Careca fa lo sponsor di Muller

Careca fa lo sponsor di Muller L'attaccante del Napoli è diventato il leader della nazionale brasiliana che domani affronta l'Italia Careca fa lo sponsor di Muller Tanti gol con lui e Silos BOLOGNA DAL NOSTRO INVIATO Se ci fosse un mondiale delle facce, i brasiliani l'avrebbero vinto. Sono arrivati ieri sera a Bologna, con un ritardo in media sudamericana, un paio d'ore. Hanno sfilato in fretta davanti a taccuini e telecamere, con passo timido, gentilissimi, tanto diversi dai loro avversari. Non un Rolex al polso, poche cravatte, molti jeans. Visi tirati che dimostrano molti più anni di quelli denunciati. Forse perché li hanno davvero, in Brasile l'anagrafe è un'opinione. Forse perché sono cresciuti in fretta. Come Bismarck, vent'anni da compiere, che non ha affatto l'aria del pulcino e guadagna come un operaio: 500 cruzados al mese, 80 mila lire, più i premi. Altro non gli può offrire il Vasco da Gama, sull'orlo del fallimento, come quasi tutte le aziende, di calcio e non, del Brasile. Eppure la loro è una stanchezza allegra. Hanno messo un piede nella terra promessa, sperano di portare anche l'altro dopo il Mondiale. E' il sogno americano di americani poveri. Qualcuno l'ha soltanto sfiorato: André Cruz e Silas, i due disoccupati della truppa, bocciati tempo fa da Atalanta e Roma. Altri l'hanno centrato in pieno, come Dunga, Alemao, Muller, soprattutto Careca. A Careca si rivolgono come al leader. Lo è per l'età, per l'esperienza che gli viene dalle 40 presenze in una nazionale rivoluzionata, perché è l'unico brasiliano ad aver vinto qualcosa nel campionato più difficile del mondo dai tempi di Falcao. Non ultimo, perché è il più ricco. E Careca parla da padrino. «Saranno famosi, questi ragazzi — dice —. Dopo il mondiale, ma forse anche dopodomani. Una partita contro l'Italia è sempre una finale, il termine amichevole non esiste». C'è un posto nel paradiso degli ingaggi da prenotare. E una brutta figura da cancellare, quella dell'ultima tournée in Europa. Quattro partite, altrettanti disastri: 0-4 con la Danimarca, 1 -2 contro la Svezia, 0-1 con la Svizzera, 0-0 con le riserve del Milan. «Ma quello non era il Brasile — scuote la testa Careca — era una Selecao raccolta all'ultimo momento. Sono passati secoli, c'è stata una rivoluzione: questo è un Brasile vincente». La rivoluzione è quella di Sebastiano Lazaroni, il et più odiato e più vincente degli ultimi vent'anni. Un figlio di immigrati che ha «italianizzato» il Brasile: libero arretrato, cinque difensori, tre centrocampisti e una punta e mezzo. Uno strappo all'ideologia del «fotebol bailado». Però così il Brasile è tor¬ nato a vincere una Coppa America dopo quarant'anni, si è qualificato subendo un solo gol, su punizione, in sei partite. «E' un gioco concreto che ci porterà lontano, anche se fa storcere la bocca ai brasiliani. Ma le due grandi delusioni dell'82 e dell'86 dovrebbero essere servite. La Selegao si è sempre preoccupata di divertire prima che di vincere. Lazaroni ha soltanto invertito i termini. Siamo meno simpatici, dicono. Forse. Agli avversari però...». Lazaroni può farcela, secondo Careca. Magari col suo aiu¬ to. «E' incredibile quello che succede in Brasile intorno agli allenatori della nazionale. Ne abbiamo cambiato uno all'anno. Tele Santana arrivò una settimana prima dei mondiali in Messico. Spero proprio che a Lazaroni sia data fiducia. Ha proseguito sulla strada di Santana, il primo ad accorgersi che bisognava imboccare senza esitazioni la strada europea. In compenso, Lazaroni è più aperto di Tele, accetta il dialogo, i consigli». Careca, non ne fa mistero, vorrebbe che Lazaroni accettasse soprattutto i suoi suggeri¬ menti. Il Brasile, come l'Italia, ha il problema di affiancare la spalla giusta al primattore dell'attacco. Soltanto che mentre nel clima velinaro degli azzurri Vialli tifa Mancini ma si guarda bene dal dirlo, Careca sponsorizza senza remore Muller, suo compagno ai tempi del San Paolo. «Con Muller e Silas eravamo il miglior trio del campionato, abbiamo vinto uno scudetto segnando valanghe di gol. Da tre anni non giochiamo più assieme, ma sono sicuro che ci troveremo ad occhi chiusi. La sola idea di ricomporre il trio mi mette allegria. Romario? Bebe- to? Ottimi giocatori, però li conosco poco e per la verità le poche volte che Lazaroni ci ha messo assieme non è che la cosa funzionasse poi molto...». Questo si chiama parlar chiaro. Anche se Careca si allarga un po' troppo, direbbero a Roma, quando pretende di assegnare pure la maglia di titolare ad Alemao. «E perché? Alemao può convivere benissimo con Dunga: uno copre quando l'altro va avanti. Il vero problema del Brasile è avere undici giocatori di undici squadre diverse». Curzio Maltese F.m.'j.i'H'.fJj^B M.'IW.H s^lff^ sEvM Legenda: nome. eia. ruolo (sigi.), squadra apparteneva (due sono disoccupali), presenze e gol in nazionale. Muller e Careca. Il granata (foto piccola) e il napoletano formeranno la coppia d'attacco brasiliana al Mondiale?