I rapiti si alleano contro il fisco di Giuseppe Zaccaria

I rapiti si alleano contro il fisco Dal caso del medico calabrese a un fronte comune: «Lo Stato non ci ha protetto, ora ci agevoli» I rapiti si alleano contro il fisco Marzio Perrini: vogliamo una legge che eviti altri danni ROMA. «Le banche continuano a strangolarmi con gli interessi, ho cominciato a vendere quel che mi resta, ho dovuto licenziare otto operai. Qualche tempo fa è venuto a trovarmi Candido Celadon, il padre del ragazzo rapito: è distrutto anche lui. Ha fatto i salti mortali per mettere assieme cinque miliardi, suo figlio non è ancora tornato e a dissanguarlo contribuisce anche una strana serie di "mediatori". Mi ha chiamato la madre di Cesare Casella: il suo ragazzo è ancora prigioniero e lei continua a battere la testa contro il muro alla ricerca di soldi...». Marzio Perrini, 65 anni, imprenditore di Fasano (lo ricordate? L'estate scorsa veniva comunemente indicato come «quello dell'orecchio», l'uomo cui i banditi avevano tranciato un lobo pur di constringere la famiglia a pagare) non ci sta più. Quella del segregato, abbandonato, annullato e infine anche tassato è — dice — una condizione insopportabile. La notizia è di quelle che promettono di segnare una tendenza: nasce il «fronte dei rapiti», L'associazione, il gruppo, il rifugio per tutte quelle famiglie (e ormai sono centinaia) che dopo aver superato prove incredibili adesso si sentono beffate dallo Stato, si sta formando sulla scorta di una serie di telefonate, accordi, contatti. Discreti, proprio come quelli cui, per mesi, questa gente ha dovuto piegarsi. «Ho letto sui giornali della protesta che nasce a Vibo Valentia: una famiglia, quella del dottor Stramandinoli, dopo aver sofferto per 331 giorni la prigionia di una figlia, dopo essersi trovata sola, abbandonata da tutti.dopo aver dato ai banditi tutto, ma proprio tutto quel che possedeva, si vede giungere a casa una cartella delle tasse che oltre alle somme arretrate pretende gli interessi di mora. Non è possibile. Non è accettabile. Ed è arrivato il momento di porre questo problema con forza». A incoraggiare le richieste dei rapiti e poi «tartassati» è l'esistenza di un precedente: quello dell'ingegner De Feo, al quale la commissione tributaria di secondo grado di Napoli aveva riconosciuto che la produzione del reddito d'impresa della società di cui era presidente era stata notevolmente ridotta nel periodo in cui egli era stato ostaggio dei sequestratori. E' a questa pronuncia che intende richiamarsi il neonato «fronte dei rapiti» per farsi valere. Poveri ricchi: solo dal '72 ad oggi, le statistiche del Viminale dicono che ne hanno portati via 597. Alcuni, dopo, sono riusciti a riprendere un'esistenza normale, pochi per la verità, paiono finiti sul lastrico. Eppure solo un mese fa a Milano si discuteva in un convegno della fondazione Mazzotti sulla «sindrome del rapito»: quel senso di frustrazione, di abbandono, di beffa che coglie quanti dopo la violenza dei banditi devono sottostare anche all'ottuso schiacciasassi della burocrazia. «Sono stato sotto una tenda per più di sei mesi, incatenato. Per metà di un anno che sarà fra gli ultimi della mia vita non ho visto il sole e le stelle, non ho sentito l'aria spirarmi in viso. Problemi miei? D'accordo. Ma è troppo chiedere a un consesso civile che ti ha lasciato solo, che è venuto meno ad uno dei suoi compiti fondamentali — quello della solidarietà — di riconoscerti almeno il diritto a uscire da questo tunnel senza nuovi traumi, senza che altri tentino di strangolarti?». La storia di Perrini non è diversa da tante altre: due miliardi di riscatto, una piccola azienda «impegnata» solo per questo. E poi istituti di credito che una volta fornite le anticipazioni adesso chiedono interessi mortificanti, un'asfissia continuanemte rinviata. «Per fortuna ho amici che, dopo aver prestato del danaro ai miei, adesso mi fanno sapere che potrò restituirglielo senza fretta. Ma se a me, ai miei famigliari in fondo va abbastanza bene, so di gente che dopo essere faticosamente riemersa dal trauma del sequestro è sprofondata in quello dei debiti». E' davvero assurdo chiedere ad uno Stato che non si è dimostrato in grado di assicurare uno diritto fondamentale, la libertà, di concedere alle famiglie dei rapiti non già uno sconto, non un paradiso fiscale dopo l'inferno della prigionia, ma almeno un po' di comprensione? «Ho letto — dice Perrini — che il ministro Formica si è detto pronto a considerare il problema. Ho sentito che altra gente comincia a domandarsi se sia giusto che un rapito faccia notizia solo "durante", e mai "dopo". Sento dire che qualche pretore, un paio di commissioni tributarie, la Corte Costituzionale hanno già esaminato il problema senza trovare soluzione. Ma ci vuole dell'altro. Mi sarei aspettato, per esempio, che un parlamentare come Rossi di Montelera — lui, che questa esperienza l'ha vissuta direttamente — si facesse promotore di una proposta di legge su questo tema. Nel frattempo, io mi sto mettendo in contatto con tutte le famiglie che hanno vissuto il dramma della mia. Non so cosa riusciremo a fare, ma su un punto so già che molti saranno d'accordo. Qui non si tratta di limitare il danno. E' la beffa, che risulta insopportabile». Giuseppe Zaccaria Perseguitato. Marzio Perrini, ostaggio per 6 mesi, ora ha problemi con le banche che gli hanno dato i soldi del riscatto

Luoghi citati: Milano, Napoli, Roma, Vibo Valentia