Duello col fioretto
Duello col fioretto I due amici-nemici hanno presentato insieme un libro Duello col fioretto In campo Andreotti e padre Sorge ROMA. Seduti allo stesso tavolo nella Sala del Cenacolo del Collegio di Valdina (una delle sedi di rappresentanza della Camera dei deputati), Giulio Andreotti e Bartolomeo Sorge non sembrano affatto due avversari: non si guardano in cagnesco, non si trattano freddamente ed anzi si rivolgono l'uno all'altro con grande rispetto. Chi s'aspetta lo scontro fra due uomini che da tempo, dai rispettivi ruoli (il presidente del Consiglio leader della conente de più avversata dal gesuita e il sacerdote-capo del «laboratorio politico» di Palermo, vicino alla giunta «anomala» del sindaco Orlando), e dagli antipodi della politica, si scambino polemiche a distanza, attenderà invano. Ma chi sa leggere fra le righe di due discorsi-parabola può divertirsi a pensare che Andreotti e padre Sorge si fronteggino a colpi di fioretto. L'occasione è la presentazione del libro di uno scrittore cattolico, «Altare vuoto» di Rodolfo Doni: la storia del turbamento di un prete che s'innamora, abbandona il sacerdozio, va a vivere con la sua donna, ma alla nascita del primo figlio gli succede qualcosa che sembra la punizione del Signore: il bimbo nasce senza mani. Finirà, dopo molte traversie, che il prete ritroverà la sua strada. Storia tragica, difficile trarne una morale: anche per Andreotti. L'idea di un sacerdote che abbandoni il comando del suo sacerdozio non lo convince anche se può capire. Capitò an¬ che a lui, quando era più giovane, di avere per casa un prete un po' strano, «senza tonaca, che si sedeva per terra» ed era diventato amico dei suoi figli. Ai ragazzi, che ne erano entusiasti, Andreotti raccontò un vecchio aneddoto di Pio XI: quando qualcuno andava a parlargli di preti che avevano turbamenti, il Papa subito chiedeva: «Chi è la signora?». Ai giovani Andreotti lo scetticismo del padre non piacque: ma sei mesi dopo, quando il prete loro amico gettò la tonaca alle ortiche e si sposò, dovettero riconoscere che aveva ragione. Da allora in poi il presidente del Consiglio, sui preti strani, ha cambiato posizione: per esempio, non gli piacevano i preti operai, poi ne ha conosciuto uno a Roma, «e devo dire che se ce ne fossero di più, Roma sarebbe più sana e più santa». Andreotti sta parlando in generale o allude al suo vicino di tavolo, per consigliargli un impegno manuale e meno speculativo e ideale? La risposta naturalmente non arriva. Il presidente si limita a dire che lui e Sorge vanno «d'accordo nel giudizio sul libro. Oggi del resto è di questo che si sta parlando». E Sorge? Glissa anche lui. «Non credo che ce l'avesse con me. Ha lodato i preti operai che fanno un po' il nostro lavoro a Palermo, e non a caso ha parlato solo di Roma». Dalla tribuna, 10 storico Giuliano Manacorda, 11 terzo presentatore del libro, ricorda che Sorge, con Lazzati, è stato definito eretico dal Sabato e da CI. Andreotti fa un cenno del capo, come a dire: «ti pareva che non si arrivava qui». «Io non mi sento eretico — conclude Sorge — ma quando mi hanno chiesto cosa penso della separazione fra il Sabato e Comunione e liberazione, ho risposto: quando una nave imbarca acqua, getta a mare la zavorra. Anche se, stavolta, il problema non è la zavorra, è la nave». [m. so.] Il gesuita padre Sorge critico con la «vecchia» de
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