pubblico deve continuare ad avere un ruolo importante, a condizione che ci sia una profonda revisione della politica fin qui seguita. Una «provocazione» che il Cespe proporrà oggi nel convegno «Intervento pubblico e struttura economica», relatore Alfredo Reichlin, ministro ombra dell'Economia del pei. Dati alla mano, la Fondazione tenterà di dimostrare come «per tutti gli Anni Ottanta il supporto statale all'iniziativa privata ha cambiato forme senza perdere d'intensità». Una tesi supportata da tabelle e raffronti. E gli economisti del Cespe sostengono che le performances delle grandi imprese sono state influenzate da consistenti interventi di natura monetaria, fiscale, creditizia e valutaria. Il tutto è avvenuto «sottraendo risorse a modalità più canoniche di intervento, quali l'assistenza concessa a situazioni di crisi, e rinunciando alla pro- prietà pubblica di settori prima ritenuti strategici per la rimozione delle strozzature strutturali e degli squilibri territoriali del sistema economico». E così si è allargata la «forbice» tra Nord e Sud. * I dati internazionali per il Cespe parlano chiaro: nel periodo tra 1 81 e l'86 gli aiuti al settore manifatturiero (eccetto siderurgia e cantieri navali) sono cresciuti del 66% in Italia, contro il 6,9% in Germania e diminuzioni del 3,4% in Francia e addirittura del 40,1% in Gran Bretagna. Ma il fatto più grave è che nel nostro Paese si è assi- stito ad un «interventismo senza dirigismo». Il risultato è che, ad un intervento di sostegno inizialmente concepito per facilitare le imprese più deboli o comunque incapaci di cogliere da sole le opportunità offerte dal cambiamento tecnologico si è sostituito un intervento che ha finito col privilegiare proprio le imprese già dotate sul piano scientifico e tecnologico. Gli esperti del Centro rilevano poi «una singolare contraddizione tra una produzione legislativa "alluvionale", circa 500 mila provvedimenti, e un'impressionante caduta di capacità regolativa da parte dell'operatore pubblico, evidenziata da una crescente richiesta di certezza e trasparenza». Un quadro così desolante deve portare alla conclusione che qualsiasi ipotesi di uso corretto dell'intervento pubblico è da considerarsi un'illusione e quindi abbandonata? Ed è meglio perciò lasciarsi andare alle virtù regolative del mercato? A questi interrogativi il Cespe risponde che appare «semplicistico e fuorviante» proporre una scelta tra una regolazione statalista o una regolazione di mercato. La soluzione sta invece in un mix tra forme di regolazione. Il Centro suggerisce di distinguere nettamente gli interventi a piccole o grandi imprese. E per le grandi ci dovrebbe essere un'accurata selezione degli interventi. [e. p.) Alfredo Reichlin

Persone citate: Alfredo Reichlin

Luoghi citati: Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Roma