Mercoledì, scuola di violenza in tv di Gian Paolo Ormezzano
Mercoledì, scuola di violenza in tv Perché i cattivi comportamenti dei tifosi di calcio hanno contagiato tutta l'Europa Mercoledì, scuola di violenza in tv Mercoledì sera, prima di Paris St. Germain-Juventus, il torpedone dei calciatori bianconeri è stato colpito da lanci di sassi, ad opera di teppisti. Durante la partita la polizia francese ha manganellato i tifosi italiani, i quali reagivano a lanci di oggetti da parte dei parigini. Alla fine della partita ci sono stati altri scontri fra le tifoserie, enfatizzati dalla stampa locale assai più che l'assalto pre-match: cose, comunque, definite dai nostri colleghi francesi «à l'italienne». Durante tutta la partita i francesi, anzi i parigini che in linea di massima snobbano il football e passano per grandi sportivi dal punto di vista comportamentale, hanno intonato cori osceni, in italiano, dunque cori «studiati», contro la Juventus. Per finire da Parigi, al Pare des Princes, che fra l'altro è uno stadio-salotto, quasi civettuolo, la curva calda del Pa¬ ris Saint Germain viene ormài chiamata «kop», come la curva caldissima del Liverpool, dove stanno gli hooligans più violenti del mondo. E' nata e cresce, insomma, una sorta di Internazionale della violenza, oltre che della maleducazione calcistica. E il vettore è la televisione. Ormai la tele-orgia di partite di Coppa coinvolge gran parte dell'Europa occidentale: tutti vedono tutto, imparano, assimilano, imitano. I petardi ed i fumogeni sono diventati di ogni tifoseria, come la carta igienica lanciata in campo. Il tifo, se si può usare questa parola, sta diventando uniforme, quasi monotono: nel becero, nel laido, nel violento. La televisione, con registi che talora sembrano privilegiare l'immagine violenta anche e soprattutto fuori dal terreno di gioco, è diventata una pericolosissima vetrina di comportamenti antisportivi: noi e gli in- glesi siamo stati a lungo i migliori espositori, ma adesso un po' dappertutto fioriscono cosacce. Devono esserci contatti fra tifoserie, o almeno imitazioni accurate, fortemente volute. Gli striscioni anche blasfemi, i cori sconci del pubblico (i francesi ne stanno lanciando uno per accompagnare le rimesse da fondo campo dei difensori avversari, sentendolo abbiamo provato nostalgia del boato all'italiana o del «cabròn» alla spagnola, vecchi cari rumori romantici), i saltelli «di massa» che presto o tardi potrebbero far crollare uno stadio vetusto: la televisione propone tutto, impone tutto. O quasi: la ola (onda, in spagnolo), il movimento pacifico di folla teleofferto nelle Olimpiadi di Los Angeles 1984 e poi nel Mundial calcistico di Messico 1986, non ha attaccato. Si devono «soltanto» alzare le braccia al cielo, immediatamente dopo che le ha alzate il vicino di gradinata. Le tifoserie non la accettano, è segno di comunanza di entusiasmo, di fratellanza nel divertimento: robaccia. A questo punto la domanda è: la televisione, oltre che il male, può insegnare il bene? Ne dubitiamo: ormai difettano le occasioni, gli esempi, i reperti. Sono bastati pochi mesi di giro molto vizioso per creare danni probabilmente irreparabili: la televisione ha mostrato i brutti comportamenti a brutti tipi che, stimolati, ne hanno prodotti altri, nuovi, puntualmente ripresi e pubblicizzati. Rarissimamente c'è stato il coraggio di mostrare il cartello osceno, la mischia indegna, con almeno un commento negativo. O il coraggio, che non è antigiornalismo, di non mostrare niente, rinunciando all'effettaccio. La mela marcia ha colpito ancora. Gian Paolo Ormezzano
Luoghi citati: Europa, Europa Mercoledì, Liverpool, Los Angeles, Messico, Parigi, Saint Germain
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