Più Open che mai di Marco Mazzocchi

Più Open che mai Parte con Barcellona-Denver il basket più atteso Più Open che mai / Nuggets di Moefavoritissimi, ma senza la stella English La Philips contro lajugoplastika cova un sogno americano ROMA. Qualcuno ha storto il naso: perché i Denver Nuggets e non Los Angeles, Boston o Chicago? Perché non il meglio del meglio? Incontentabili. Accogliamo Doug Moe e le sue «petite» con gli onori del caso. L'Nba è sempre l'Nba. Dopo Millwokee e Boston è proprio la squadra del Colorado quella chiamata da oggi a domenica nel terzo open in programma a Roma a difendere il vessillo della pallacanestro stellare statunitene contro gli assalti della rampante Europa. Al cospetto dei giganti d'oltre Oceano si presentano però tre autentici squadroni del Vecchio Continente, rappresentanti di un grande passato ma di un altrettanto fulgido presente: i campioni d'Europa della Jugoplastika, i campioni di Spagna del Barcellona; i campioni d'Italia della Philips, unica squadra impegnata ad aver già vissuto l'esperienza dell'open nella inaugurazione di due anni fa. Jugoslavia, Spagna e Italia, ovvero il meglio della pallacanestro europea per club, vista la crisi delle squadre sovietiche. Doug Moe, stella vent'anni orsono del Petrarca Padova, minimizza l'impegno con atteggiamento tipicamente americano. Il coach di Denver sostiene di non conoscere gli avversari e di non temerli in alcun modo. Ma sbaglia se fonda il suo metro di giudizio sulla sua lontana esperienza. Da vent'anni a questa parte, non solo il basket italiano ma tutto il movimento cestistico europeo è cresciuto notevolmente. Probabilmente Denver vincerà, ma guai ad esserne sicuri. In questo senso, che lo ammetta o no, Doug Moe rischia una figuraccia con tutta l'America. Chissà, prima o poi una squadra non statunitense vincerà l'open, ma quel giorno non vorremmo certo essere nei panni dello sconfitto coach a stelle e strisce. Moe, comunque, potrebbe dover fare a meno, causa una contrattura, del suo uomo più rappresentativo, quell'Alex English che con 23.417 punti realizzati è il settimo marcatore di sempre dell'Nba. Con il suo eventuale forfait, indubbiamente questo open perderebbe un grande protagonista. Denver esordirà questo pomeriggio contro il Barcellona che, privo dell'oriundo americano Trumbo e di San Epifanio, difficilmente potrà riuscire nel sognato sgambetto. Più interessante dal punto di vista agonistico il match della serata tra Philips e Jugoplastika. Gli slavi, guidati dal mago Maljkovic, cercheranno di sorprendere i milanesi così come sorpresero i loro avversari nelle Final Four di Coppa Campioni della scorsa stagione. Ma Franco Casalini non ha nessuna intenzione di rimetterci le penne prima del dovuto (leggi, eventualmente, Denver). L'ingaggio in extremis del gigantesco pivot dei Clippers Benoit Benjamin ne è la più lampante testimonianza. Milano è forse, tra le tre squadre europee impegnate, quella che più crede nel clamoroso successo. Per Casalini ed i suoi, l'open non è solo un'opportunità per confrontarsi con il miglior basket del mondo: è soprattutto una ghiotta occasione per superarlo. Due anni fa non andò benissimo, ma neppure tanto male. Ora, con Benjamin insieme a giocatori come McAdoo, D'Antoni, Meneghin e Riva, la Philips tenta l'impossibile. Quella milanese è la formazione più americana d'Europa, potendo schierare il naturalizzato D'Antoni a fianco dei due stranieri previsti; una situazione non prolungabile ancora per molto, visto che D'Antoni non potrà giocare in eterno. Se poi la soluzione per la vittoria fosse «gli americani si sconfiggono solo con altri americani», allora sì, è giusto provarci adesso. Marco Mazzocchi