«Per salvare il mare convertiamo i pescatori»

«Per salvare il mare convertiamo i pescatori» Il ministro Vizzini presenta il piano triennale: zone protette, incentivi, appello alla Cee sulla bonifica dell'Adriatico «Per salvare il mare convertiamo i pescatori» Regole contro le reti a strascico, ma l'ecosistema è già compromesso CESENATICO. Il terzo piano triennale della pesca prevede la creazione di aree di tutela biologica, dove la pesca sarà interdetta, provvisoriamente o in via definitiva. Il ministro Carlo Vizzini ha annunciato gli obbiettivi al 17° Convegno nazionale sulla pesca, organizzato dall'Unioncamere. Oltre alle oasi antipesca, per programmare l'attività del settore il nuovo piano prevede la riconversione della maggior parte delle imbarcazioni con reti a strascico verso sistemi di pesca più razionali. La realizzazione di un sistema territoriale e di pronto intervento dovrebbe poi tutelare il mare dall'inquinamento. Il ministro promette il potenziamento delle attività di acquacoltura, interventi sulla distribuzione per avere prezzi più competitivi e una pressione nei confronti della Cee per una politica più sensibile ai mali dell'Adriatico. Al piano si affiancherà il «mega progetto» per la balneabilità del mare, presentato dal commissario per l'Adriatico Paolo Arata, [m. o.) CON oltre 8000 chilometri di coste l'Italia potrebbe contare su una fiorente industria della pesca. La produzione è invece inferiore al fabbisogno: sui 4 milioni di quintali l'anno tra pesci, molluschi, crostacei, secondo statistiche che comprendono le quantità (limitate) pescate fuori del Mediterraneo. Importiamo oltre 2 milioni di quintali di pesce fresco e congelato dall'Olanda, dalla Francia, dalla Spagna, dal Portogallo e dal Giappone. I nostri mari sono impoveriti dagli inquinamenti chimici, dall'accumulo di detersivi e oli minerali, dagli interramenti sconsiderati lungo i litorali. Altro fattore di impoverimento è l'uso di tecniche distruttive dell'ecosistema marino, come quella delle reti a strascico che spazzano il fondo portando via pesci e molluschi di ogni dimensione, distruggendo le praterie di alghe e le tane in cui avviene la riproduzione. I periodi di riposo biologico, come quello sperimentato quest'anno, sono saltuari e insufficienti. L'intreccio economia-ecologia è evidente. Usando il mare come una pattumiera e al tempo stesso come una riserva di pesci da saccheggiare liberamente, si mette in crisi un settore produttivo che dà lavoro a oltre 100 mila persone, senza contare l'indotto. I pescherecci d'altura sono 5400, cui si aggiungono 17 mila motobarche e 12 mila piccole unità a remi e motore. Il fatturato supera i 3000 miliardi l'anno. I primi segnali degli effetti dell'inquinamento si ebbero in Adriatico con le-alghe rosse e le morie di pesci; sulle coste toscane al tempo dei fanghi rossi di Scarlino; in Sardegna e in Sicilia con la progressiva chiusura delle tonnare. Negli ultimi cinque anni la situazione si è aggravata lungo le coste romagnole, infestate dalle alghe rosse. Va ricordato che l'Emilia Romagna, pur afflitta dagli inquinamenti portati al mare dal Po e da corsi d'acqua minori, è tuttora al secondo posto per quantità di pescato, con 693.362 quintali nel 1987, dopo la Sicilia con 912.415. Dalla parte tirrenica la Toscana è sui 211 mila quintali, la Liguria sui 124 mila. Il Tirreno e il Mar Ligure hanno coste che precipitano rapidamente verso grandi profondità. I pescherecci dragano spesso con le reti a strascico le acque e i fondali a breve distanza dalle rive. La legge per la pesca del 1965 prevedeva zone di tutela biologica all'Elba, all'isola di Montecristo, lungo le coste del Cilento. La legge per il mare prevedeva 25 riserve a parchi marini. Solo la riserva di Montecristo può dirsi realizzata e ben difesa. I predoni del mare hanno aggiunto recentemente una nuova tecnica, quella delle reti pelagiche: lunghe fino a 30 km e alte 20 metri, vengono disposte in mare, aperto per catturare tonni e pesci spada segnalati da apparecchi elettronici. Nelle reti finiscono delfini, balenottere, globicefali, fatti a pezzi e buttati in mare. Il disastro è arcinoto e documentato. Mario Fazio

Persone citate: Carlo Vizzini, Mario Fazio, Paolo Arata