Bush interviene sul caso Olivetti

Bush interviene sul caso Olivetti L'inattesa uscita del Presidente ha turbato il clima disteso della visita di Cossiga Bush interviene sul caso Olivetti «I computer italiani all'Est mi preoccupano» WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il caso Olivetti si è allargato d'improvviso, turbando la prima, fruttuosa giornata d'incontri di Cossiga negli Stati Uniti, e provocando uno scatto d'ira di De Michelis verso i giornalisti. La Casa Bianca prima e il dipartimento di Stato poi hanno ieri sollecitato, sia pure in linguaggio diplomatico, la conclusione delle indagini avviate dal ministero degli Esteri italiano sull'export della ditta di Ivrea all'Urss. Con un'insolita infrazione dell'etichetta, Bush ne ha accennato a Cossiga di persona. E' quindi tornato brevemente alla carica con De Michelis l'ambasciatore Bartholomew, l'uomo di Washington nel Cocom, il Comitato di coordinamento interalleato contro le esportazioni di alte tecnologie a Mosca. E' toccato al direttore degli affari europei del dipartimento di Stato Seitz mettere in evidenza il caso Olivetti. Seitz ha risposto a un giornalista che «il presidente Bush ha espresso la sua preoccupazione a Cossiga, e l'ospite ha sottolineato che l'Italia esamina il caso con grande spirito di collaborazione». La notizia che Bush aveva ritenuto opportuno ricordare la disputa al presidente italiano (l'azienda di Ivrea smentisce di aver fornito tecnologie passibili di impiego militare all'Urss) ha destato scalpore, conferendo al caso Olivetti una dimensione inattesa. De Michelis ha cercato di minimizzarlo: «Stiamo per completare l'inchiesta — ha detto — e dopo il 22 prossimo, quanto ne sapremo i risultati, 1' ambasciatore Bartholomew verrà a Roma». Lo scambio di battute coi giornalisti si è fatto acceso quando il ministro degli Esteri ha osservato che insistendo sul caso Olivetti «che non sembra avere aspetti particolari, si rischia di non dare il giusto peso a una visita importante come questa di Cossiga negli Stati Uniti». «Bartholomew e io vi abbiamo dedicato 22 secondi — ha proseguito De Michelis — noi per dire che abbiamo raccolto le preoccupazioni Usa, lo¬ ro per rammentarcele». Il ministro ha detto di non poter prevedere «se il caso verrà archiviato o porterà a misure che evitino future violazioni delle regole del Cocom». «Lo regoleremo su base adeguata», ha concluso De Michelis. Il ministro ha rifiutato di precisare quali motivi abbiano indirizzato i sospetti Usa sulla Olivetti. L'altro ieri, mentre Cossiga stava per atteiTare a Washington, la Casa Bianca aveva spiegato che «l'America non ha mosso nessuna incriminazione» all'azienda di Ivrea. Ma aveva anche indicato che «informazioni dei servizi segreti» rendono legittimi i sospetti. Di che informazioni si tratta? I servizi segreti americani se- guono da sempre una pista italiana nelle esportazioni all'Urss: tra gli alleati, il nostro Paese è considerato uno dei meno allineati agli Usa nei rapporti Est-Ovest, come la Germania. Qualche settimana fa, la Cia ha accertato che un'azienda tedesca ha fornito computer passibili di uso strategico a Mosca tramite una serie di passaggi in Paesi terzi, e ha sollevato la questione col governo di Bonn. Ambienti vicini alla Olivetti hanno ieri dichiarato che l'unica fornitura dalla ditta all'Urss è stata una fornitura di torni computerizzati cinque anni fa. Torna anche a favore dell'azienda italiana il fatto che sinora il Congresso non si sia interessato alla vicenda: un anno fa, quando la Toshiba giapponese fu colta a esportare alte tecnologie a Mosca, il Congresso fu il suo principale accusatore, e impose gravi sanzioni nei suoi confronti. La Olivetti potrebbe essere vittima di una ambigua campagna dell'industria Usa, che ambisce a penetrare nei mercati dell'Est europeo e vuole sbarazzarsi della concorrenza. Una ditta americana, la Phoenix, sta tentando di concludere con l'Urss un contratto per 6 milioni di dollari per la vendita di personal computer. Nella conferenza stampa, Gianni de Michelis ha annunciato che Silvia Baraldini, l'italiana condannata a oltre 40 anni di carcere nell'80 a New York per reati di terrorismo, sarà probabilmente estradata in Italia entro Natale. De Michelis, che ha incontrato anche il ministro della Difesa Cheney e quello del commercio Mossbacher, ha detto che 1' ambasciatore americano a Roma Secchia ha portato con sé tutta la documentazione relativa «e che il ministero della Giustizia ci ha promesso una rapida soluzione del problema», in base al nuovo trattato di Strasburgo entrato in vigore il primo ottobre. Da alcuni mesi la Baraldini si trova nelle carceri federali di Manhattan, dove è stata trasferita da un penitenziario a regime rigido. Ennio Ca retto