«Non siamo predatori di pazienti» di F. Gii.
«Non siamo predatori di pazienti» I MEDICI «Non siamo predatori di pazienti» PARIGI. Non è tutt'oro quel che luccica. Una giovane malata, per la quale in Italia era stata fatta diagnosi di tumore all'omero, ha voluto andare a Villejuif per un consulto. E qui è stata considerata affetta da linfosarcoma, tumore del tessuto gangliare, tutt'altra cosa. Così ha subito una particolare terapia radiante e chemioterapica, a cicli, per sei mesi. Infine, dopo un'ulteriore visita «per scrupolo» in Italia, l'evidenza del tumore osseo è apparsa inconfutabile. E le cure sono state cambiate (chirurgia demolitrice, purtroppo). «Non siamo infallibili — dice il professor Marcel Hayat — ma una cosa posso garantire: i malati che approdano nel nostro ospedale non han¬ no mai a lamentarsene. Dagli italiani in particolare riceviamo solo elogi. Anche se a volte il decorso della malattia non può essere mutato». E' gradito questo gran numero di italiani che viene al Gustave Roussy? E' vero che ne favorite il reclutamento, sguinzagliando i «predatori di malati» come li ha definiti l'immunologo Georges Mathé? «E' una storiella — risponde il professo Hayat —. So anch'io che Mathé la racconta in giro, ma in realtà sono i medici italiani, specie quelli del Sud, che conoscono perfettamente le potenzialità del nostro Istituto e in autonomia ci indirizzano i pazienti». [f. gii.]
Persone citate: Georges Mathé, Gustave Roussy, Hayat, Marcel Hayat
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