Il «dopo Honecker» preoccupa Bonn di Alfredo Venturi

Il «dopo Honecker» preoccupa Bonn La Cancelleria registra i «segni di speranza» ma non incoraggia le fughe dall'altra Germania Il «dopo Honecker» preoccupa Bonn «Si può fare poco senza mettere in pericolo i riformatori» bonn DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Rudolf Seiters misura attentamente le parole: è vero, concede, si possono intravedere nella Repubblica Democratica dei «segni di speranza». All'indomani del comunicato con cui il vertice comunista di Berlino Est ammette finalmente la gravità della crisi, e dichiara di volerla risolvere ricorrendo al dialogo, la cauta formulazione del ministro della Cancelleria, principale collaboratore di Helmut Kohl, esprime con molta efficacia l'imbarazzo federale di fronte alla imprevedibile deriva dell'altro Stato tedesco. Quanto alla stampa, tende generalmente a personalizzare il fenomeno: individuando nella caduta di Erich Honecker, data ormai per imminente e in ogni caso anteriore rispetto al congresso Sed del prossimo maggio, il concreto punto di svolta. Di fronte alla duplice crisi che travaglia i governanti orientali, l'esodo e la protesta, Bonn ha una posizione ormai definita da tempo: e ieri Seiters l'ha ribadita in una intervista radiofonica. La Repubblica Democratica non può ostinarsi a rimanere estranea al processo di riforme che travaglia l'Est europeo. Il governo federale non è interessato a favorire le fughe, ma tocca a quello di Berlino Est rispondere alle aspettative della popolazione. Come dice Kohl, c'è un problema te- desco orientale, e va risolto nella Germania orientale. Riforme dunque: e la reiterata promessa di adeguati aiuti economici. L'insistenza federale sulla necessità delle riforme non manca di provocare reazioni a Mosca: ancora ieri Ghennadi Gherassimov, portavoce del Cremlino, ha lanciato verso Bonn la rituale accusa di ingerenza. Molto menò definita, per ora, la valutazione occidentale sul dibattito in corso ai piani alti del regime di Berlino Est. Il comunicato dell'ufficio politico Sed viene inteso come un provvisorio compromesso, una linea di temporanea mediazione fra chi considera effettivamente irrinunciabile una politica di riforme, e chi vorrebbe resistere alle sollecitazioni del Paese, per riguardo al problema esistenziale dello Stato comunista tedesco. Se le cose stanno così, il discorso evidentemente è da considerarsi aperto, il che spiega le cautele verbali di Seiters. In ogni caso, come ricorda la «Frankfurter Allgemeine», «dall'esterno c'è ben poco da fare senza mettere in pericolo i riformatori». Le stesse offerte di assistenza economica sono importanti ma non decisive: e tutti quegli interventi che non a caso Mosca continua a classificare come ingerenze possono rivelarsi controproducenti. Alla sostanziale impotenza del governo federale si affianca il disagio dell'opposizione. Dopo avere predicato per anni l'opportunità di stretti contatti con la Sed di Honecker, il partito socialdemocratico si è visto chiudere la porta in faccia, alcune settimane fa, dagli irascibili compagni orientali: che non avevano gradito l'enfasi posta da Vogel e dai suoi sulla necessità, di un nuovo corso riformista a Berlino Est. E' stata la sconfessione di una strategia politica fondata sul dialogo, che partiva dalla scommessa su quella stabilità politica di fondo del regime orientale che prima la grande fuga, poi l'ondata di proteste hanno finalmente incrinato. C'è poi sullo sfondo l'altra questione tedesca, quella tradizionale che si fonda sull'amara realtà della Germania divisa per rincorrere il mito o il progetto, a seconda dei punti di vista, della riunificazione nazionale. In questi giorni le organizzazioni dei profughi dalle province orientali perdute sono tornate alla carica, sostenendo che con l'Est europeo in subbuglio è il momento giusto per riaprire il discorso delle frontiere. Ma quel discorso lo hanno dichiarato chiuso in molti, a cominciare dal riformista Gorbaciov. Per cui non resta ai tedeschi che ripiegare sui sondaggi condotti all'estero, per esempio in Francia, dai quali risulta che una Germania eventualmente riunificata non farebbe più la paura di una volta. Alfredo Venturi Gorbaciov a Berlino con Honecker: la tempesta è alle porte