La rivolta senza capi

La rivolta senza capi La rivolta senza capi I dissidenti e i dimostranti: due mondi isolati berlino est NOSTRO SERVIZIO Le oltre 50 mila persone che sono scese per le strade di Lipsia lunedì scorso, dando vita alla più grande dimostrazione di protesta in Germania Est dal 1953, hanno messo la nascente opposizione di fronte a una difficile scelta. L'opposizione, infatti, può tentare di canalizzare l'insurrezione spontanea in un potente movimento di massa, simile a Solidarnosc. Oppure può aspettare l'affermazione nel partito comunista di un gruppo di dirigenti riformisti. Si tratterebbe però di un processo lungo ed incerto, che rischierebbe di far perdere all'opposizione la possibilità di influenzare la protesta giovanile. Il dilemma, quindi, è di quelli classici: spingere per il rovesciamento del sistema, rischiando il conflitto aperto oppure venire a patti con il regime, confidando che sia abbastanza ragionevole da concedere le riforme. A Lipsia, la gente si è precipitata nelle strade per mescolarsi con i ragazzi e le ragazze che sfilavano davanti alla chiesa del Getsemani a Berlino Est. Ma hanno inutilmente aspettato-dall'opposizione un segnale per entrare in azione: a tutti è stato detto di stare calmi. L'opposizione in Germania Est è formata da più di mezza dozzina di gruppi, tutti fondati nelle ultime settimane, con dimensioni e ispirazioni politiche diverse: da quelli cristiano-democratici a quelli marxisti riformisti, da quelli socialdemocratici a quelli ecologisti. «Non vogliamo una struttura centralizzata, a capo della quale ci siano trenta persone che hanno il controllo di tutto», dice Reinar Schult, co-fondatore di «Nuovo Foro», il maggiore gruppo di opposizione. L'opposizione organizzata, diversa da quella spontanea dei giovani manifestanti, è rappresentata soprattutto da intellettuali, oltre che da un pugno di operai. I membri di questi gruppi considerano la frammentazione dell'opposizione come un punto di forza, che li distingue dall'organizzazione monolitica del pc. Se questi gruppi hanno deciso di collaborare per presentare dei candidati alle elezioni del prossimo anno, sono però molto lontane le une dalle altre: assomigliano a delle sette, ognu¬ na sospettosa delle altre. - I fondatori dei gruppi dissidenti sono intelligenti e raffinati «bùrger» che raramente alzano la voce, esattamente l'opposto di ciò che generalmente infiamma le masse. Questa lontananza dai cittadini comuni è emersa in modo lampante sabato scorso, durante una discussione sul futuro della Germania Est organizzata da alcuni membri di spicco dell'opposizione nella chiesa del Redentore a Berlino Est. Un ragazzo tra il pubblico, invitato sul podio, dopo essersi presentato come un «addetto alla pulizia delle caldaie», ha accusato gli intervenuti di essere «dei borghesi». «Un giovane che lavora alla Kwo (grande industria a Berlino Est) non può capirvi», ha detto. «State facendo tutto questo per chi lavora in fabbrica o lo fate solo per voi stessi?». Rainer Eppelmann, dissidente e pastore della Chiesa del Buon Samaritano, ha rotto il silenzio imbarazzato che è seguito alle parole del giovane: ha promesso che con gli operai «cambieremo le cose in questo Paese». Dopo la discussione un attivista dell'opposizione ha insinuato il sospetto che il giova¬ ne addetto alle pulizie fosse un provocatore, fatto intervenire dalle autorità per mettere in imbarazzo l'opposizione. Comunque, il contrasto tra l'amorfa opposizione della Germania Est e Solidarnosc non potrebbe essere maggiore. L'appello dei 12 mila membri di «Nuovo Foro» a Honecker, affinché istituisca la democrazia, è poca cosa rispetto alle 21 richieste che presentarono gli scioperanti dei Cantieri Lenin di Danzica. A differenza dell'estate polacca del 1980, infatti, le dimostrazioni in Germania Est non sono organizzate da alcun leader né hanno il sostegno di veri e propri militanti. Ricordano le disastrose ribellioni studentesche polacche del 1968, che non ebbero seguito tra gli operai. «Siamo senza capi e siamo anche spaventati», ha spiegato un ventenne di Berlino Est. I dimostranti che si sono raccolti nel centro di Lipsia non avevano nessuno che li potesse istruire sulle tecniche di rivolta, niente di paragonabile al Kor polacco, l'Organizzazione per la difesa dei lavoratori che nel 1976 creò il legame vincente tra intellettuali e operai. In¬ vece di strateghi come Adam Michnik e Jacek Kuron, ex membri del pc polacco, che conoscevano «il nemico» dal di dentro, per non citare Lech Walesa, «Nuovo Foro» può contare solo su Bàbel Bohley, una pittrice, il cui appartamento nella Fehrberliner Strasse assomiglia a un salotto per artisti. Espulsa l'anno scorso dalla Germania Est per alcuni mesi, perché aveva preso parte a una dimostrazione di protesta, la cinquantaseienne signora è diventata un'esponente di spicco del movimento. Incapaci di legare a sé i giovani e gli operai, i gruppi dell'opposizione sono rimasti inattivi, mentre la Chiesa protestante evangelica apriva una serie di colloqui con il regime sulla «possibilità» di inaugurare le riforme. Non è ancora chiaro se la leadership comunista sia disposta a concedere le riforme, ma molti membri dell'opposizione nutrono forti dubbi. Temono «un nuovo compromesso impuro» tra la Chiesa e il pc simile a quello del 1987, quando i capi della Chiesa non sostennero le proteste giovanili, che criticavano apertamente il sistema. «L'opposizione deve essere rappresentata ai colloqui, altrimenti non ci può essere accordo», ha detto la signora Bohley. La Chiesa, che per anni ha protetto la disorganizzata opposizione, segue la tradizione luterana di procedere con grande prudenza nei rapporti con il potere temporale. «Nuovo Foro» è stato, il mese scorso, il primo gruppo di opposizione a lasciare la protezione della Chiesa e a operare autonomamente. Come conseguenza, adesso i suoi fondatori rischiano l'espulsione in Occidente. La signora Bohley e altri dissidenti, comunque, sono determinate ad evitare l'espulsione. Hanno imparato un'importante lezione dall'opposizione polacca e da quella di Vaclav Havel, il drammaturgo cecoslovacco portavoce di «Charta 77». Un leader dell'opposizione, se vuole ottenere credibilità, deve essere pronto a scegliere la prigione anziché l'espulsione, tutte le volte che le autorità gli concedano questa sgradevole opportunità. Leslie Coliti Copyright «Financial Times» e per l'Italia «La Stampa»

Persone citate: Adam Michnik, Honecker, Jacek Kuron, Lech Walesa, Lenin, Leslie Coliti, Rainer Eppelmann, Reinar Schult, Vaclav Havel