Dapporto, il gentleman della risata

Dapporto, il gentleman della risata La morte ieri pomeriggio in ospedale dove era ricoverato da qualche giorno: aveva 78 anni Dapporto, il gentleman della risata Uno scettico blu venuto da Sanremo negli Anni 30 ROMA. Carlo Dapporto è morto nel pomeriggio di ieri nella clinica Mater Dei dov'era ricoverato da alcuni giorni. Nato a Sanremo il 26 giugno 1911 e attivo nello spettacolo per oltre mezzo secolo, aveva conseguito al termine della carriera un commovente Nastro d'Argento recitando accanto al figlio Massimo ne «La famiglia» di Scola. In «Polvere di stelle», un film sui pochi splendori e le molte miserie dell'avanspettacolo, il poveraccio Alberto Sordi millanta credito di fronte alla poveraccia Monica Vitti indicandole in Galleria la fatidica presenza di Carlo Dapporto. Un cenno del divo al guitto e la conoscenza rimane campata in aria. ' L'episodio indica come la gente di spettacolo considerasse Dapporto: un talento arrivato ai vertici della rivista, un comico che s'imponeva di stile rinunciando alla volgarità, il solo rivale di Macario e Taranto che avevano alcuni anni in più e si erano imposti fin dall'anteguerra. I suoi inizi erano stati mutevoli, affascinanti forse solo nel ricordo: ballerino, fine dicitore, doppiatore (in coppia con Campanini per fare Stanlio e Ollio). Non erano tempi facili i primi Anni Quaranta. Nei teatri in genere si recitava di primo pomeriggio perché con le 8 scattava il coprifuoco: la gente si concedeva fantasie di poche ore e rientrava inquieta mentre il capofabbricato rinserrava palchi e ribalte sotto decine di sacchi di sabbia per prevenire gl'incendi che le bombe potevano causare. In tanta quotidiana paura a nessuno pareva grave sognare dietro i lustrini delle ballerine e ridere con i lazzi dei comici. Ebbene a queste illusioni strappate con i denti alla mediocrità Dapporto conferiva una sua grazia felicissima. I titoli delle riviste proponevano un'illusione dopo l'altra («Copacabana» e «L'isola delle sirene» con Wanda Osiris) e Dapporto si arrampicava su ogni singola illusione. II carovita, la borsa nera, lo sfollamento alla Pampurio, la grande avventura sentimentale che non arrivava mai... Dapporto recitava, cantava con un filo di voce, soprattutto conversava con il suo pubblico. Con la fine della guerra si era diffusa l'abitudine opposta cioè la gioia di fare tardi. Sulla passerella, quando già le soubrettes si struccavano, il comico raccontava barzellette a raffica. Erano strane, talora surreali, infallibili negli affetti. Ecco un fidanzato che in Alaska aspetta la fidanzata abituata a fare tardi negli appuntamenti. Si dispera, si carica e si scarica. Infine dice risoluto: «L'aspetto ancora un po', fino a meno 20 e poi me ne vado». Così strafacendo, la sala non si vuotava e gli spettatori perdevano — felici — l'ultimo tram. Galdieri, Giovannini e Garinei gli offersero occasioni fantastiche. Con «Giove in doppiopetto» l'attore poco più che quarantenne campeggiò infallibile negli effetti. Il re degli dei era diventato un maliardo, uno scettico blu, un fatuo dongiovanni. Le sue macchiette e le sue caratterizzazioni confluivano tutte su quelle nuvole di tela e su quei troni di cartapesta. Un contrasto ideale con la scatenata Delia Scala. Televisione e pubblicità se lo contendevano. Gostino fotografo piemontese andava di pari passo con la citazione del pericoloso Charlie Chaplin di «Monsieur Verdoux». Riportava tutto alla sua misura, non c'erano registi in grado di controllarlo. Piuttosto si piegava a esigenze opposte, soprattutto nel cinema dove sapeva essere cavalleresco: come capitano La Gaffe nei confronti della ragazza Sophia Loren ne «Il paese dei campanelli» e come fine dicitore nei confronti del rivale Ugo Tognazzi per un film di barzellette: «Ridere, ridere, ridere». Più vecchio, in memoria di Gilberto Govi, aveva ripreso il repertorio dialettale ligure. Si concedeva qualche pausa, dettata dall'età o piuttosto dall'estro. Divagava, si faceva serio: «Un macchinista piange... che sconforto / Singhiozza e prega, quel binario è morto». Piero Perona

Luoghi citati: Alaska, Roma, Sanremo, Taranto