Il pioppo italiano va in Cina di Gianfranco Quaglia

Il pioppo italiano va in Cina Decine di migliaia di ettari rimboschiti con il «Lux» e il «S.Martino» Il pioppo italiano va in Cina Più export per il rilancio del settore MILANO. Il pioppo italiano è diventato un ambasciatore avanzato del «made in Italy», al punto che molti Paesi hanno avviato programmi di rimboschimento con i nostri cloni. L'esempio più straordinario arriva dalla Cina, dove su decine di migliaia di ettari ogni anno sono piantate le varietà italiane «Lux» e «San Martino», utilizzate come materiale da costruzione in un imponente piano di edilizia rurale: molti cascinali cinesi vengono costruiti con legno selezionato nella Pianura Padana, in particolare dall'Istituto sperimentale per la pioppicoltura di Casale Monferrato. Non soltanto in Cina, ma anche in Argentina, Bulgaria, Turchia, Ungheria, Portogallo, Grecia, Pakistan, Cile, si usano in massima parte cloni italiani. «Quelli che arrivano da Casale — dice Gianfranco Lapietra, direttore dell'Istituto — rappresentano oltre la metà della pioppicoltura di tutti questi Paesi. E pochi sanno che la superficie coltivata con cloni italiani all'estero è di oltre cinque volte superiore a quella nazionale». Quasi più affermato all'estero che in Italia, si assiste tuttavia a un rilancio del pioppo anche nel nostro Paese. Accanto all'opera di ricerca dell'Istituto di Casale Monferrato, è intensa l'attività dell'Associazione nazionale pioppicoltori, presieduta da Federico Radice Fossati di Milano: con il pioppo è stato varato il «Progetto ambiente» partendo dal presupposto che ogni albero produce da 100 a 200 gr. di ossigeno l'ora (quanto ne consumano 18 persone). Naturalmente l'iniziativa ha anche un significato economico che non va sottovalutato: rilanciando la pioppicoltura si alimenta un fatturato che oggi sfiora i 238 mila miliardi l'anno, indotto incluso, e una fonte di lavoro per 600 mila addetti. Primo nel mondo sotto il profilo della qualità, il pioppo italiano incontra qualche difficoltà proprio a casa sua, nel suo habitat naturale, nella Padania. Dice Federico Radice Fossati: «I pioppeti stanno vivendo un problema sanitario grave. Non solo: negli ultimi anni i coltivatori sono stati scoraggiati da una programmazione politica avversa che invece di facilitarli con aiuti in qualche caso li ha messi sul banco degli accusati come fossero degU inquinatori dell'ambiente. Noi vogliamo dimostrare che ci collochiamo esattamente all'opposto e possiamo contribuire a salvaguardare il territorio». La superficie si è attestata attorno ai 120 mila ettari, la maggior parte della quale concentrata in Lombardia, a cui seguono estensioni in Piemonte, Emilia, Veneto. Gianfranco Quaglia

Persone citate: Federico Radice Fossati, Gianfranco Lapietra