NOI, FAUST E IL GOLEM di Cinzia Romani

NOI, FAUST E IL GOLEM NOI, FAUST E IL GOLEM IN certi grandi miti dell'antichità non si riesce a trovare alcun rapporto con l'epoca in cui viviamo. Zeus è troppo lontano da Sylicon Valley. Non altrettanto remoto ci appare ii mito di Faust, insieme a quello del Golem, suo fratello germano. Nati all'alba della modernità, all'apogeo del Rinascimento, i due archetipi parenti dopo quattro secoli continuano a ispirare l'immaginazione creativa. Soprattutto il mito faustiano continua a dirci molto. Sarà perché è un mito nato dalla realtà, e non dalla fantasia visionaria. Sarà perché il radar, l'automazione, la scissione dell'atomo, la cibernetica rimandano simultaneamente al Faust, uomo assetato di conoscenza, e al Golem, uomo-robot apparentemente libero. A questi miti giovani e gemelli si sono dedicati, a partire dal 1590, Goethe col suo Faust (tra il 1770 e il 1831) e Thomas Mann con il grande romanzo Doktor Faustus, all'indomani di Auschwitz e Hiroshima, nel 1947. Lo stesso anno in cui La cibernetica del fisico Norbert Wiener pianta il mito del Golem nel cuore della postmodernità. A ricapitolare i complessi intrecci di questi due miti simmetrici ha pensato il brillante intellettuale alsaziano André Neher, autore di numerose opere di storia e filosofia ebraica, già apparse in italiano. Il suo denso Faust e il Golem rivela, tra l'altro, alcuni dati concreti su queste realtà mitogene. Faust e Golem, per esempio, sono esistiti veramente, in carne ed ossa. Il Doktor Johannes Faustus (1480-1540) «rabdomante dei Negromanti, Chiromante, Aeromante, Piromane, Idromante di secondo grado», come recita una lettera-curriculum inviata all'astrologo ufficiale della corte palatina, studiò a Heidelberg, fu espulso da Lipsia, arrivò a Praga dopo aver peregrinato in Terra Santa e in Italia. I grandi contemporanei del secolo parlano di lui in relazione al Patto col Diavolo. In cambio della sua anima, il Doktor Faustus, lo ripete anche Lutero, avrebbe ottenuto da Satana il possesso geniale del Sapere. Solo che quest'uomo è morto senza lasciare opere scritte. Un umanista senza libri, nel XVI secolo, è un uomo senz'ombra e senz'anima. Del resto, le ha vendute a qualcuno, che certo le ha nascoste. Forse il Diavolo stes¬ so. E l'opera di Faustus resterà sigillata in un luogo che ancora oggi nelle Biblioteche si ha l'abitudine di chiamare «l'Inferno». Al contrario di Faust, il Rabbi Jeudah Loew ben Bezalel, detto il Maharal, dall'acrostico di Morenu ha-Rav Loew, cioè «il nostro maestro il rabbino Loew», ha scritto smisuratamente. Latore del mito del Golem, il Maharal nacque a Worms nel 1512 e come molti altri giovani talmudisti studiò nelle sinagoghescuole dell'Europa orientale. A sessant'anni si trasferì a Praga, nel ghetto, dove sotto i tetti della Altenschule avrebbe creato un mostruoso automa. Il Golem, appunto, macchina, robot, cervello elettronico. Qui i temi, osserva acutamente Neher, «vanno ben al di là della visione mostruosa, dell'allucinazione o del pittoresco-romanzesco». Riguardano infatti i princìpi ontologici dell'uomo e dei suoi problemi etici, sociali e metafisici. L' l'insieme dei problemi della società tecnologica che il Golem sfida oggi, mentre sotto i nostri occhi si attua una nuova definizione dell'essere umano, che implica prospettive imprevedibili. Dove può condurre la bioingegneria? Perso per le vie oscure di Praga, il Maharal-Golem oscilla incerto sulle gambe malferme della conoscenza spinta oltre Dio, oltre la cosa. Chi ha visto i memorabili film di Wegener, Golem I e II, non dimentica il colosso d'argilla mentre, furibondo perché respinto dalla fanciulla amata, insegue la ragazza per tutta Praga e distrugge ogni cosa, fino a quando, cadendo da una torre, muore e si riduce a un mucchio informe di argilla. Potrebbe capitare anche all'uomo del XX secolo, servo-padrone della sua scienza, di ridursi a un mucchio informe d'argilla, cadendo magari dalla torre della civiltà. E questo è un altro motivo per cui la statua dai piedi d'argilla, cui il rabbino Loew ha dato vita seguendo antichissimi procedimenti cabalistici, per noi non è muta. Ci parla della sua anima doppia, golemica e faustiana, che è ancora la nostra. Cinzia Romani André Neher «Faust e il Golem. Realtà e mito del Doktor Johannes Faustus e del Maharal di Praga» Sansoni, pp. 169, L. 30.000

Luoghi citati: Hiroshima, Italia, Praga