Quella pensione dannata di Gian Carlo Fossi
Quella pensione dannata I sindacati: non bastano i soldi stanziati per la rivalutazione Quella pensione dannata Giungla di incredibili sperequazioni ROMA. Non bastano i soldi stanziati per rivalutare le «pensioni d'annata», duramente penalizzate fra il '70 e l'87. «Ne occorrerebbero almeno il doppio», sostengono i sindacati. Alla frustrazione, subita da milioni di pensionati per quindici anni consecutivi, non si può aggiungere la delusione di ritocchi non proporzionati alla gravità delle situazioni. «Per questo — sottolinea Gianfranco Rastrelli, segretario della Federpensionati-Cgil — la categoria continuerà la sua battaglia, nonostante le favorevoli decisioni prese a Montecitorio. Non abbasserà la guardia fino a quando la questione delle «pensioni d'annata» non verrà risolta». In realtà, è veramente esplosiva la tensione che si è accumulata nel tempo per la vicenda delle pensioni d'annata. I torti, le sperequazioni, le discriminazioni sono quasi incredibili. Il «tetto di 12 milioni e 600 mila lire, stabilito nell'aprile del '69 per la retribuzione annua pensionabile, è rimasto invariato fino all'aprile 1981, quando è stato elevato a 18 milioni e 500 mila lorde. In questo lungo periodo ogni lavoratore uscito dal servizio ha perso una fetta consistente di pensione. Nell'81, poi, si é aperta una vera e propria voragine tra chi è andato in pensione in un giorno o in quello successivo. A distanza di sole 24 ore, infatti (ad esempio il 30 aprile, invece che il 1° maggio), due lavoratori con 40 anni di anzianità e uguale retribuzione hanno ottenuto trattamenti previdenziali sensibilmente diversi: il primo si è visto assegnare una pensione annua lorda di 10 milioni di lire sulla base del «tetto» di 12 milioni e 600 mila lire; il secondo, a seguito dell'aumento del «tetto» a 18 milioni e 500 mila lire, ha conseguito una pensione di 14 milioni e 800 mila lire. Tra le due pensioni si è così realizzata una differenza del 48%. Lo stesso è avvenuto con l'innalzamento del «tetto» da 21 milioni 271 mila lire in vigore al 31 dicembre 1984 a 32 milio- ni dal 1° gennaio 1985. Lavoratori con la stessa anzianità e identica retribuzione sono stati liquidati a distanza di un solo giorno con una percentuale del 50,4% in più o in meno. Si tratta di sperequazioni clamorose che i pensionati hanno dovuto riscontrare, magari per molti anni. Altre questioni previdenziali, del resto, continuano a tenere i sindacati sul sentiero di guerra. In un documento inviato ai presidenti delle commissioni Bilancio e Lavoro di Camera e Senato, ai gruppi parlamentari, ai ministri del Tesoro e del Lavoro le segreterie di Cgil-Cisl-Uil contestano una serie di aspetti della Finanziaria '90 in materia previdenziale. Manca nella legge e nei provvedimenti di accompagnamento qualsiasi misura sulla separazione della previdenza dall'assistenza, nonostante il chiaro riferimento contenuto nella recente riforma dell'Inps: «Un vero stravolgimento delle norme, le quali affermano senza ombra di dubbio che le spese della gestione assistenziale sono a carico dello Stato». Non meno grave, secondo le organizzazioni dei lavoratori, è l'azzeramento dei 1046 miliardi già stanziati lo scorso anno per l'aumento dell'indennità di disoccupazione, in netto contrasto con un provvedimento che dispone l'aumento di tale indennità dal 1° gennaio '90. Né si può stare tranquilli, anche dopo le decisioni della Camera, per l'aggancio delle pensioni alla dinamica salariale: le tre confederazioni chiedono stanziamenti più congrui e, perevitare il riprodursi nel tempo di altre «pensioni d'annata», sollecitano l'aggancio delle pensioni alla dinamica salariale per quanto riguarda l'intero importo delle pensioni, comprensivo cioè nel settore privato delle quote di scala mobile erogate in cifra fissa e nel settore pubblico dell'indennità integrativa speciale. Gian Carlo Fossi
Persone citate: Gianfranco Rastrelli
Luoghi citati: Roma
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