Venduta la borsa di Calvi di Giovanni Bianconi
Venduta la borsa di Calvi Due banche pagano assegni Ior a vuoto: in cella un complice Venduta la borsa di Calvi Così Carboni incassò un miliardo ROMA. Qualcuno ha pagato — o meglio, ha fatto pagare da due banche pubbliche — un miliardo e 200 milioni di lire per avere la borsa di Roberto Calvi, il banchiere trovato morto sotto il ponte dei frati neri a Londra nel giugno dell'82. Per aver orchestrato questa manovra è finito in carcere Flavio Carboni, l'imprenditore sardo amico di Calvi, con l'accusa di ricettazione e truffa. Carboni è stato arrestato a Roma, e le stesse imputazioni sono state notificate nel carcere di Spoleto a Giulio Lena, faccendiere romano di 58 anni, coimputato di Carboni anche in un processo per traffico di droga e falsificazione di banconote. Un procedimento dal quale è adesso scaturito quello per la borsa di Calvi. L'operazione, condotta dalla Criminalpol del Lazio, è in corso, e pochissimi sono i particolari noti di una vicenda che appare misteriosa per gli stessi magistrati che conducono l'inchiesta. Al centro delle indagini ci sono due assegni dello Ior, l'istituto di credito vaticano, da 600 milioni ciascuno. Lena li avrebbe incassati presso il Monte dei Paschi di Siena e la Banca Nazionale del Lavoro come compenso del contenuto della borsa di Calvi che nell'imminenza della morte del banchiere — secondo l'accusa — passò nelle mani di Carboni. Ma quando le due banche pubbliche si sono rivolte allo Ior, gli assegni sono risultati sco¬ perti. Di qui l'accusa di truffa, estesa anche a chi ha emesso gli assegni a vuoto e ad un funzionario di una delle banche truffate, nomi ancora protetti dal segreto istruttorio. La ricettazione invece riguarda la borsa del banchiere. Calvi l'aveva con sé fino al momento in cui è morto; per i giudici la sua provenienza è illecita sia che si sia suicidato sia che sia stato ucciso. «Quello che appare certo — dicono gli investigatori — è che in un preciso momento Carboni ha avuto la disponibilità della borsa». L'inchiesta, coordinata dal giudice istruttore Mario Almerighi, è nata da un processo per il quale è imminente l'ordinanza di rinvio a giudizio, nel quale sono imputati sia Carboni che Lena. Si tratta di un'indagine su traffico di droga, falsificazione di banconote e titoli bancari su scala internazionale. In una perquisizione è stata ritrovata documentazione inerente alla borsa di Calvi. Seguendo quella pista e, come è scritto nel mandato di cattura, «le dichiarazioni di altri imputati i cui nomi si omette di indicare per esigenze di tutela processuale», gli investigatori sono arrivati a Carboni. Dunque uno o più «pentiti» accusano l'imprenditore ex braccio destro di Calvi. Gli assegni e la conseguente truffa ai danni della Bnl e del Monte dei Paschi sono del marzo 1986, lo stesso periodo in cui la borsa del banchiere ritrovato morto apparve in tv in una trasmissione condotta da Enzo Biagi. Quando fu aperta davanti alle telecamere, uscirono fuori solo alcune chiavi e documenti definiti «irrilevanti» dai giudici milanesi che indagano sulla morte del banchiere. Secondo la moglie di Calvi, però, qualcuno aveva trafugato le cose più importanti, ed in particolare i documenti sul tentativo di vendita di una quota del Banco Ambrosiano all'Opus Dei. «Mio marito — disse Clara Calvi — fu fermato da coloro che non volevano che portasse a termine l'operazione Opus Dei». Secondo i giudici il contenuto della borsa che Calvi ha portato con sé quando è partito da Roma doveva essere ben altro se qualcuno era disposto a sborsare un miliardo e 200 milioni per impossessarsene. Interessati all'inchiesta in corso a Roma sono anche i magistrati milanesi Matteo Mazziotti e Pierluigi dall'Osso, che ancora indagano sulla misteriosa morte del banchiere. Tra i corpi di reato c'è anche la borsa in cuoio nero. I due giudici, all'epoca della sua ricomparsa in tv, avevano aperto un'inchiesta per la presunta ricettazione da parte dei giornalisti che ne erano venuti in possesso, conclusasi con l'archiviazione. Ora anche loro hanno da fare qualche domanda a Carboni. Giovanni Bianconi L'imprenditore sardo Flavio Carboni
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